Chapter 16

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Era così sicuro di sé stesso che riuscivo a provare una punta di gelosia per tutta quella arroganza, era bello e sapeva di esserlo.

Il suo comportamento da ragazzaccio gli donava particolarmente, anzi credevo fosse perfetto per lui e, mi doleva ammetterlo, lo trovavo piuttosto eccitante.

Mi schiaffeggiai mentalmente per ciò che la mia piccola mente malata aveva elaborato e tessuto.
Mi sorrideva maliziosamente mentre il suo respiro mi solleticava la fronte corrugata, la mente venne trasportata da una corrente che mi portò alla sera prima dove, proprio in questo punto, ci stavamo per baciare annebbiati dal sapore della passione e della follia.

«Cosa dici?» Sussurrai fingendo un'espressione confusa e piena di innocenza, quando in realtà sapevo perfettamente di cosa stesse parlando, anzi avrei tanto voluto riviverlo, nelle mie fantasie più nascoste.

«Lo sai benissimo di cosa sto parlando.» Appoggiò una mano sulla mia vita per poi spingermi maggiormente contro il suo petto tonico e duro come il marmo.

Avrei tanto voluto toccarlo, pensai mentre mi bagnavo le labbra ormai fastidiosamente secche e asciutte.
Sapeva davvero farci con le ragazze, sapeva sbriciolare ogni resistenza e azzerare ogni briciolo di razionalità ancora presente nel loro cervello completamente fuso.

«No, secondo me ieri sera hai bevuto un po' troppo.» Risi nervosamente appoggiando una mano tremante sul suo petto per allontanarlo quel poco che potesse permettermi di ritornare a ragionare lucidamente, ma questo contatto mi spinse a desiderare di più; il calore del suo corpo era irradiato anche attraverso lo strato dei vestiti che indossava in contrasto con le mie piccole mani fredde.

«Ero sufficientemente sobrio per poter guidare, per cui penso di ricordarmi correttamente quello che stavi per fare ieri sera.» Mi accigliai quando pronunciò quella frase con divertimento e scherno.

Io non stavo per fare proprio un bel niente.

«Senti, bellimbusto, tu mi stavi per baciare, non io.» Mi impettii gonfiandomi leggermente alzando il mento con fare orgoglioso.

Scoppiò in una fragorosa risata appoggiando le mani ai lati della mia vita, sopra alla superficie liscia del tavolo.

«Allora lo ammetti.» Alzò un sopracciglio inclinando la testa di lato come per prendersi maggiormente gioco di me.

«Cosa? Oh, ti odio.» Esordii con cattiveria colpendo al petto per allontanarlo da me, ma come risultato ottenni un risata trattenuta a stento che gli face vibrare il petto.

«No, ti piaccio.» Sussurrò inserendo una mano fra i miei capelli annodati ancora nella precedente treccia umidiccia a causa del diluvio; strinsi la mascella per trattenermi dall'urlargli contro.

Ma con che grande pallone gonfiato avevo a che fare?

«Tu? Ma per favore, non sei neanche il mio tipo.» Gli risposi con un'espressione tale da sembrare divertita da ciò che aveva appena detto.

Il campanello rimbombò nella grande cucina obbligandomi a distogliere i miei occhi furiosi da quelli divertiti e compiaciuti di Jackson.
Lo scansai con uno spintone facendolo ridacchiare e poi mi incamminai verso la porta per vedere chi mi avesse salvata da questa situazione imbarazzante e odiosa; non feci in tempo a lasciare la stanza che mio fratello, se davvero potevo chiamarlo ancora così, mi afferrò il polso e mi fece sbattere contro il suo petto muscoloso.

«Io sono il tipo di tutti.» Mi schioccò l'occhio e poi si sedette sullo sgabello per cominciare a mangiare l'insalata che avevo preparato per entrambi.

Percorsi velocemente la distanza che mi separava dalla porta bianca, sperando che, chiunque si fosse trovato dietro alla porta, stesse ancora lì e non se ne fosse andato a causa dell'attesa prolungata; aprii il portone e, come avevo ipotizzato, non trovai nessuno ad aspettarmi.
Alzai gli occhi al cielo e chiusi la porta con un tonfo tornandomene in cucina da quell'idiota di ragazzo con cui ero costretta a condividere la casa.

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