Capitolo 19 (Charlie - Presente)

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Avevano deciso di non chiamarlo pigiama party solo per non sembrare delle quattordicenni esaltate, che si erano imbucate alla loro prima festa nel locale più esclusivo della città, quello frequentato dalla gente figa, e che ora non riuscivano a smettere di parlarne. Ma sedute a gambe incrociate sul letto di Iris e Bobby, a mangiare schifezze e spettegolare, era proprio quello che stavano facendo.

Un bel pigiama party tra venticinquenni, lo aveva ribattezzato Iris, sollevando trionfante due bottiglie di vino.

«Dov'è il mio frappé?» si era lamentata Holland.

«L'ho lasciato all'asilo.» aveva ribattuto Iris, spingendole la bottiglia vicino alle labbra.

Già, l'ultima volta che avevano fatto un pigiama party di sicuro non erano stati coinvolti alcolici, e né Iris né Bobby si sarebbero sentite così libere di infilarsi la lingua in bocca, ignorando il resto di loro.

Quando erano andate via dal Cove, anzi, per essere più precisi, quando erano scappate dal Cove dietro insistenza di Charlie, alle amiche era bastato poco per comprendere il suo stato d'animo.

Era stata grata della proposta di fermarsi a dormire da Bobby e Iris, in una casa in cui non ci sarebbero stati né genitori né fratelli. Aveva avvisato Anthony e David che non sarebbe rientrata, senza fornire molte altre spiegazioni. Quello che davvero voleva evitare era Maxim, dover affrontare il suo giudizio e magari la sua rabbia, perché a quell'ora ormai era certa che la voce di quello che era accaduto al Cove fosse giunta fino alle orecchie di suo fratello.

Erano stati visti.

E se anche nessuno aveva potuto vedere le sue gambe allacciate alla vita di Michael e le dita di lui entrare e uscire da lei, di certo erano stati notati quando erano tornati insieme nella parte più affollata del locale.

Charlie aveva sperato che Michael dimostrasse più buon senso e aspettasse, invece di incollarsi alla sua schiena e mostrare con aria tronfia e inequivocabile quello che era accaduto, il motivo per cui il suo vestito era salito più su sulle cosce, per cui i suoi capelli erano spettinati, gli occhi lucidi e le labbra gonfie. Il motivo per cui aveva un succhiotto sul collo – quello glielo aveva fatto notare Yrene quando le aveva raggiunte -.

Quante probabilità c'erano che nessun altro se ne fosse accorto?

Cosa cavolo le era passato per la testa? Che problemi aveva?

Non lo sapeva di preciso e magari avrebbe avuto bisogno di un professionista per scoprirlo.

Non era stata in grado di respingerlo, non davvero, nemmeno quando l'eccitazione si era capovolta in fastidio tra le sue gambe, nemmeno quando aveva creduto davvero che lui stesse per prenderla contro quel muro, scoprendo la verità sulla sua verginità solo quando fosse stato troppo tardi.

Persino in quel momento aveva opposto una misera resistenza. Aveva avuto paura, aveva provato dolore, eppure allo stesso tempo lo aveva desiderato.

«Forse ho un parassita nel cervello.» considerò a voce alta. Sarebbe stata una spiegazione. Persino gradita. Almeno a quello avrebbe potuto trovare una cura.

«Il tuo cervello non ha niente che non va.» la rassicurò Holland.

Charlie annuì platealmente, come a voler dire come no, è evidente.

«Eri eccitata e ti sei lasciata toccare. Non è la fine del mondo.»

«È la fine del mondo, se mi faccio toccare da Michael.» si oppose Charlie, buttandosi una patatina in bocca. Ripensandoci però, la bottiglia di vino aveva un'aria molto più invitante. Si sentì addosso gli occhi di tutte e quattro, mentre se ne lasciava scorrere in gola una generosa sorsata calda. Provò a evitare una smorfia per non offendere Iris e Bobby. Non era la prima volta che beveva del vino, ma visto che fino ad ora aveva bevuto soltanto quello italiano, abituarsi al sapore scialbo di quella bevanda sembrava un'impresa più ardua del previsto. Le mancavano le bollicine che le solleticavano il palato e formicolavano nel naso.

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