Capitolo 4 (Charlie - Passato)

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Charlie: 15 anni 

Michael: 18 anni 

«Non devi andartene in giro per l'isola quando comincia a fare buio.» Era una delle poche regole della mamma. Le aveva vietato di tornare a piedi da scuola quando i corsi si prolungavano fino al tardo pomeriggio. Diceva sempre che le persone fanno cose cattive quando il sole scompare.

Charlie sollevò la testa verso il cielo, l'arancione del tramonto si disperdeva nei colori della sera e sbiadiva nella pesante nebbia. Come ogni luogo spettrale che si rispetti, anche Mistfold aveva la sua storia di fantasmi. Secondo la leggenda, l'isola era nata proprio da quelle nebbie, che ogni sera tornavano a infondere vita alla loro creazione.

Quella storia la faceva spesso sorridere, ma quando al sopraggiungere della nebbia si trovava per strada da sola, non era difficile farsi trascinare dalla fantasia e immaginare quelle volute spettrali che si avvolgevano attorno a una persona, tramutandola in fumo e silenzio.

Charlie si strinse il cappotto e sistemò lo zaino sulle spalle e un brivido le passò tra le scapole quando pensò alla strada che ancora le mancava da fare. Se avesse chiamato sua madre, sapeva che avrebbe mandato al suo posto un autista di Xander e non voleva che i vicini la vedessero scendere da una delle macchine dei Bane. Ormai era abbastanza grande da saper interpretare gli sguardi della gente. E a volte non doveva nemmeno sforzarsi più di tanto, solo drizzare le orecchie.

«La mela non cade mai lontana dall'albero.»

«Con quell'aspetto, la piccola Hill non rimarrà lontana dai bordelli Bane per molto tempo.»

«Puttana la madre puttana la figlia.»

Per strada, a scuola... Charlie stringeva i denti e tirava dritto. Non era stupida e non le era mai stata nascosta la verità. Sapeva chi era sua madre e cosa faceva per vivere. Ma più lei cresceva, più il nome di Queen pesava anche sulle sue spalle.

«Charlie Hill!» Una voce familiare e prepotente si levò dalla nebbia alle sue spalle. «La mamma non ti ha mai detto che le brave ragazze non se ne vanno in giro a quest'ora tutte sole?» Uno scoppio di risate sguaiate accompagnò quelle parole.

Charlie irrigidì il collo al desiderio istintivo di voltare la testa per accertarsi della distanza che c'era tra lei e quei tre scocciatori. Serrò di più la presa attorno allo zaino e accelerò il passo, odiandosi perché dava loro la soddisfazione di vederla scappare.

Non puoi batterti con loro. Sono in tre e tu sei da sola. Abbassa la testa, tira dritto. Si stancheranno di seguirti.

Ma sapeva che non sarebbe andata così. Ogni giorno la seguivano sempre per un metro in più.

Tu sei da sola, loro in tre. Tu sei da sola... da sola.

Dalle sue spalle giunse il rumore attutito di scarpe da ginnastica che battevano sull'asfalto. Riusciva a figurarseli, mentre saltavano giù dal muretto che segnava il perimetro del cortile della scuola.

«Ma lei non è una brava ragazza, Trevor.»

Altre risate. Non pensò nemmeno di voltarsi, stavolta.

«Forse potremmo insegnarle le buone maniere. Che ne dici, Isaac?»

Calore alle guance, calore nelle dita serrate a pugno. Avrebbe voluto prenderli tutti a calci nelle palle, ma una contro tre non era una cosa fattibile, soprattutto non con quel tremore alle gambe che la faceva incespicare nei suoi stessi passi. Gli occhi saettarono a destra e sinistra. Nessuno. Almeno cinque minuti buoni la separavano dal centro abitato, e cinque minuti era un sacco di tempo. Troppo. Si sentiva le pulsazioni in gola.

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