Harry's pov
Avevo imparato ad usare le persone, ad usarle a mio piacimento. Le sfruttavo quando dovevo raggiungere un obiettivo, probabilmente necessario per completare ciò che la mia mente malata elaborava e ciò che i miei superiori mi ordinavano di compiere. Una volta ritenuto sufficiente il loro intervento le abbandonavo, lasciandole nel dimenticatoio dello stesso oblio; le cacciavo, probabilmente non sentendomi capace di legare affettivamente con almeno uno solo di loro. Non volevo provare affetto, non potevo e non dovevo. L'amore non era altro che una grande debolezza che ti impediva di ottenere il completo potere su ciò che avevi attorno. Probabilmente Jack, aveva ragione; nessuno avrebbe voluto un ragazzo come me, non dopo ciò che avevo fatto e avrei dovuto fare in futuro. Non sentivo ragione per cui dovermi riscattare o redimere per il male che avevo compiuto, era ciò che, in realtà, mi gratificava più di qualsiasi altra cosa al mondo, ciò che mi faceva sentire me stesso, o almeno fino a questo punto, almeno fino a prima di aver incontrato lei, Gwendalyn.
Poggiò i suoi piccoli palmi tremanti contro la superficie fredda del muro portante di casa mia, grosse lacrime scendevano lentamente sulle sue guance, segno che si stesse lievemente tranquillizzando, ma che comunque fosse ancora tremendamente spaventata da me; solitamente avrei adorato questa sensazione di dominanza completa su qualcuno, ma in questo preciso istante non mi sentii completamente appagato nel vederla così sottomessa a me, anzi un piccolo sentore di vuoto si diffuse all'interno del mio petto, un lieve fastidio, ma che non riuscii ad ignorare, come non riuscii a capire per quale motivo fosse comparso e soprattutto perchè nei confronti di questa ragazzina.
Mi avevano ordinato un compito, ucciderla, un semplice incarico, molto somigliante a quelli che mi affibbiarono in precedenza; avevo passato interi giorni ad osservarla da quando mi avevano fatto evadere strategicamente dalla famosa prigione in cui ero stato confinato, avevo mandato Zayn a prelevare i suoi fascicoli dall'orfanotrofio, per studiare ogni sua insignificante informazione, qualsiasi cosa che mi sarebbe stata utile per il compimento e la realizzazione del mio incarico.
Tutto filò liscio, fino a quando, quel fatidico Martedì, non la incrociai per i corridoi di quella polverosa e umida scuola, sembrava così diversa fuori dall'edificio in cui anche lei, proprio come me, era stata confinata, contro la sua volontà. Così gioiosa, così sprizzante di felicità da tutti i pori per la sua nuova avventura, per la sua nuova vita, un essere così puro ma altrettanto tagliente.
Cominciai a provare una lieve ammirazione per la giovane ma al contempo un forte odio, non riuscendo a capacitarmi come, dopo tutto ciò che avesse subito lei fosse riuscita a mantenere la sua innocenza e la sua allegria.
Era bella, diavolo se era bella, avrei voluto farla mia in molteplici occasioni, ma ciò che mi stupì fu il fatto che fossero maggiori rispetto alle volte in cui avrei voluta ucciderla con le miei sporche mani da assassino.
Con il passare dei giorni cominciai a conoscerla e capire cosa dietro questa dura e sarcastica facciata si nascondesse, una ragazza spaventata e rotta, rotta da tutte le disgrazie che la vita aveva destinato e che tutt'ora aveva in programma di gettarle addosso; seppure la odiassi non potei fare ameno di sentirmi, seppure in piccola quantità, impietosito per questa fragile figura. E più questa sensazione di compassione cresceva nel mio cuore più avrei voluto distruggerla con le mie stesse mani, stringerla fino a che il suo ultimo respiro non avesse lasciato per sempre le sue labbra ormai esangui. Perchè? Perchè non potevo permetterle di avere un tale potere su di me, un potere che non avevo dato il permesso a nessuno, mai, di possedere, e lei se l'era preso senza consenso, proprio come se le appartenesse.
Dovevo spezzarla, ma come potevo spezzare una persona già spezzata?
Avrei voluto spararle dritto in fronte un colpo di pistola, che in questo momento si trovava stretta nella mia mano, solo per mettere a tacere quello che lei stava iniziando a farmi provare; sentimenti, quelle stupide ed insulse cose che gli essere umani definivano meravigliose, cose che io disgustavo ed avevo annullato diventando una macchina da guerra, programmata per uccidere chiunque si frapponesse fra me e la gloria, fra me e i miei obiettivi. Come diavolo poteva un cosa così piccola e così indifesa aver ridato vita a ciò che era stato da tempo ucciso e sepolto?
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Emerald Eyes
Fanfiction"Molti di noi sono angeli caduti, ma alcuni sono nati all'inferno." Pronunciò la sua voce profonda, un piccolo ghigno comparse sulle sue labbra; e io sapevo che lui proveniva dall'inferno. #1 in mistero/thriller on 23.12.2016 #4 in fanfiction on 18...