Capitolo 41 (Charlie - Presente)

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La Bonne Soirée era buia, deserta, e assolutamente silenziosa. Al piano di sopra almeno arrivavano le luci della strada e rumori delle auto di passaggio. 

Lì sotto, dove avevano luogo le vere feste, regnava il buio più nero. 

Michael l'aveva lasciata in un punto imprecisato della sala, la vista preclusa e nessun punto di riferimento. Per di più, solo con il costume e il prendisole aveva freddo. 

Quando erano tornati sulle coste di Mistfold non si erano lasciati alle spalle solo la spensieratezza di quella domenica, ma anche l'abbagliante sole. Lì sull'isola, il sole doveva chiedere il permesso alla nebbia per splendere e quella, prepotente, quasi sempre glielo negava. Charlie aveva pensato, per la verità aveva sperato, che Michael la portasse alla casa sulla scogliera, perciò quando la sua auto si era fermata davanti al night club, aveva aggrottato la fronte. Lui l'aveva condotta dentro senza una spiegazione. 

Dal silenzio generale eruppe uno scatto insieme al lontano ronzio di un circuito che si metteva in movimento. Una soffusa luce rossa si sparse nella sala insieme a una musica bassa e sensuale, che cavalcava l'aria come un profumo. 

Charlie fece un balzo indietro e la sua anca andò a sbattere contro il palco. Alzò gli occhi e deglutì. 

Chissà come, sapeva già dove trovarlo. 

Il signore delle ombre era sprofondato nella sua poltrona di pelle nera. Dalla testa in giù, metà del suo corpo era serrato dietro un impenetrabile muro di oscurità, che lo rendeva niente più che ombre al suo sguardo. 

Al contrario, lei era completamente visibile, esposta al suo sguardo nascosto. Le azzannava la pelle e tutto quello che Charlie voleva, era offrigliene un altro pezzo. 

Un mix letale di eccitazione e paura cominciò ad agitarsi dentro di lei, e quando brividi più profondi le scossero la pelle, fu certa che lui ne fosse consapevole e che la cosa lo compiacesse. «Balla per me.» Un ordine e una minaccia secca. 

Charlie si chiuse nelle spalle. 

La voce di Michael sembrava provenire da lontano, sembrava provenire da vicino... sembrava provenire da ogni parte. 

Aggrottò la fronte, occhiate dubbiose si posavano tra l'ombra e il palco. 

«Dopotutto lo hai già fatto, no?» Proseguì lui. La sua voce era niente meno che assoluta. «Proprio su questo palco e più recentemente questo pomeriggio. Proprio davanti ai miei occhi.» 

Non poteva vederlo, ma percepiva un sorriso malizioso agitarsi nelle ombre sopra la sua testa. «Solo per i miei occhi, Charlie. Lo hai detto tu.» 

Le parole si erano allungate, aggrovigliate, annodate dentro la sua gola. Si lo aveva fatto, ma non era la stessa cosa. Adesso non riusciva a trovare le motivazioni per sostenere quella tesi, ma non era la stessa cosa. Glielo disse e sperò che la cosa lo convincesse. 

«Non hai avuto problemi a farlo con gli occhi di quei vecchi bavosi puntati addosso.» Il ruggito fu un po' più feroce. «Non ne hai avuti questo pomeriggio, quando ti sei strusciata addosso a Gabriel solo per provocarmi.» Le luci rosse evidenziarono il movimento con cui si sistemò sulla poltrona. 

Dover parlare con una faccia e una bocca di ombra e buio, la metteva a disagio. 

Non poteva smetterla con quel gioco idiota e venire alla luce? 

Ti stai eccitando, non è vero? 

E aveva anche voglia di dirgli che non era vero che si era strusciata addosso a Gabriel, ma la verità era che un po' l'aveva fatto e le era piaciuto. Come le stava piacendo quel gioco oscuro a cui la stava obbligando. Non parlò, perché qualunque cosa sarebbe stata una bugia e lui l'avrebbe percepita. 

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