Capitolo 45 (Michael - Presente)

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Era il tramonto e Charlie non era tornata. 

Charlie non sarebbe tornata e Michael non comprendeva il senso di stare fermo davanti alla finestra, l'aspettativa che immobilizzava il suo corpo negli infinitesimi spazi che separavano i secondi, eppure non riusciva a muoversi da lì. 

Ormai cinque ore prima Elijah gli aveva mandato un messaggio. 

"è da noi" aveva scritto. 

Michael si era sentito tirare un sospiro di sollievo. 

"Okay", aveva digitato e subito dopo: "grazie". 

Non si era soffermato sul motivo per cui Elijah avesse sentito la necessità di avvertirlo, né su quanto questo lo rendesse un libro aperto nei confronti di quell'uomo che lo aveva visto crescere e diventare ciò che era oggi. Ma non aveva più avuto il coraggio di chiedergli nient'altro e l'incertezza del non sapere dove lei fosse adesso, se si trovasse ancora da Gabriella ed Elijah o fosse già diretta dall'altra parte del mondo, era opprimente. 

Era una possibilità da prendere in considerazione, la più concreta da prendere in considerazione. Cosa era rimasto a trattenerla lì, in fondo? 

Passi pesanti risuonarono nell'ampio salone, proprio nel momento in cui l'ultimo goccio di liquido ambrato scendeva lungo la sua gola. 

«Chiamala e falla tornare.» 

Aveva riconosciuto Samael prima ancora che pronunciasse una sola parola. 

Era uscito dall'ufficio pochi minuti dopo di lei, ma non prima di essersi voltato a guardarlo. Michael aveva percepito il vuoto nello stomaco quando la stanza si era allargata tra loro. 

Samael lo aveva trafitto con il silenzio e lo aveva punito con la durezza e l'accusa negli occhi agitati. Il suo silenzio pesante era stato carico di cose non dette e Michael le aveva sentite tutte. Gli si era spaccato il cuore in pezzi irricomponibili, quando l'impotenza era venuta fuori da lui nel momento in cui Charlie con una carezza gentile, si era fatta scivolare la mano di Samael di dosso. 

«Chiamala e falla tornare.» Il respiro gli provocava stilettate in mezzo al petto. 

Quante persone stava ferendo in una volta sola? Scosse la testa una sola volta. «No.» 

Samael aveva le braccia rigide lungo il corpo, le mani strette a pugno. La supplica si leggeva nel suo sguardo, ma dopo un momento, i suoi occhi si mascherarono di rabbia. Snudò i denti. «Questa è diventata la tua risposta a tutto? No?» 

Quando Michael appoggiò il bicchiere sul tavolino, i nervi del suo braccio erano talmente tesi che si sorprese di come non fossero scattati, mandando in frantumi tutto. Valutò se non fosse il caso di scolarsi direttamente l'intera bottiglia. «Che cosa dovrei fare Samael?» Espirò rassegnato. Era spento, voleva che quella guerra finisse. 

Samael invece, bruciava dalla voglia di gettarsi sul campo di battaglia. «Riportala qui!» gridò, assestando un pugno alla porta. «L'hai mandata via dieci anni fa e per dieci anni non c'è stato un solo giorno in cui non hai sofferto per la sua assenza.» Sollevò un dito e glielo puntò contro, caricando il gesto di accusa. Per un momento gli sembrò di avere davanti Raphael. «Non provare a negarlo, Michael. Io non sono Raphael, ma so leggere nei tuoi occhi. Ti ho visto annegare nella nostalgia di lei ogni singolo giorno per dieci dannati anni, anche se hai provato a nasconderlo.» Deglutì e prese fiato. «Quando è tornata io pensavo... pensavo...» Si guardò intorno, come se le parole gli sfuggissero, come se il solo provare a rincorrerle lo sfiancasse. 

C'era poca luce nella stanza, appena il riflesso aranciato del sole che moriva all'orizzonte. Samael aveva le spalle curve e la testa bassa, ciocche di capelli che riflettevano bagliori dorati, gli cadevano sulla fronte, coprendogli gli occhi. Ma il sole lo tradì un'ultima volta prima di inabissarsi, facendo brillare appena una lacrima sulla linea del mento. 

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