Capitolo 64 (Michael - Presente)

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Il fatto che fosse riuscito a tornare alla Villa senza rimanere coinvolto in un incidente era di per sé un miracolo.

Aveva bevuto un po'.

D'accordo, forse più di un po', ma ne aveva avuto bisogno, era stato necessario a riempire in qualche modo quel senso di vuoto e a mascherare la vergogna di aver fatto a pezzi la vecchia casa della nonna. L'alcol era la cosa più a portata di mano che avesse trovato e ne aveva approfittato senza ritegno.

Senza considerare che aveva dovuto opporre una decisa resistenza anche alla vocina dentro la sua testa, che aveva continuato a ripetergli che aveva distrutto il luogo in cui aveva condiviso i momenti più importanti con Charlie.

Non ti serve più questo posto

Non ti servono più questi ricordi

E con quel mantra nella testa aveva continuato a distruggere ogni cosa e quando non aveva avuto più niente da distruggere, si era pentito di aver lasciato in macchina il suo progetto. Ma quando alle prime luci dell'alba era tornato all'auto, non gli era rimasta nemmeno la forza per mettersi a cercarlo. Era già sorprendente che non fosse collassato sui sedili.

A quell'ora la Villa era ancora pacificamente deserta.

La sua risatina riempì il silenzio dell'alba.

Pace.

Non c'era più niente che la ricordasse nella sua esistenza. Forse non c'era mai stata e quella che aveva avuto era stata soltanto un'illusione. E nemmeno una bella, ma una dolorosa, perché adesso era finita e lo aveva lasciato vuoto e freddo.

Lo squillo del cellulare gli perforò i timpani e Michael si odiò per l'aspettativa con la quale tolse il blocco schermo, per scoprire il messaggio di Xander:

Domani mattina alle 11 va' al porto a prendere la signora Campbell. Dovrà essere un Bane ad accoglierla.

Certo, non poteva mandare il suo bastardo ad accogliere la donna che avrebbe potenzialmente investito milioni nella loro società.

Ma gli dai l'opportunità di dirigere l'attività di famiglia

Ma non era più solo un'opportunità era una certezza. Ancora poche ore e Michael avrebbe dovuto dare fuoco a una bandiera bianca, umiliandosi davanti a suo padre e a tutti i soci della Bane H. per il piacere di Maxim. Rimise il cellulare nella tasca posteriore dei jeans senza nemmeno prendersi il disturbo di rispondere. Non poteva ancora sottrarsi al suo dovere, ma almeno per il momento non voleva fare altro che collassare a letto.

Non accese la luce, si accontentò dei deboli bagliori che entravano dalle grandi vetrate oscurate, perciò non vide arrivare il pugno, potente, duro, impietoso, che lo colpì in pieno stomaco.

Fu il pavimento liscio e gelato ad accogliere la sua caduta.

I circuiti ronzarono e la luce si accese abbagliandolo, costringendolo a schermarsi gli occhi con un braccio, per proteggere la sua vista da ubriaco.

Tra le lacrime, si modellò la figura di Raphael, torreggiante sopra di lui. I pugni ancora chiusi, il volto ancora sbiadito, ma chiaramente contratto dalla rabbia.

«Ma che cazzo!» Sbottò Michael, il dolore che pulsava nello sterno. Non avrebbe reagito, era sufficientemente consapevole di sé da rendersi conto di non esserne fisicamente in grado al momento, ma Raphael non gliene avrebbe in ogni caso dato il tempo.

Michael si sentì afferrare per il colletto della maglia, le mani di suo fratello tirarono forte il tessuto fino a rimetterlo in piedi. Gli arrivò un altro pugno, tra lo stomaco e il fianco.

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