Michael era assolutamente consapevole che la sua condizione di essere umano era passata da: altezzosa a vagamente preoccupante ad assolutamente ridicolo, nel momento in cui aveva premuto invio al decimo messaggio senza risposta che da quella mattina aveva inoltrato a Charlie.
Su quest'ultimo era rimasta un'unica spunta, segno che non le era neanche arrivato e, assurdo ma vero, per quanto lui la fissasse accigliato, quella non si sdoppiò magicamente.
La cosa era diventata dannatamente frustrante già cinque messaggi fa, perché il segnale che lei lo stava evitando era arrivato forte e chiaro.
Lo schermo divenne nero e Michael sbatté il cellulare sul tavolo, sfogando la propria frustrazione su quel piccolo oggetto, quasi che fosse sua la causa del silenzio di Charlie.
Per quanto ancora avrebbe potuto evitarlo? Lavorava nell'ufficio accanto al suo, prima o poi avrebbe dovuto affrontarlo, no?
La voce della sua ragione, che gli faceva presente che era possibile che in quel momento lei fosse già su un volo diretta in un altro continente, stava parlando a vanvera.
Non ti deve nessuna spiegazione. Potrebbe essersene già andata.
Il cellulare rappresentava un'attrattiva troppo forte, ma inviare un altro messaggio significava scendere di un'altra tacca nel patetico. Lei non gli avrebbe risposto. Nonostante tutto, le dita tamburellavano nervose, smaniose di fare qualcosa, pur di non posarsi sullo schermo del telefono.
Perché quel buon senso che lo aveva sempre convinto che tenerla lontana sarebbe stata la cosa migliore per lei, aveva perso la voce negli ultimi giorni?
Perché adesso sai cosa vuol dire stare dentro di lei. Conosci i versi che fa quando ti muovi dentro il suo corpo e spingi fino a farle contrarre la pancia. Sai che quando stavolta andrà via, farà ancora più male.
Appoggiò i gomiti sul vetro freddo e si afferrò la testa tra le mani.
Charlie gli stava sfuggendo dalle mani e non era nemmeno l'unica. Non sapeva cosa fare con Samael, e in un drammatico istante che gli aprì un buco in mezzo al petto, si rese conto di non averlo mai saputo. Non sopportava più di vedere quello sguardo di persa desolazione negli occhi di suo fratello di diciannove anni. e non sopportava più di vederlo lanciarsi a capofitto in un rovinoso schema di autodistruzione. Avrebbe dovuto aiutarlo di più, avrebbe dovuto fare di più, avrebbe dovuto insistere. E avrebbe anche dovuto essere sincero con Raphael e Gabriel. Non si meritavano forse la verità? Perché non era mai riuscito a dirgliela?
Alla fine, avrebbe semplicemente dovuto essere migliore per tutti loro e tutti quei dubbi portavano a una sola conclusione: non lo era.
Le mani scivolarono e la testa cadde sulla scrivania fredda, ma la sua pelle era bollente e il suo respiro troppo caldo e accelerato. Presto, si ritrovò a respirare la sua stessa paura. Si sentiva intrappolato dentro una camera blindata e le pareti che aveva tentato di bloccare dieci anni prima, ma che in realtà non avevano mai smesso di muoversi, stavano per schiacciarlo. L'aria intorno a lui stava finendo. Aprì la bocca per prenderne di più.
Forse, Samael non è l'unico ad avere bisogno di aiuto
Una nausea improvvisa s'impossessò delle sue viscere. Si alzò e, barcollante, con la testa che ruotava senza una direzione precisa, riuscì a trascinarsi fino al bagno. In ginocchio sulle piastrelle fredde, vomitò tutto quello che aveva nello stomaco e poi continuò, tentando di espellere tutti i ricordi. Quando finì, aveva le lacrime secche sulle guance e la testa svuotata.
-
«Michael?»
La voce di Elijah lo riscosse dallo stato di freddo torpore che lo aveva accolto dopo l'improvviso attacco di panico di quella mattina. Dopo essersi sciacquato la faccia stravolta non si era più guardato allo specchio, aveva ripreso a lavorare e non era fermato per tutto il giorno, imponendosi un rigido autocontrollo. Ma aveva la sensazione di essere ancora piuttosto pallido e ora che aveva un appiglio con la realtà, se doveva essere del tutto onesto, sentiva un freddo strato di sudore succhiargli via l'energia.
