Capitolo 50 (Michael - Passato)

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La Notte degli Angeli sarebbe iniziata tra poche ore e da quando avevano instituito quella celebrazione annuale, principalmente assecondando un'idea di Gabriel, Michael non era mai stato in così trepidante attesa. 

Lui e Charlie si sarebbero incontrati lì e al diavolo Maxim, al diavolo le loro distorte e complicate dinamiche familiari. Quella sera voleva cominciare un nuovo capitolo della sua vita con lei e presentarsi insieme alla Notte degli Angeli era solo l'inizio. 

E chi avrebbe mai detto che le sue mani avrebbero tremato tanto nel sistemare al meglio la vecchia casa sulla scogliera? 

Di certo non lui, ma i suoi occhi non potevano averlo ingannato e nemmeno tutte le cose che gli erano scivolate dalle mani. 

Voleva chiederle di passare la notte lì con lui, voleva... voleva chiederle se si sentisse pronta a fare l'amore. 

Sarebbe stata una sua decisione e se Charlie avesse deciso di voler passare la notte a non fare altro che dormire, lui ne sarebbe stato soddisfatto comunque, ma dopo quello che era accaduto in barca, dopo il suo incredibile slancio di audacia, il cui solo ricordo bastava a inchiodarlo al pavimento con un pressante bisogno annidato nell'inguine, aveva il sospetto che lei avrebbe accettato. Che quella notte si sarebbe sentita pronta a spingersi oltre. 

Quel giorno aveva realizzato, per la prima volta razionalmente, di essere un vero idiota innamorato. 

L'amava, ormai l'amava da un po'. Forse aveva cominciato ad amarla quel giorno di tanti anni prima, quando Charlie si era frapposta tra lui e Maxim, con i pugni sollevati, pronta a difenderlo dal pericolo. 

La sua piccola Blade. 

Sorrise, con quel sorriso pieno e appagato di chi vede il proprio futuro e ne assapora la felicità.  Al suo ritorno, la Villa era deserta e silenziosa. Non era difficile immaginare dove fosse Xander, in ufficio o con la sua amante, e non ci voleva nemmeno uno sforzo di fantasia per sapere dove fossero i suoi fratelli, Gabriel immerso nell'euforia della festa e Raphael alle sue spalle ad accertarsi che non esagerasse. Ma l'assenza dei domestici era strana. A quell'ora avrebbe dovuto esserci qualcuno, almeno per occuparsi della cena. 

Si fece ruotare in mano il piccolo arco di legno che sulla strada del ritorno aveva comprato a Samael. Doveva farsi perdonare per averlo lasciato a casa quella mattina, dopo che lo aveva praticamente implorato di portarlo con lui. Michael si era limitato a promettergli che presto, non appena fosse diventato più grande, avrebbe potuto avere tutte le Notti degli Angeli che voleva. Lasciarlo a casa lo aveva comunque riempito di sensi di colpa. 

L'arco era un modo per farsi perdonare e per vedere quella sporadica luce trepidante nei suoi occhi che in lui assumeva il significato di un sorriso. 

Non sorrideva mai abbastanza spesso il suo fratellino. A parte con Charlie. 

Il calore affiorò sulle labbra di Michael. 

Samael non sembrava così avaro di sorrisi con lei, soprattutto quando Charlie gli afferrava il naso. Sembrava una cosa tutta loro. 

Voleva quel sorriso anche per sé, e sperava davvero che il suo dono gliene facesse guadagnare uno. 

Senza fare il minimo rumore si avvicinò alla porta socchiusa della camera di suo fratello. Una sottile lama di luce filtrava dall'interno insieme al silenzio... no, non c'era silenzio. 

Michael strinse gli occhi. Si avvicinò di un altro passo tentando di catturare il suono sommesso che si perdeva nell'immobile quiete della casa. E colse un singulto. 

Chiuse gli occhi, tendendo l'orecchio alla porta. 

Samael stava piangendo? 

Aveva sentito un singhiozzo strozzato e se si concentrava bene riusciva a coglierne altri nel silenzio che seguiva tra l'uno e l'altro. 

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