"Molti di noi sono angeli caduti, ma alcuni sono nati all'inferno." Pronunciò la sua voce profonda, un piccolo ghigno comparse sulle sue labbra; e io sapevo che lui proveniva dall'inferno.
#1 in mistero/thriller on 23.12.2016
#4 in fanfiction on 18...
Un rumore sordo mi svegliò di soprassalto, mi strofinai le braccia stanche e deboli ora percorse da brividi provocanti la pelle d'oca; sentivo freddo, quasi qualcuno avesse spalancato la finestra, seppure questa fosse ancora serrata. Ero talmente intontita e spaesata che non mi accorsi degli occhi ghiaccio che ora mi scrutavano da sotto delle folte ciglia, con fare ammonitorio e spavaldo.
«Hai cinque minuti per darmi informazioni utili, poi ti porteremo di sotto.» Una sedia bianca era posta al centro della stanza scarna, ai lati del mio giaciglio scomposto, Tom sedeva elegantemente quasi stesse avendo una normale conversazione con un suo amico, ricordandomi quanto poco di normale quest'uomo avesse.
«Informazioni utili?» Deglutii, la gola fastidiosamente secca mi bruciava, bisognosa di acqua fresca. Mi guardai intorno e notai come la porta non fosse stata chiusa diligentemente, un particolare che sarebbe sfuggito a chiunque, ma non ad un ostaggio in preda alla disperazione e senza più un briciolo di speranza in corpo. I suoi occhi non lasciavano neanche per un secondo i miei, ebbi paura che potesse infettarmi tanto il suo sguardo era malvagio e spregevole. Un rumore al piano inferiore fu sufficiente per distrarlo qualche secondo, così scattai verso la porta, ma la sua prontezza ed i suoi riflessi furono nettamente più veloci di me, mi afferrò per l'avambraccio trascinandomi a terra, non si preoccupò delle pieghe formatosi sul suo completo elegante, anzi, seppure fosse un uomo decisamente minuzioso nella cura, sembrò non importargliene affatto.
«Tempo scaduto.» Peter accompagnato da altri due uomini, grossi il doppio, fecero irruzione nella stanza, non sapevo cosa significasse essere trasferita al piano di sotto, tralasciando la mia totale ignoranza ed estraneità di un piano inferiore, ma dal modo in cui i suoi occhi brillavano, supposi non fosse nulla di piacevole.
Cosa mai potevano altro farmi più di così? Rimpiansi il giorno in cui mi posi quella domanda.
Una grossa siringa fuoriuscì dalla tasca di uno dei due energumeni e la immerse in un boccettino sigillato di chissà quale liquido, per poi inserire l'ago sporgente e aculeo nel mio collo inarcato disumanamente; iniziai a sentire le forze svanirmi, scivolare lentamente fuori dal corpo già costipato, e gli occhi diventare pesanti, incapaci di rimanere aperti e vigili, consapevole che, se mi fossi abbandonata, sarei sprofondata ancora di più nel baratro.
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Mi risvegliai a causa di una secchiata d'acqua gelata gettata appositamente sul mio corpo legato ad una sedia, il nastro adesivo copriva la mia bocca spaccata, respirai affannosamente mentre goccioline d'acqua colavano dai capelli fino sotto i vestiti ormai fradici, evidenziando le mie curve. Ringhiai cercando di liberarmi ma ogni sforzo sembrava non far altro che peggiorare la situazione, come se le corde, come per magia, si stringessero maggiormente intorno a me.
«Sembra che siamo destinati ad incontrarci sempre.» Disse Peter sarcasticamente inginocchiandosi tra le mie gambe, all'altezza del mio stomaco in subbuglio, e pensai che, se non avessi avuto la bocca sigillata, gli avrei rigettato addosso. I suoi occhi verdi mi studiavano mentre io non avrei voluto fare altro che cavargli gli occhi con le mie stesse dita.