Capitolo 27 (Michael - Presente)

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Michael aveva dovuto chiudere gli occhi e immaginare che sulle sue gambe ci fosse seduta un'altra donna e che la sua bocca si stesse muovendo su una più calda, più morbida e familiare, più sua.

Gli sprazzi di luce che si accendevano dietro le palpebre serrate erano rossi, lo stesso rosso del suo vestito. E dentro la sua mente le mani lo stringevano e lo toccavano, lo strattonavano facendolo risalire sulle cosce, arrotolandolo fino alla curva dei seni appena accennata.

Le mani, quelle vere, si stavano muovendo contro qualcosa che dava la sensazione di... sbagliato. Se avesse tenuto gli occhi chiusi, però, non sarebbe stato costretto ad ammetterlo, non sarebbe stato costretto a vedere che non era un vestito rosso che stringeva tra le dita, né capelli ondulati del colore del cioccolato fuso a solleticargli il viso, né un seno piccolo e sodo a premere contro il suo petto.

Michael tenne le ciglia abbassate, ostinatamente chiuse su una realtà che si rifiutava di ammettere.

Era stata lei a sabotare la loro serata, o almeno a passare le informazioni necessarie a Maxim per permettergli di farlo, ma ricordava lo sguardo di Charlie nel suo ufficio dopo aver letto il messaggio di Gabriel. Era parsa delusa e ferita e Michael non sapeva se disperarsi perché riusciva sempre a ferirla un po' di più o essere felice, proprio perché se riusciva a ferirla ancora significava che c'era ancora qualcosa in Charlie che parlava di lui.

La realtà era che non gli piaceva farla soffrire, anche se di certo lei gli avrebbe riso in faccia se lo avesse detto ad alta voce. Ecco perché i suoi occhi rimanevano chiusi, perché la realtà su cui non era in grado di posare lo sguardo era proprio quella. Avrebbe visto tutto il male che le aveva fatto, e Michael sapeva che a un certo punto sarebbe stato troppo.

Si sarebbe lasciato cadere nell'oblio del buio e dell'immaginazione se qualcosa non gli avesse pungolato il fianco. L'illusione d'infranse a terra come un bicchiere rotto. Lentamente, si fece scendere di dosso la ballerina, si diede una sistemata ai vestiti, passandosi le mani sul cavallo dei pantaloni. «Sì, lo so.» La sua voce era annoiata e nemmeno cercò Raphael con lo sguardo. Sapeva che era stato lui a pungolarlo. «Potrei beccarmi una denuncia per molestie sessuali.»

Luci vaganti e colorate gli illuminavano a intermittenza i tratti del viso. La musica non era troppo forte, ma gli aggredì prepotentemente le orecchie, prendendo a pugni dall'interno le sue tempie.

Doveva essere iniziato lo spettacolo e lui non se n'era nemmeno reso conto. Non che avesse molta voglia di assistervi, dopo tutto. Se non fosse stato obbligato a rimanere, avrebbe già alzato i tacchi.

Quando si dice lo spirito giusto

Era solo grato che Charlie se ne fosse andata, perché non desiderava che assistesse né a quello né a ciò che sarebbe venuto dopo.

«Sì, questo è quasi certo» rispose placidamente Raphael, lo stesso tono del fratello, solo appena più alto per farsi sentire al di sopra della musica. «Ma sapevo in cosa mi stavo andando a infilare quando ho deciso di fare l'avvocato con voi tre per fratelli. Però non è per questo che ti ho interrotto.»

Con quell'aria compassata, perennemente controllata, come se fosse sempre padrone di sé, Raphael aveva la straordinaria capacità di innervosire e mandare su tutte le furie in egual misura, tutte le persone con cui aveva a che fare.

Generalmente, Michael era orientato verso il secondo stato d'animo. Saettò la testa di lato, facendola seguire da un esagerato sospiro. «E allora che vuoi, Raphael?»

L'angolo degli occhi del fratello si assottigliò quando li rivolse nella sua direzione. «Credo che dovresti dare un'occhiata a quello che sta succedendo sul palco.»

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