Capitolo 30 (Michael - Presente)

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Quando il computer ci mise più tempo del previsto a caricare il file di cui aveva bisogno, Michael sferrò un pugno secco alla scrivania. La vibrazione del colpo gli si diffuse nel braccio, un formicolio sgradito che partiva dal punto in cui la mano scottava leggermente. L'improvviso scoppio provocato dalla sua reazione fece voltare parecchie teste verso la porta chiusa del suo ufficio. L'ira che percepiva uscire a ondate dal proprio sguardo fu sufficiente perché tutti tornassero a occuparsi dei loro cazzo di affari nel giro di cinque secondi. Fece scattare la testa come una molla e non poté evitare di digrignare i denti.

L'ufficio accanto al suo era ancora vuoto.

Dita tese s'infilarono tra i suoi capelli, tirandoli. Era nervoso, anzi no era incazzato da quella mattina, dal momento in cui aveva aperto gli occhi intrattenendo il proprio corpo con la languida voglia di rotolare sopra Charlie e sprofondare ancora dentro di lei, diventando consapevole della sua assenza solo quando la mano, stesa sul materasso, si chiuse su lenzuola vuote e fredde. Se n'era andata e da parecchio anche, considerando che il calore del suo corpo aveva già abbandonato il letto, a differenza del suo profumo, che era rimasto impregnato alle lenzuola, prendendosi gioco di lui. 

Chiamare il suo nome attraverso le stanze vuote era servito a poco, la testarda parte del suo cervello che si rifiutava di ammetterlo ad alta voce aveva già intuito che non avrebbe ricevuto risposta. Avrebbe dovuto essere contento che lei se ne fosse andata prima del suo risveglio. Quella notte era stata un loro momento sospeso nel tempo, ma quella mattina sarebbe stato diverso, Michael lo sapeva. Sarebbero arrivate domande a cui non avrebbe potuto dare una risposta, accuse a cui avrebbe reagito con spregevole aggressività. Tutto ciò che avevano condiviso sarebbe evaporato nei tormenti che già appesantivano il loro passato. 

E invece accorgersi di quel lato del letto vuoto lo aveva fatto incazzare da morire, perché la verità di ciò che voleva andava oltre la ragione di ciò che riteneva giusto. E quello che voleva era lei e voleva che lei lo volesse a sua volta e che fosse rimasta, anche solo per litigare e per affondarsi le unghie nella carne un po' più a fondo.

«Andrà via.» Quante volte se lo era ripetuto quella notte? L'aveva guardata dormire piegata su un fianco, un braccio piegato sotto il cuscino l'altro steso in avanti, le dita della mano aperte, come nel tentativo di raggiungerlo. Il volto dai tratti delicati era sprofondato in un sonno profondo, appagato, che aveva provocato un sorriso orgoglioso alla sua bocca. Le aveva tolto una ciocca di capelli dal viso e sperato segretamente che il vento la riportasse avanti, così da avere ancora il pretesto per toccarla. E intanto si era ripetuto quella verità che sentiva di non poter dimenticare. «Andrà via». La disperazione si era presa un altro paio di centimetri nella voragine ghiacciata che si era formata negli anni, ma quelle due parole portavano con sé una consapevolezza: il loro tempo insieme era limitato. Quanto tempo avevano ancora a disposizione per entrare l'uno nella carne dell'altra e torturarsi a vicenda? Due, tre settimane? Con tutto quello che avevano passato, che differenza avrebbe fatto? Se c'era una data di scadenza, perché non prendersi tutto quello che desiderava, tutto quello che anche lei desiderava?

Con il sole alto nel cielo, Charlie lo avrebbe negato con tutte le sue forze, ma per quanto avesse potuto sforzarsi, Michael avrebbe comunque saputo la verità. Lo voleva tanto quanto lui voleva lei e... potevano aversi. Per pochi, fugaci, interminabili dannati momenti che gli sarebbero dovuti bastare per il resto della vita. Ogni buon senso accantonato dal ricordo del petto di Charlie attraversato dai fremiti, le punte dure dei suoi seni che sfregavano contro la sua pelle, della sua pelle sudata e salata su cui aveva posato la bocca, dei suoi fianchi che si erano sollevati andando incontro ai propri e...

Strinse i denti inalando un respiro pesante. La dolcezza con cui i muscoli della sua figa si erano stretti intorno al suo cazzo. 

Una corda tese i rigidi muscoli del suo collo, la testa nuovamente voltata su un ufficio vuoto a parte per una borsa appoggiata sulla scrivania. 

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