Chapter 47

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Quando fui sicura che si fosse effettivamente allontanato abbastanza mi alzai per andare a lavare tutte le sue tracce.
Mi asciugai le lacrime seccate agli angoli degli occhi e aprii il rubinetto per far scorrere l'acqua e berla, avendo la gola secca.

Appoggiai la mano ai lati del lavandino respirando pesantemente, mi guardai allo specchio notando quanto fossi sciupata, avevo le labbra spaccate e un livido sullo zigomo, ciò che però attirò la mia attenzione fu il grosso segno violaceo sul collo, memoria di ciò che era appena successo; mi scappò un singhiozzo quando le immagini di poco fa mi passarono davanti agli occhi.
Mi sfregai la faccia violentemente per poi provare ad aprire la finestra del bagno, tirai graffiandomi i polpastrelli ma senza riuscire ad ottenere un risultato soddisfacente; tentai anche con quella della stanza, ma l'esito non fu diverso.

Afferrai i vestiti che mi aveva lasciato sul comodino, non appena indossai la maglia nera intuii fosse una delle sue, come conferma la sua colonia mi penetrò nel naso.
Come calzoncini mi aveva lasciato dei boxer, che indossai subito, per coprire il sedere quasi completamente mezzo nudo.
Cercai qualsiasi cosa che potesse forzare una serratura ma nulla sembrava essere appropriato, così stremata mi sdraia sotto le coperte sperando che il sonno mi investisse il più velocemente possibile.

***

«Cibo per te.» Qualcuno aprì la porta di scattò spaventandomi, non avevo mai visto quest'uomo, era calvo, abbastanza robusto ma intuii altrettanto lento.
Finsi di non essermi svegliata sperando che si sarebbe avvicinato cosicché avessi potuto cogliere l'occasione per provare a scappare.

«Svegliati mocciosa.» Mi toccò la spalla per destarmi dalla mia veglia ma lo presi alla sprovvista tirandogli un pugno sul naso, indietreggiò cercando di tamponare il liquido colante dagli orifizi.
«Puttana!» Urlò da dolore, saltai giù dal letto approfittando della situazione e scattai fuori dalla porta raggiungendo delle scale di una grossissima villa, corsi giù lungo il tappeto rosso, mi guardai intorno cercando di capire quale dei mille corridoi fosse quello portante all'ingresso.

Sentii numerosi versi e qualcuno, che supposi essere l'uomo pelato, urlare: di là, è andata di là!
Senza pensare ulteriormente presi il corridoio davanti a me, corsi fino a quando non raggiunsi una grossa porta di metallo, nettamente in contrasto con il resto dell'arredo, elegante e di lusso.
Provai ad aprirla, ma notai che servisse una carta magnetica, imprecai sottovoce e tornai indietro.

«Gwen,» mi girai di scatto trovando Peter fissarmi con occhi neri iniettati di sangue. «non peggiorare la tua situazione, torna indietro.» Negai con la testa sentendo le lacrime accumularsi negli angoli della bocca.

«Gwen!» Ringhiò, non l'avevo mai visto così arrabbiato, la vena del collo era notevolmente in rilievo mentre il muscolo della mascella guizzava velocemente.
Cominciai a correre verso la direzione opposta seguita dalla sua figura minacciosa, ormai non vedevo neanche dove stessi andando a causa della vista annebbiata dalle lacrime, respiravo affannata sapendo che se mi avesse presa, me l'avrebbe fatta pagare.
Improvvisamente mi afferrò per i capelli, appoggiò qualcosa di freddo al mio collo che mi paralizzò all'istante e diffuse lungo tutto il mio corpo scariche elettriche, il male era talmente straziante che urlai fino a quando non uscì più alcun suono; gli occhi sbarrati, quasi volessero uscire dalle orbite, crollai sulle mie ginocchia, fui afferrata con forza e trascinata nuovamente nella sua stanza.
Mi lanciò sul letto mentre il mio corpo era ancora scosso da convulsioni e spasmi.

«Cosa credevi di fare?» Urlò dopo aver chiuso la porta a chiave.
Lentamente mi ripresi seppure fossi completamente senza forze, come se le mie ossa fossero diventate di gelatina.
Una radiolina interruppe il silenzio facendo destare l'attenzione di entrambi: il capo vuole vederla, domani mattina quando arriva.

Rispose in modo affermativo, mi guardò con un sorrisetto cinico per poi avvicinarsi.
«Devo legarti nuovamente al letto?» Tirò fuori un paio di manette che mi sventolò davanti alla faccia, negai con la testa deglutendo, avevo paura a parlare.

«Come potrei punirti?» Si finse pensieroso appoggiando l'indice sul suo mento.

«Non ce n'è bisogno,» mi schiarii la voce essendo roca. «non lo faccio più.»
Rise sarcasticamente sedendosi sul letto per poi accarezzarmi il viso.

