Chapter 8

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Mi girai di scatto quando sentii pronunciare il mio nome per intero.

«E come funzionerebbe, allora?» Lo guardai con sfida facendolo sorridere, ma in quel gesto non c'era nulla di dolce.

«Non provare ad umiliarmi o mettermi in imbarazzo davanti alla classe ancora una volta.» Si avvicinò tanto da permettermi di sentire la sua colonia.

«La stessa cosa vale per te, non osare mai più citare i miei genitori, chiaro?» Ringhiai stringendo i pungi lungo i fianchi.

«Io faccio quello che mi pare, di certo non sarà una mocciosa come te a darmi ordini.» Rise di gusto imbestialendomi maggiormente.

«E vedi di cambiare tono quando parli con me.» Mi afferrò per il colletto della maglia attirandomi a sé. Deglutii rumorosamente notando la cattiveria lampeggiare nei suoi occhi.

Per la prima volta avevo paura di un ragazzo, nessuno aveva mai alzato le mani su di me e la mia linguaccia avrebbe solo peggiorato le cose se gli avessi risposto.

«Non ti avevo detto che saresti dovuta venire con me?» Si intromise una terza voce.

Zayn si girò sorridendo tranquillamente dopo aver identificato la figura di Harry, ma senza mai mollare la presa.

«Quando ti faccio una domanda esigo che tu risponda.» Continuò il riccio buttando a terra la sigaretta, ormai finita, per poi pestarla con la suola dei suoi stivaletti in pelle marrone, leggermente rovinati in punta.

«Si.» Sussurrai sentendomi impotente e infastidita dal non poter farmi valere.

«Zayn non spaventarla troppo, altrimenti non saprai più come farlo, in futuro.» Sorrise freddamente facendo allontanare il moro da me.

Non riuscii a capire se lo disse ironicamente o con serietà, ad ogni modo lo ringrazia mentalmente per aver fatto mollare la presa del ragazzo.

«Zayn.» Lo salutò il riccio con un colpo secco del capo, l'altro in risposta alzò la mano e poi proseguì per la sua strada.

Harry mi afferrò il polso e mi guidò verso la sua macchina nera fiammante.

«So camminare anche da sola.» Bofonchiai cercando di divincolarmi, ma con scarsi risultati.

«Ci avrei scommesso, Gwendy.» Mi sorrise sfacciatamente, ma senza un briciolo di divertimento, un semplice sorriso sornione e ironico, privo di emozioni, proprio come i suoi occhi.

«Smettila di chiamarmi così.» Mi lamentai; trovavo questo nomignolo più fastidioso del mio nome di battesimo.

«Come preferisci, Gwendy.» Rise, questa volta di gusto, aprendo l'auto, alzai gli occhi al cielo per poi entrare nel veicolo.

Un profumo maschile avvolgeva l'interno, inondando i miei sensi.

Il tragitto in macchina fu silenzioso e abbastanza tranquillo se non per qualche brusca frenata da parte del riccio e qualche insulto destinato agli altri guidatori.

Scoprii che non abitasse tanto distante da casa mia, più o meno dieci minuti in macchina.

Parcheggiò in un lungo vialetto piastrellato di beole grigiastre, molto simili a quelle dei Moore.

Anche la sua era una bellissima villa, ristrutturata perfettamente e con un giardino ben curato, con piccoli ciliegi e dei fiorellini in prossimità delle robuste radici.

«Vieni.» Mi spronò ad entrare notandomi ancora ad analizzare la sua casa.

«I tuoi genitori non ci sono?» Chiesi, un po' titubante, non notando nessun'altra macchina parcheggiata nel vialetto di casa.

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