«Vuoi qualcosa da bere?» Urlò per riuscire a superare la confusione creatosi a causa dell'ennesimo colpo parato dal nostro portiere.
«Sì, grazie. Un the caldo al limone.» Sorrise ad Harry colpita dal suo gesto cordiale.
«Grandioso, io vorrei una birra, il chiosco è di là.» Sogghignò appoggiando la sua mano sul mio ginocchio, stringendo lievemente.
«Mi sembrava strano.» Lo scansai levandogli la mano, facendomi comparire un sorrisetto, segno del suo divertimento, sul viso.
«Quanto zucchero?» Si alzò di colpo facendomi l'occhiolino; ormai eravamo quasi giunti alla conclusione della partita, e, seppure non fosse ancora suonata la campana indicante la fine, potevamo proclamarci vincitori.
«Una bustina.» Gli feci la linguaccia in risposta mentre lui mi destinò un'alzata del medio. Mi strinsi nel giubbotto non appena la sua uscita di scena provocò uno spostamento d'ara fredda. Senza la presenza del giovane avevo la mente meno distratta e i sensi più vigili, mandando alle stelle il livello di paranoia. La sensazione di essere osservata non mi aveva mai abbandonata, ma ora, senza il riccio mi sentivo più vulnerabile ed esposta.
Un fischio proveniente dal campo mi riscosse dai miei pensieri, mi voltai incontrando il volto sorridente di Jackson che sventolava una mano guantata al cielo. In una frazione di secondi il suo volto allegro si tramutò in un'espressione glaciale per poi ritrovarsi con il viso per terra.
«The?» La voce roca di Harry mi scosse, capii l'improvviso cambiamento di mio fratello. Non prestai attenzione al riccio e cercai di vedere chi avesse buttato a terra Jackson.
Un giovane dell'altra squadra sogghignava seppure l'arbitro lo stesse ammonendo e rimproverando. Ero abbastanza vicino al campo, tanto da poter notare lo sguardo divertito, seguito dall'occhiolino che mi destinò.
«La mia gentilezza ha dei limiti.» Mi voltai verso il riccio notando che stesse reggendo da ormai cinque minuti il mio bicchiere, che aveva l'aria di essere leggermente ustionante.
«Sì, certo, scusami. Quanto ti devo?» Feci per aprire la borsa che la sua mano bloccò la mia, notai per la prima volta che indossava degli anelli; non mi erano mai piaciuti sui ragazzi, ma, seppur controvoglia dovetti ammettere che gli donassero particolarmente.
Non appena la sua mano sfiorò la mia una scarica elettrica mi fece sobbalzare per lo spavento, la sua pelle era calda e liscia in contrasto con la mia fredda.
«Offre la casa.» Gli sorrisi ringraziandolo e notai una piccola smorfia comparire sul suo volto, era un abbozzo di sorriso e, seppure fosse alquanto divertente constatare quanto si stesse sforzando nell'essere carino e gentile e, nonostante dalla sua smorfia si comprendesse quanto poco fosse abituato ad esserlo, lo apprezzai.
Forse non era così difficile avere una conversazione ed un rapporto normale con questo ragazzo, pensai tra me e me mentre sorseggiavo con attenzione il mio the cercando di non scottarmi la lingua.
Il liquido caldo scese lentamente lungo la mia gola provocandomi una sensazione di benessere che invase il mio corpo, facendomi accumulare maggior calore corporeo.
«Hai visto per caso Beth?» Chiesi facendo guizzare lo sguardo da una panchina all'altra, gli spalti erano più di quanti avessi potuto immaginare stamattina.
«Intendi la tua amica impicciona e accusatrice che non fa altro che sparlare di me?» Disse la frase senza distogliere lo sguardo dal campo permettendomi di osservare i suoi lineamenti spigolosi e sinuosi al contempo.
Mi venne da ridacchiare quando pronunciò quella sentenza nei confronti di Bethany, ma non lo diedi a vedere.
Vedendo che non risposi subito continuò il suo discorso, definibile quasi come un monologo.
«Anche perché,» si schiarì la voce subito dopo aver bevuto un sorso della sua birra ghiacciata, mi chiesi come potesse bere una tale bevanda con questo freddo. «è l'unica amica che hai.» Mi lanciò un'occhiata fugace prima di rivoltarsi verso la partita.
