Capitolo 35 (Charlie - Presente)

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"Non c'è niente che un'adeguata dose di zucchero e cioccolato non possa sistemare" doveva essere una legge scientifica e quel giorno, tra la decima e la ventesima volta che aveva intinto il cucchiaio nella ciotola, Charlie l'aveva dimostrata.

Aveva le mani sporche di farina, appiccicose d'impasto e cioccolato, il vestito aveva chiazze bianche sparse un po' ovunque ed era abbastanza certa che del cacao le fosse finito sul viso e nei capelli e... non si era mai sentita così leggera.

Tutte le cose che si impegnavano a tormentarla non erano mai troppo lontane, ma durante quelle ore Charlie aveva imparato di potersene distaccare, allontanandole dalla propria mente tanto da sentirsi serena. Persino la bandana nera a ghirigori bianchi che Gabriella le aveva dato per legarsi al polso, e che ora era macchiata di farina e cacao, non era altro che un bell'accessorio.

La mente era uno strumento potentissimo e, si rese conto, lei ne era l'unica padrona. Era lei l'unica a decidere come farla funzionare, da quali pensieri lasciarsi influenzare, da quali emozioni farsi sfiorare.

Prendere consapevolezza di essere padroni di sé stessi sbloccava una serenità e un potere inimmaginabili.

I fari di una macchina bucarono la finestra dietro di lei.

«Oh, era ora che arrivassero.» on un tintinnio di pentole e scodelle, Gabriella mise giù quello che aveva in mano e si pulì le mani sul grembiule, nel tempo che servì a Charlie per aggrottare la fronte Arrivassero? E voltarsi.

Il suo sguardo andò a sbattere contro la figura massiccia, definita da anni di allenamento e da una natura particolarmente benevola, di Michael.

I loro occhi fecero lo stesso movimento, ingrandendosi, assorbendo la presenza dell'altro.

«Tu che ci fai qui?» Le loro voci suonarono insieme.

Se fosse potuto esplodere, il piccolo spazio che li separava sarebbe deflagrato come una bomba. Poteva sentire le scintille sfrigolare sulla pelle delle braccia ed era quasi certa che fossero la manifestazione della collera di Michael.

Sì, sembrava davvero in collera.

Avanzò come un'ombra nera nella cucina di Gabriella, coprendo tutto il resto, tanto che Charlie si rese conto a malapena che Elijah era entrato dietro di lui.

«Forse dovrei sapere perché sei qui e non a lavoro.» Non c'era un briciolo di gentilezza nella sua voce, anche se Charlie dovette dargli atto del tono civile, che probabilmente era dovuto alla presenza dei due coniugi e non certo a lei.

I molari che cozzarono tra loro inviarono un fastidioso schioppo al timpano destro. Adesso era certa che le scintille calde sulla pelle le stava producendo lei. Piegò la bocca in una smorfia risentita. «Sono venuta ad aiutare Gabriella con la cena.»

Michael sbuffò sprezzante dal naso. «Io non ti pago per cucinare, Charlotte.»

L'uso del suo nome per intero le fece sollevare i pori sulla nuca e non per il piacere del suono.

Non del tutto.

Dopo tutto quello che era successo quel giorno, le grida di Maxim, l'insinuazione nelle sue parole, l'umiliazione nello scoprire il livido attorno al suo braccio, era lei quella che aveva il diritto di essere arrabbiata. Michael aveva appena infranto la bolla felice che si era costruita attorno in quelle ore.

Con rabbia, sollevò il mento puntandosi le mani suoi fianchi. «Non sei tu che mi paghi, ma Xander.»

Senza perdere la sua compostezza, Michael scrollò le spalle. «E visto che quello che oggi è di mio padre un giorno sarà mio, la tua precisazione non era affatto necessaria.»

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