Capitolo 73 (Charlie - Presente)

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La fine dell'estate non era mai un passaggio netto a Mistfold. Si poteva percepire dalla lieve brezza che al mattino entrava dalle finestre, l'alito di un nuovo giorno che pungeva l'epidermide.

Charlie respirò a pieni polmoni l'aria salata del mare e si godette il tocco fresco sulla pelle sudata.

Un ampio e caldo torace si muoveva a ritmo regolare contro la sua schiena, il respiro sincronizzato al suo. Lei tese appena un po' il collo e volse lo sguardo all'indietro.

Michael era ancora profondamente addormentato. Durante la notte, non aveva permesso ai centimetri di mettersi tra loro. Appoggiato sulla spalla sana, sembrava non provare alcun dolore. L'altra era fasciata in bende bianche che si attorcigliavano attorno al suo torace e alla clavicola. Strati su strati di tessuto bianco che nascondevano i punti di sutura.

Dopo tre giorni, se chiudeva gli occhi Charlie poteva avvertire ancora lo sparo, il pungente attacco delle rocce contro la pelle delle sue braccia, il vuoto che le aveva risucchiato lo stomaco quando Maxim l'aveva tirata oltre il bordo della scogliera.

Ciò che non aveva sentito quella terribile notte, dalla quale per un'interminabile e terribile sequenza di minuti aveva creduto di non uscire viva, era stato il fragore delle onde quando suo fratello ci era caduto dentro.

La tempesta era troppo violenta, la voce del vento troppo rabbiosa. Maxim era scivolato dentro la spuma bianca e semplicemente non ne era più riemerso.

Eppure, quando chiudeva gli occhi, il suono del suo corpo che si infrangeva contro la superficie del mare sovrastava tutto il resto. Nei suoi incubi l'acqua diventava limpida per un momento e lei poteva vederlo che la guardava, colmo di rabbia e risentimento, da sotto la tomba d'acqua che si richiedeva sopra di lui.

Non è colpa tua. Non è colpa tua

Si ripeteva ogni volta, una mano sul petto come se la sola forza delle sue dita avesse potuto rallentare i battiti del cuore.

E ci credeva, davvero, ma era anche consapevole che ci sarebbe voluto del tempo per superarlo. Ma Charlie l'avrebbe superato, perché non avrebbe più permesso a sensi di colpa e tormento di mettersi tra lei e il suo futuro, tra lei e il suo amore.

Di quella notte, però, ricordava anche la furiosa corsa al pronto soccorso, le mani e le ginocchia che tremavano sul volante e sui freni dell'auto, Michael che perdeva sangue accanto a lei.

I fratelli di Michael erano arrivati in ospedale poco dopo di loro, il fiato corto e il cuore che gli batteva dentro gli occhi.

Con la voce che si spezzava su ogni parola, Charlie aveva spiegato loro ogni cosa e quando la polizia era arrivata, Raphael aveva preso un respiro più profondo, aveva serrato gli occhi per un istante e quando li aveva riaperti era tornato a essere l'angelo di ghiaccio. Signore e padrone delle sue emozioni.

Li aveva tenuti al sicuro da ogni accusa riguardante la morte di Maxim. Legittima difesa, e tra la testimonianza di Charlie e il proiettile incastrato nella spalla di Michael, non c'era pericolo che qualcuno li accusasse di omicidio. E sua madre ci aveva provato, ci aveva provato davvero ad accusarli di aver orchestrato l'omicidio del figlio maggiore.

Charlie non si era sorpresa dell'odio velenoso dentro i suoi occhi quando l'aveva guardata, ma sarebbe stata una bugia dire che non l'aveva ferita. Lei era stata sul punto di morire proprio a causa di Maxim, la minaccia di un proiettile sparato nel suo cervello e poi il salto verso il mare in tempesta.

«Tu non sei più mia figlia.» E quelle erano state le ultime parole che sua madre le aveva rivolto prima di lasciare l'ospedale. Non si erano più parlare da allora e Charlie dubitava che l'avrebbero fatto in futuro. Il vuoto di quell'assenza però era incredibilmente... assente. Non c'erano ricordi o momenti che potesse rimpiangere. Solo l'indifferenza di una donna che aveva amato uno solo dei suoi figli. Le dispiaceva però per il suo dolore.

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