Chapter 44

1.8K 102 3
                                    

«Notevole,» aprii gli occhi a causa di una brusca frenata, provai, per quella che contai la milionesima volta, a strappare lo scotch intorno alle mani.  «davvero un livido notevole.» Una mano si appoggiò sulla mia coscia causandomi un fremito inaspettato.

«La ragazza ha carattere.» Mi dimenai cercando di levare la sua sudicia mano dal mio ginocchio, in risposta ebbi soltanto una grassa risata.

«Gli artigli.» Ridacchiò il guidatore, la mia mente mi portò in automatico indietro nel tempo quando pronunciò per la prima volta questa frase. Diedi una gomitata al ragazzo al mio fianco, l'ansia cominciò a divorarmi lo stomaco chiudendomi le vie respiratorie, faticavo a riempire i polmoni.

Peter sembrò accorgersi del mio improvviso attacco di panico, così mi afferrò per le spalle scuotendomi con una delicatezza che non credevo potesse appartenergli. Lo scotch sulla mia bocca e il sacco nero non mi aiutavano, il cuore prese a battere ad una velocità anormale mentre il suono si diffondeva nelle mie orecchie, gocce di sudore freddo scivolavano lentamente dalle mie tempie fino a depositarsi alla base del collo, dove lo strato di epitelio entrava in contatto con il bordo della maglia del pigiama.

«Il sedativo, dov'è il sedativo?» Una nota nella sua voce mi fece intuire che stava perdendo le redini della situazione e che anche lui fosse leggermente scosso da ciò che stava accendendo, non essendo preparato per un eventuale comportamento.

«Qui dentro, prendi.» La voce dell'altro era calma e ponderata, quasi si aspettasse quest'eventualità. La mia gabbia toracica si abbassava e alzava ad una velocità supersonica cercando disperatamente di sfamare la fame dei miei polmoni, senza però riuscirci. Sentivo le labbra secche rompersi sotto il tessuto adesivo, mentre un sapore di sintetico, proveniente da quest'ultimo, invase la mia bocca. Sembrava che la realtà fosse scomparsa, le voci ormai risultavano ovattate mentre gli occhi umidi di lacrime si rigirarono indietro, quando, come un vortice, qualcuno mi trascinò nuovamente in superficie non appena i miei occhi furono accecati dalla luce del giorno. Incontrai gli occhi verdi del giovane, così belli e così luminosi, una luce simile alla preoccupazione gli attraversò gli occhi ma venne immediatamente sostituita da un ghigno cinico, abbassai lo sguardo e notai che la sua mano stesse stringendo una siringa. Prima ancora di riuscire a formulare una frase questa forò la mie pelle provocandomi un lieve pizzicorio che si attenuò dopo pochi secondi.

«Buonanotte principessa.» Un secondo prima che il farmaco fece effetto diffondendosi nel mio corpo, notai una grossa scritta in led luminosa recitante motel, lampeggiava ad intermittenza ed in maniera discontinua, poi crollai in un sonno profondo accompagnata dalla sua risata.

***

Un leggero formicolio alle braccia mi obbligò a svegliarmi, avevo la bocca secca e con un sapore acre, causato dalla colla dello scotch. Solo quando cercai di sfregarmi gli occhi con le mani mi accorsi di essere costretta a causa, questa volta, di una corda, al letto. Mi guardai attorno, notando di essere sistemata in una normale camera da letto, adornata solo con il necessario. Era triste e scarna, quasi somigliante ad una stanza d'ospedale. Notai come le finestre fossero appositamente sigillate impedendomi la vista esterna.

«Fatemi uscire! Mi avete sentita? Cosa volete da me!» Urlai con tutta la voce che avevo in corpo; mi sentivo ancora leggermente indolenzita a causa del sedativo ma lentamente recuperavo la forza. La porta venne aperta rapidamente facendomi sobbalzare, una figura giovanile e slanciata si appoggiò con nonchalance allo stipite per poi avanzare verso il mio corpo legato al letto.

«Mi chiedevo quando ti saresti svegliata, principessa.» Ringhiai quando sentii quel nomignolo uscire dalla sua bocca, mi disgustava.

«Non provare ad avvicinarti o te ne pentirai.» Notai il suo sorriso sornione allargarsi maggiormente, cominciò a diminuire la distanza che ci separava fino ad arrivare ai piedi del letto a cui ero costretta.

