Capitolo 59 (Michael - Presente)

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Il collo gli scricchiolò in un modo così strano da provocargli una smorfia. Michael si portò una mano alla nuca e massaggiò il nodo di nervi che vi si era formato.

Stava invecchiando?

Col cazzo!

Era pieno di energia, nel fiore della sua vita e nel periodo più felice di sempre. I trenta potevano anche andarsene a fare in culo. "Vecchio" era un aggettivo che non gli sarebbe mai appartenuto.

Ma forse avrebbe evitato di fare un gesto del genere davanti a Samael, fornendo allo stronzetto materiale con cui sfotterlo.

Aveva lavorato tanto, la testa abbassata sul suo progetto da quella mattina. Ma nonostante i dolori alla schiena, si sentiva soddisfatto. Perciò, terminate le ultime rifiniture al progetto, intendeva dare una bella dose di lievito a quella sensazione, tornando a casa e concludendo quella giornata esattamente come l'aveva cominciata: con una sessione di sesso spettacolare.

Dopo aver passato tutta la presentazione su una chiavetta USB, aveva deciso di stampare e rilegare ogni singola pagina del suo progetto in un libro.

Una nota per la mia Charlie

Aveva pensato mentre le pagine si accumulavano sulla sua scrivania. Voleva farle dono di qualcosa che lei potesse sfogliare, che potessero sfogliare insieme, qualcosa che avrebbero potuto mettere su uno scaffale e tirare fuori quando la voglia di rivivere bei ricordi si sarebbe fatta sentire. Qualcosa che mai nessuna tecnologia avrebbe mai potuto superare, che non sarebbe mai diventato troppo obsoleto per essere vissuto. Qualcosa che Charlie avrebbe amato.

Michael riuscì a quasi a vedere il sorriso che si allargava sulle sue labbra e che brillava dentro gli occhi di giada.

L'immagine smosse qualcosa nel suo petto, come se il solo pensiero fosse stato capace di tirare un filo collegato direttamente al suo cuore. La corda, tendendosi, aveva emesso una nota magnifica.

«Ma quanto ti piace perdere tempo, Bane?»

Michael drizzò la schiena e ignorò la fitta improvvisa che gli partì da quel fascio di nervi contratti dietro al collo.

Maxim aveva una spalla poggiata in modo spavaldo alla porta di vetro, le linee che di solito si contraevano sul suo viso, adesso erano stranamente distese, come se per una volta la rabbia non lo stesse mangiando vivo dall'interno. Teneva un braccio dietro la schiena, piegato, come se stesse reggendo qualcosa.

«Maxim, è stata una giornata lunga. Ho intenzione di tornare a casa e impiegare la mia bocca in qualcosa di decisamente più costruttivo di una discussione con te.» Non gli disse che aveva intenzione di usarla tra le gambe di sua sorella, ma la conclusione era evidente e scontata.

Maxim dispiegò le labbra in un sorriso niente affatto risentito. Pareva molto sicuro di sé. Con un gesto del mento indicò la scrivania, tutto il materiale che vi era accumulato. «Sembra che tu abbia fatto un gran lavoro. Peccato che sarà tutto sprecato.»

Michael inarcò un sopracciglio. «Maxim, per favore, dimmi quello che devi dire e poi togliti dalle palle.» Non lo infastidì il sorrisetto dell'altro, piuttosto si ritrovò a chiedersene la ragione.

«Voglio dire che è un peccato che tu ci abbia lavorato così tanto, visto che domani non presenterai proprio nessun progetto.»

Un momento di silenzio passò tra loro, in cui Michael si limitò a sbattere le palpebre, poi la sua risata scoppiò irrefrenabile. «No scusami, ma è questo il tuo grande piano malvagio? Venire qui, con un pugno di mosche in mano a minacciarmi i sulla base di... niente?» Si batté le mani sulle ginocchia. «Se credi che questo basterà a non farmi vincere domani, allora tu hai dei seri problemi, cazzo.»

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