Capitolo 44 (Charlie - Presente)

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La tensione in quella stanza era come uno spesso strato di gomma. Charlie ci sarebbe potuta passare attraverso e imprimere la propria sagoma. 

Non appena richiuse la porta lasciò fuori gli sguardi curiosi dei colleghi, assiepati fuori dai loro uffici, e fu investita da quelli dei presenti nella stanza. 

Quando Michael era uscito, era rimasta minuti interminabili sotto un getto d'acqua fredda, meditando di sfasciargli l'auto. L'acqua aveva continuato a scorrere sopra di lei, rendendo la sua pelle insensibile. Aveva continuato a fissare le mattonelle, il vuoto rappresentato dalle pareti lisce trasformate in cascata. 

Quella matassa annodata sul fondo della gola era stata impossibile da mandare giù. 

Puttana 

Il vuoto non aveva fatto altro che ripeterle quella parola. Non era davvero nient'altro per lui. Una scelta comoda per scaldargli il letto. 

Chissà come era riuscita a non piangere... o magari lo aveva fatto e le lacrime si erano semplicemente confuse con l'acqua che scendeva dal soffione e lei non se n'era accorta. 

In quel silenzio scrosciate, le era stato chiaro che doveva mettere un freno a qualunque cosa stesse succedendo tra loro. A qualunque cosa stesse succedendo solo nella sua mente. Aveva un solo modo per farlo. 

Forse scappare era da codardi, ma almeno scappando, rimanendo lontana, avrebbe potuto vivere con l'illusione che anche il suo cuore fosse più leggero, che tutti i ricordi e i sentimenti sarebbero rimasti lontani, insieme alla persona che le aveva fatto tanto male. 

Sotto quella cascata di gelida presa di coscienza, Charlie aveva maturato l'intenzione di andare via.. quel giorno stesso. 

A New York avrebbe potuto aspettare qualche giorno in un hotel per un volo in partenza per l'Italia, ma la nave che l'avrebbe portata via da Mistfold... quella doveva prenderla immediatamente. Sarebbe tornata a casa giusto il tempo di preparare le valigie e avvisare sua madre. Michael invece... be', lui non c'era bisogno di avvisarlo. Avrebbe saputo che se n'era andata dalla lettera di dimissioni che aveva intenzione di far arrivare in ufficio via mail. 

Dai per scontato che la cosa gli interessi 

A quel punto era squillato il cellulare. Charlie era uscita dalla doccia e grondante d'acqua si se l'era avvicinato all'orecchio. 

Dall'altro lato erano arrivati i singhiozzi di Gabriella. Il freddo, che le aveva reso insensibile la pelle sotto l'acqua, non era stato niente in confronto al gelido terrore che si era impadronito di lei. Gabriella aveva parlato a singhiozzi di Maxim e di Michael e la mente di Charlie aveva cominciato a costruire gli scenari più terrificanti. Quando la donna si era calmata a sufficienza da raccontarle delle accuse di suo fratello, Charlie si era vergognata del sospiro di sollievo che i suoi polmoni avevano tirato. 

«Ti prego Charlie, se potessi parlare con Maxim e farlo ragionare.» le aveva chiesto Gabriella. Dal telefono, in sottofondo, aveva sentito voci concitate agitarsi in lontananza. Charlie immaginava che Gabriella si fosse allontanata per poterla chiamare. 

«Tu sei sua sorella. A te darà ascolto.» 

Se la situazione non fosse stata così seria avrebbe riso. Le assicurò che sì, sarebbe arrivata in un lampo e avrebbe parlato con Maxim, ed era stata grata di non aver sfasciato la seconda auto di Michael, altrimenti avrebbe dovuto farsi tutta la strada a piedi. 

«Ti avevo detto di non muoverti da casa.» Il benvenuto di Michael fu uno schiaffo aspro in pieno viso. 

Charlie dovette sfregarsi la piccola ferita al labbro e saggiare il lieve bruciore, per ricordarsi di mantenere la calma e che in quel momento non era lì per litigare con lui. «Per fortuna che non prendo ordini da te, allora.» Non lo degnò di una sola occhiata mentre lo diceva. 

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