«Piccola Gwen.» Mi sorrise dolcemente, ricordandomi un dolce angelo venuto in mio soccorso.
Ma ahimè, il diavolo si traveste in maniera eccelsa per imbrogliare.

Mi afferrò per i capelli trascinandomi giù dal letto, mi tirò fino al muro dove mi spinse con cattiveria.
«Pensi di prendermi per il culo?» Ringhiò tornando il demonio che tanto avevo conosciuto, i suoi occhi erano nuovamente iniettati di sangue, credetti che da un momento all'altro della bava rabbiosa potesse uscire dalla sua bocca tanto sembrava feroce.
Mi dimenai urlando per il dolore che mi stava provocando mentre un suo pugno entrò in collisione con il mio stomaco, gemetti pregandolo di smetterla.
Faccio la brava, lo prometto, ma fermati.

Scongiuravo mentre uno schiaffo mi girava la faccia facendomela rimbalzare sulla parete, ero intontita a causa del colpo e un orecchio prese a fischiarmi per l'impatto violento.
Mi circondò la gola con una mano mentre con l'altra si insinuò nei boxer neri cominciando a sfregare con violenza la mia intimità.
«Ti stanno divinamente i miei vestiti,» disse contro il mio orecchio. «dici che farai la brava? Comincia da ora, principessa.» Gli sputai sul petto mentre la sua stretta al collo mi impediva di respirare normalmente.

«Andiamo è tutto quello che sai fare per difenderti?» Rise di gusto, il suo petto vibrò per la contrazione.
Mise entrambe le mani sulle mie spalle costringendomi in ginocchio contro il muro, non capii cosa avesse intenzione di fare fino a quando non si slacciò il bottone dei pantaloni, cominciai a piangere più rumorosamente provando a spingerlo via ma inutilmente.

«Mettilo tutto in bocca.» Ordinò aspettando che gli abbassassi i boxer, negai schiacciandomi contro il muro, si abbassò alla mia altezza chinandosi sulle ginocchia alzandomi il mento con due dita.
«Ubbidisci,» si avvicinò alla mia bocca leccandomi le labbra rotte. «ora.» avvolse le dita intorno alla mia gola applicando pressione.
Afferrò la mia mano portandosela alla bocca, leccò un dito per poi lasciarcisi sopra un bacio, poi spostò la mano dal collo alle labbra obbligandomi ad aprirle per infilarci dentro un dito, muovendolo dentro e fuori, imitando l'atto orale.
Tirai sul con il naso faticando a respirare avendo la bocca occupata.

«Non vedo l'ora di scoparti questa bella boccuccia.» Della saliva colava dalle mie labbra a causa della violenza che stava applicando, così, sperando che la smettesse, gli morsi il dito facendolo urlare.
Mi pentii subito di questa azione non appena estrasse una pistola nera fiammante.

«Qual era la tua richiesta?» Urlò puntandomi la pistola alla tempia. «volevi che ti uccidessi, se non ricordo male!» Urlò con cattiveria infilandomi la canna del ferro all'interno della bocca, terrorizzandomi.
Ormai piangevo in una maniera disperata mentre respiravo a fatica.

«Giusto Gwen?» Mosse la pistola avanti e indietro come faceva prima con le dita, solo più lentamente per non spaccarmi i denti.
Gli circondai il polso con le mani provando a fermarlo, ma era nettamente più forte di me.

«Vuoi morire, principessa!?» Urlò contro il mio viso mentre singhiozzavo implorandolo con lo sguardo; negai con la testa terrorizzata che premesse il grilletto.
Ora che avrei ottenuto quello che fino a poche ore fa desideravo con tutto il cuore, mi resi conto di non essere pronta.
Non ero a conoscenza di cosa sarebbe successo, ma non ero pronta a dire addio a tutto e tutti.
Probabilmente sarei morta qui dentro, ma non potevo abbandonare anche il più piccolo briciolo di speranza di salvezza.

«Non ho sentito!» Ringhiò con rabbia mentre continuavo a negare e provavo a pronunciare un no, ti prego in maniera sconnessa.
Estrasse la pistola dalla mia bocca dolorante e si allontanò dal mio corpo tremante per poi uscire e sbattere la porta, chiudendola poco dopo a chiave.
Mi strinsi le ginocchia al petto continuando a piangere terrorizzata da quello che stava per succedere.
I singhiozzi erano l'unico suono fino a quando non percepii le gocce di pioggia battere sul vetro, il cielo piangeva con me.

A|N
Buonasera!! eccomi qui con un nuovo capitolo, cosa ne dite?
Sono stanchissima, ho mal di stomaco e mi deve venire il ciclo, perfect combination.
Lasciate un commentino e una stellina che non vi cooosta nulla, vi adoro.

Baci, Carolina.
❤️

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