Nonostante tutto, quando alzò la testa cercò di accogliere Elijah con il suo sorriso migliore. Almeno, il migliore che potesse mettere insieme in quel momento. «Elijah, prego accomodati.» Michael gli indicò la sedia e non smise di indicargliela finché l'uomo non si sedette. A quel punto lo ripagò con un sorriso soddisfatto. Da che ne aveva memoria, Elijah aveva sempre avuto i vestiti sporchi di terra e questo perché non c'era stato un giorno nella sua vita in cui non avesse lavorato sodo. Michael lo ammirava per questo e non accettava che lui considerasse i suoi vestiti troppo sporchi per sedersi su una poltrona o per ricevere un abbraccio.
«Ti senti bene, Michael?»
Il vecchio giardiniere strinse gli occhi e Michael d'istinto si ritrasse, consapevole che stava valutando ogni centimetro della sua faccia in cerca di qualcosa fuori posto.
Sei fortunato che sia lui e non Gabriella.
«Sei pallido.» aggiunse alla fine.
Michael si tese contro lo schienale della poltrona e si girò di qualche grado verso la vetrata, così che il sole del pomeriggio rimediasse almeno un po' al suo colore spettrale. «Ho dormito poco stanotte. Il progetto... sai...» Che i suoi pensieri fossero occupati dal progetto e dalla sfida che lo attendeva a breve non era bugia. Perciò Michael sperò di trarlo almeno un po' in inganno con quella mezza verità. «Tu piuttosto, vecchietto. Ancora a lavoro? Quando ti deciderai a prenderti una pausa?»
Lo sguardo scuro di Elijah era ancora guardingo, ma sotto la pelle scottata dal sole, Michael scorse un rossore che gli scaldò il cuore d'affetto.
«In realtà, sono venuto qui proprio per questo. Non te lo chiederei mai, lo sai, ma ho bisogno di mezza giornata libera. Il tetto del garage si è rotto l'altra notte per via del temporale e...» Si torceva le mani, imbarazzato per la richiesta, e la sensazione che punse lo stomaco di Michael fu calda e aspra al tempo stesso. Quell'uomo aveva dedicato al lavoro tutta la sua vita, anche adesso che aveva raggiunto una certa età non veniva mai meno ai suoi doveri. Dopo sua moglie, che amava alla follia, probabilmente il suo lavoro di giardiniere era la cosa che gli stava più a cuore. Michael dubitava che si fosse preso un gironi di ferie in tanti anni.
«Elijah, non devi nemmeno chiedermelo. Anzi» Guardò le carte sparse sulla scrivania, i file aperti sullo schermo del computer. Mandò tutto al diavolo. «Sai che c'è? Mi prendo anch'io il resto della giornata e vengo ad aiutarti.» Si alzò, Elijah insieme a lui. «Oh, Michael, non devi...»
«Certo che devo.» lo contraddisse invece Michael. Gli si affiancò e gli posò un braccio sopra le spalle. «E poi io sono il tuo capo, perciò devi starmi a sentire, vecchietto.»
Lo condusse fuori dall'ufficio mentre Elijah scoppiava in una risata che sembrava tanto il suono familiare e rassicurante della carta quando viene accartocciata.
Oh, per fortuna che lui non è Gabriella. Lei avrebbe riso e poi mi avrebbe tirato le orecchie
Chiamò l'ascensore. «L'unica cosa che chiedo in cambio delle mie prestazione è una delle cene speciali di Gabriella.»
Se possibile, il sorriso di Elijah si allargò ancora di più. «Be', se è questo quello che chiedi, allora non ci sono problemi. Mia moglie sarebbe contenta di riempirti di cibo anche gratis. A volte penso che ti ami più di me.»
Michael scoppiò in una risata allegra. «Certo che sì. Io sono adorabile.» Gli fece l'occhiolino. Mentre l'ascensore richiudeva le porte e cominciava a scendere, però, un pensiero ronzò fino alla parte cosciente della sua mente. «Elijah senti, per caso oggi non è che hai visto Charlotte Hill?»
Elijah incurvò appena la fronte e lo sguardò di sottecchi, e la sensazione che stesse soppesando ogni sua reazione tornò.
«Charlie, dici?»
Michael annuì distrattamente, quasi che la risposta a quella domanda non gli interessasse davvero.
«No, oggi non l'ho vista, mi spiace.»
La pelle sulle nocche tirò un po' di più.
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Angel of Death
RomanceCharlie: Dieci anni fa sono scappata da Mistfold a causa sua. Il mio cuore e la mia dignità non hanno mai più ritrovato tutti i loro pezzi dopo quella Notte degli Angeli. Odio ricordare ogni dettaglio come se lo stessi rivivendo si continuo. Lui che...