Seppure mi avesse lievemente ferito cercai di non darglielo a vedere, seppure il mio silenzio fu decisamente eloquente.
Non riuscivo a capire il motivo dei suoi perenni sbalzi di umore, un minuto prima mi offriva da bere e il minuto seguente mi lanciava frecciatine taglienti.
«Da quello che ho potuto notare in questo mese sembra che neanche tu abbia tanti amici.» Borbottai con un sorriso soddisfatto sul viso, la sua reazione mi colpì decisamente; ridacchiò di gusto, ma era una risata fredda, colma di umorismo.
«Touchè piccola Gwendy.» Finsi un sorriso per poi alzarmi in piedi ed esultare siccome Jackson aveva appena mandato a segno una palla, il campo era in fibrillazione, la campana di fine partita suonò indicando la fine della prima partita di campionato.
Scesi le scale buttandomi nella mischia cercando mio fratello per fargli i miei complimenti, ma quando poggiai il piede sull'erba verde notai alla mia sinistra il ragazzo con il cappuccio fissarmi sorridente mentre si teneva a debita distanza dalla folla.
Tutto intorno a me sembrava essersi fermato, sentivo solo dei soni soffusi e delle voci ovattate, il tempo parve rallentare mentre al centro della scena c'eravamo io e quel ragazzo, pensavo di essere trascinata in un vortice ma qualcuno mi riportò alla realtà non appena mi afferrò il gomito come per chiamarmi.
Il ragazzo, senza smettere di sorridere, si girò incamminandosi verso il parcheggio scolastico, non mi preoccupai di identificare chiunque mi avesse affiancato che incominciai a correre verso il presunto psicopatico, che, non appena si accorse di essere seguito, accelerò il passo fino ad arrivare a correre ad una velocità elevata e decisamente più potente della mia.
«Gwen!» Qualcuno urlò, presumibilmente Bethany, siccome era una voce femminile; non mi fermai per sentire di cosa avesse bisogno o cosa dovesse dirmi; avevo sotto mano la mente malata che mi stava portando all'esasperazione, così continuai a correre senza l'intenzione di fermarmi.
Quando arrivai con il fiato affannato e un accenno di fiatone al parcheggio mi piegai sulle ginocchia per cercare di notare un possibile movimento o segnale che mi avesse indicato la via che aveva percorso il ragazzo.
Mi squillò il telefono provocando un eco sordo nell'ambiente, afferrai il telefono senza mai distogliere lo sguardo dal parcheggio; risposi senza vedere chi fosse e il solito respiro sinistro mi risuonò nell'orecchio provocandomi la pelle d'oca.
«Devo ammettere che sei coraggiosa e caparbia.» Mi concentrai per cercare di cogliere una qualsiasi sfumatura nella voce che potesse essere ricondotta a qualcuno di me conosciuto.
Non risposi aspettando che fosse lui a continuare la conversazione, mantenni la calma e presi un respiro profondo per evitare di lasciare il gioco nelle sue mani, come la volta precedente.
Non gli avrei lasciato le redini della partita, non questa volta.
A|N
Buon pomeriggio a tutti quanti, ecco a voi appena sfornato il nuovo capitolo.
Cosa ne pensate? Daii fatemi sapere su su su.
Mi piacerebbe conoscere una vostra possibile opinione su chi sia il famigerato stalker e il motivo della sua ossessione, accontentate una povera vecchietta decrepita?
Domanda capitolo: Avete sentito il singolo di Harry? Cosa ne pensate? A me piace un sacco e credo che abbia avuto uno sviluppo formidabile nell'ambito musicale e, per quanto mi dolga ammetterlo, da solista sarebbe fenomenale e la sua voce sarebbe notevolmente valorizzata.
Con questo vi lascio, bacioni e keep voting, xx.
All the love, Carolina.

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Emerald Eyes
Fanfiction"Molti di noi sono angeli caduti, ma alcuni sono nati all'inferno." Pronunciò la sua voce profonda, un piccolo ghigno comparse sulle sue labbra; e io sapevo che lui proveniva dall'inferno. #1 in mistero/thriller on 23.12.2016 #4 in fanfiction on 18...