Chapter 3

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Durante la notte faticai a dormire, probabilmente per il cambio di stagione, la testa mi pulsava terribilmente causandomi la nausea; controllai l'ora sulla piccola sveglia colorata e mi resi conto di avere a disposizione ancora due ore per riposare, ma la mia emicrania non me lo permise, così mi vestii con tutta la calma possibile e decisi di ordinare, per una volta, la mia cameretta spoglia.

Un raggio di sole spingeva per trapassare la tende bianco sporco illuminando i pulviscoli nell'aria diurna; il tempo era passato molto velocemente così mi misi seduta sul letto aspettando che arrivasse l'ora della colazione. 

Qualcuno bussò alla mia porta facendomi alzare la testa di scatto e spaventandomi leggermente.

Chi mai potrebbe essere a quest'ora?

«Avanti.» Deglutii chiedendomi cosa avessi fatto ora di male, così ripercorsi a ritroso le ultime settimane passate qui dentro ricordando di aver rubato, di nascosto, sei pacchetti di chipster, per mangiarli con i ragazzi dopo le lezioni.

«Gwendalyn, ti ho svegliata?» Entrò sorridendo la signorina Woods sedendosi sul mio letto.

«No, uhm, ero sveglia già da un po'.» Sorrisi di rimando spiegando le piccole pieghette creatosi sul mio vestito mentre stavo riordinando.

«La direttrice ha bisogno di parlarti un secondo.» Annuii freneticamente seguendola in direzione del tetro ufficio della Signora Murphy, solitamente quando un ragazzo entrava lì dentro, non era mai per una buona ragione.

Bussai alla porta facendo riecheggiare un suono cupo e profondo, le nocche batterono ripetutamente contro il legno rugoso e poco levigato.

«Avanti.» Entrai e una donna bionda con i capelli cotonati mi sorrise non appena mi vide, la direttrice si lisciò il maglione per poi indicarmi la poltrona in velluto sbiadita a causa dei raggi solari.

La donna sorridente la riconobbi subito come la signora Moore, seppure l'avessi vista solo all'ingresso il giorno precedente; salutai educatamente e mi accomodai mentre giocavo con l'anello al mio dito medio, chiaro segno di nervosismo.

E la signora, lo notò.

«Sai perché ti ho fatta chiamare qui, Gwendalyn?» Domandò sempre con il solito tono insofferente la direttrice, facendomi sbuffare leggermente al suono del mio nome.

«No signora.» La guardai dritto negli occhi senza mai distogliere lo sguardo, odiava quando qualcuno non la guardava mentre parlava e sinceramente questo non era il momento più consono per farla infuriare.

Deglutii rumorosamente mentre piccole goccioline di sudore si accumularono alla base del collo, dove il colletto della camicetta bianca si appoggiava.

«Come ben ricordi, ieri i signori Moore sono venuti a farci visita.» Continuò senza mai interrompere il contatto visivo, faticavo a sostenerlo, non sono mai stata brava a incutere paura solo con un'occhiataccia, ma questa volta dovevo davvero resistere.

Vai al punto.

La mia mente ripeteva queste parole in continuazione nella mia testa facendomi innervosire maggiormente.

«Si, esatto.» Sposai gli occhi sul corpo delicato e raffinato della signora Moore, mi continuava ad osservare con curiosità e agitazione allo stesso tempo, quasi stesse per scoppiare dal volermi dire qualcosa.

L'avevo intuita, ma stentavo a crederci fino a quando non l'avrei sentita con le mie orecchie.

«Il signore Moore ha raccontato a sua moglie di quanto tu sia una ragazza deliziosa, educata e molto cordiale e per questo è assolutamente certo che tu saresti la loro figlia perfetta, cosa ne dici Gwen?» Sobbalzai udendo, finalmente, quelle parole; era sempre stato il mio sogno andarmene da questo inferno, ma ora, che mi capitava l'occasione, faticavo a lasciarmi tutto alle spalle.

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