Capitolo 6 (Charlie - Presente)

318 13 1
                                    

«Gabriel si è dato parecchio da fare quest'anno!» Gridò Bobby per farsi sentire al di sopra del rumore della musica.

Lì alla Baia l'entusiasmo scorreva come un frizzante fiume in piena. Lo si percepiva nei volti sudati e nei corpi che si dibattevano fuori tempo con la musica.

Tutto ciò che sentiva Charlie era una fredda catena d'acciaio annodata stretta attorno allo stomaco.

Ecco dove finisce tutta la tua spavalderia.

La determinazione a cui si era tenuta aggrappata l'intero giorno era lentamente scivolata via a mano a mano che si erano avvicinate alla Baia, ritraendosi da lei come la marea si ritraeva dalla riva, lasciandola fredda e informe come sabbia calpestata. Quando dalla strada aveva scorto le luci dei falò si era fisicamente dovuta trattenere dal lanciarsi addosso ad Yrene, costringendola a fare inversione.

Il coraggio era un concetto così ingannevole. Illimitato e potente nel pensiero, spaventoso da mettere in pratica nella realtà.

Il braccio di Bobby attorno alle sue spalle divenne più pesante e quattro paia d'occhi presero a fissarsi con espressioni preoccupate.

Stava rovinando la festa anche alle sue amiche e non erano trascorsi che cinque minuti.

Si graffiò l'interno delle guance con i denti, ma alla fine riuscì a stendere le labbra. «L'esagerazione è il marchio di fabbrica di Gabriel. Non è per questo che lasciano sempre organizzare tutto a lui?»

In effetti non esisteva cosa su cui Gabriel Bane mettesse le mani che non si trasformasse in una grandiosa esaltazione di sensi.

Erano immersi in uno scenario in bilico tra paradiso e inferno. La Baia era una bolgia di fiamme e voci. Falò scoppiettanti erano accesi su grandi pire di legno poste a distanze regolari. Allungando il collo se ne contavano almeno dieci, ma l'occhio e i sensi potevano essere ingannati, e in quello Gabriel era un maestro. Ai margini di quel perimetro di persone e rocce, infatti, erano disposti grandi specchi, strategicamente angolati in modo da riflettere le fiamme che guizzavano sulla Baia.

Corpi sudati e in festa ballavano intorno alle fiamme e al vetro, muovendosi all'interno di un meraviglioso scenario di dannazione.

Iris fece un passo verso di lei e le posò le mani sulle spalle. «Charlie, guarda che se non te la senti possiamo tornare a casa.»

Tutte loro annuirono con convinzione. «Non dobbiamo restare per forza.» Holland ribadì il concetto.

Dagli retta!

Una ragazzina di quindici anni piangeva e la implorava, dietro la porta di un ricordo.

Le venne voglia di urlare. Afferrò l'orlo del vestito bianco e a contatto con la stoffa liscia si rese conto che le sue mani erano umide.

Non aveva senso prendersi in giro, convincendosi che quel nodo allo stomaco si sarebbe dissolto, che i suoi occhi non sarebbe corsi, frenetici, da un volto all'altro, in quel misto di attesa e timore di vedere l'unico in cui si erano incarnate tutte le sue paure e insicurezze.

Ma se doveva trascorrere quelle settimane nascosta come un topo spaventato, tanto valeva fare le valigie e tornarsene a Roma quella sera stessa e convivere con la certezza che il disprezzo di sua madre e suo fratello si basava su fondamenta solide, costruite per l'esattezza sulla sua incapacità di essere qualcosa di diverso all'infuori di quell'adolescente spezzata.

Al diavolo! Sarebbe rimasta esattamente dove si trovava, perché anche se ogni nervo tremava nella speranza di convincerla a scappare via a gambe levate, quello era il momento in cui avrebbe potuto finalmente dimostrare a se stessa che quello che era accaduto non la definiva e non l'avrebbe più condizionata.

Angel of DeathDove le storie prendono vita. Scoprilo ora