«Devo ammettere che sei alquanto minacciosa con le mani legate ad un letto.» Ridacchiò per poi schioccare la lingua sul palato, appoggiò una mano sulla mia caviglia avvolgendola con le dita affusolate, subito la parte di epitelio a contatto con la sua mano divenne più calda; cercai di divincolarmi ma strinse più del necessario come ammonimento.
La sua pelle era più abbronzata della mia diafana, che risaltava maggiormente.

«Cosa volete da me?» Chiesi deglutendo, il suo sguardo non si staccò mai dal punto in cui i nostri corpi entravano in contatto, osservai i lividi violacei e giallognoli che ricoprivano la superficie delle mie gambe e mi chiesi se anche il mio viso e le mie braccia si trovassero nella medesima condizione.
Sentivo un dolore al basso ventre, dove il suo stivale si era connesso precedentemente al mio stomaco, e alla spalla, dovuto alla caduta dalle scale.

Finalmente il suo sguardo incontrò il mio, tremai quando mi osservò così attentamente negli occhi, quasi volesse entrarci.
Era lo sguardo che Harry aveva ogni volta che parlavamo, ma la situazione era nettamente peggiore, per cui, mi preoccupai.
«Non è affare che ti riguarda.»

Deglutii, i suoi occhi nascondevano un'oscurità a me familiare e pregai con tutto il cuore che i miei pensieri non fossero veri.
I modi di fare, l'atteggiamento sarcastico, distaccato, sempre ponderato in ogni azione, allo sguardo malizioso e freddo mi riconducevano sempre al riccio, sembravano molto simili ma al contempo completamente diversi.

«Voglio vederlo.» Asserii alzando il mento in gesto di sfida.
Una risata di gola mi fece gelare il sangue nelle vene, notai la sua maglietta tendersi quando gli vibrò il petto per la contrazione.

«Hai ancora il coraggio di fare la dura?» Si avvicinò fulmineamente al mio viso facendomi sbattere gli occhi per il movimento inaspettato.
Trattenni il respiro quando afferrò una ciocca dei miei capelli spettinati e la tirò leggermente verso di lui.
Passò delicatamente una mano sulla mia coscia alzando la superficie dei calzoncini a quadri, tutto il coraggio aveva abbandonato il mio corpo facendomi risultare docile e mansueta.

«Ora non sembri più la gattina, ma direi più un cagnolino impaurito.» Strinse la carne sotto la sua mano provocandomi un bruciore che mi portò a stringere i denti per non dargli la soddisfazione di chiedergli di smetterla.
Faceva male, dio se faceva male.

«Deve esserti sufficientemente chiaro il concetto,» si avvicinò ulteriormente appoggiando le sue labbra sopra il collo teso, dove lasciò incastonato un bacio quasi impercettibile. «non sei tu a condurre il gioco.»
Sbuffò un getto d'aria dove precedentemente aveva inumidito provocandomi la pelle d'oca.
Sorrise a contatto con la mia pelle senza però mostrare segni di volersi spostare.

La sua mano percorse lentamente la mia coscia portandomi, involontariamente, a serrare le gambe come per negargli qualsiasi altro movimento.
«Non sarà di certo questo, a fermarmi.» Tornò indietro fino a raggiungere il mio ginocchio dove appoggiò la mano quasi con fare fraterno.

«Ti ho portato un regalino,» Si alzò distanziando il suo corpo dal mio, cosa che mi fece tornare a respirare più tranquillamente di prima.
Estrasse dalla tasca un pezzo di stoffa, con del pizzo, e sgranai gli occhi quando riconobbi il paio di mutandine che aveva afferrato in casa mia. «non vedo l'ora di vedertele addosso.»

Le lanciò sul letto per poi schioccarmi l'ennesimo occhiolino, lasciò la stanza in silenzio mentre nella mia mente cominciarono a scorrere orribili immagini di quello che sarebbe potuto accadere.

A|N
Buongiorno, eccoci qui con il nuovo capitolo, spero vi piaccia.
Secondo voi, chi è il guidatore del Suv?
E cosa credete vogliano queste persone dalla povera Gwen?

Lasciate come al solito una stellina e un commento per farmi sapere la vostra opinione!

Baci stellari, Carolina
❤️

Emerald EyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora