Non credevo davvero che la mia vita potesse assumere una piega peggiore di questa, l'unica persona su cui avrei, in un altro frangente, contato per salvarmi la pelle era colui che mi aveva tradita, lasciando che venissi portata via proprio davanti ai suoi occhi impassibili. Non avevo neanche avuto la possibilità di chiarire con la mia cara e sorridente amica Beth, tanto meno con mio fratello Jackson, lui come avrebbe preso la colpevolezza del suo migliore amico Edward?
Mi alzai dal giaciglio scomposto e adornato a mo' di letto, mi avvicinai a qualunque cosa potesse permettermi di slegarmi da queste corde troppo strette, i polsi mi formicolavano ormai da troppo tempo costretti in tale posizione da queste, ma il solo tentativo di stracciarle con un piccolo chiodo uscente in maniera pericolosa dalla finestra si rivelò essere vano, anzi non fece altro che colorare lievemente la corda della sostanza scarlatta che usciva dalle ferite aperte e brucianti.
Mi sentivo un topo in trappola e, se prima un briciolo di speranza sembrava aleggiare nella mia testa, era stata cancellata nel medesimo instante in cui misi piede all'interno della tenuta dei Mavericks, poichè consapevole questi non avrebbero mai permesso che il loro ostaggio di guerra potesse scappare una seconda volta. Cominciai a prendere a calci qualsiasi cosa entrasse nella mia visuale, il sangue mi ribolliva nelle vene causandomi un aumento di adrenalina che prese a scorrermi lungo tutto il corpo infreddolito, urla di rabbia e frustrazione abbandonavano le mie labbra rosse di sangue mentre lacrime salate, per il nervoso, rigavano incessantemente le mie guance rosate per lo sforzo che stavo compiendo; scontrai più volte i pugni sul muro che si tinse inevitabilmente di magenta, incurante del dolore che tale azione mi stesse procurando.
Forse uccidersi era l'unico modo per uscire da quella situazione critica, così colpii la superficie ruvida determinante i confini della stanza con la testa, facendomela sanguinare, lacrime mischiate al sangue colavano dai miei lineamenti infrangendosi sulla maglia del riccio, rovinandola.
In quel momento non potei fare altro che maledire i miei genitori biologici, per avermi trascinata in tutto questo mondo malato, poichè se mi avessero tenuta al loro fianco avrebbero potuto proteggermi a dovere, mentre ora mi ritrovavo sepolta sottoterra chissà dove per colpe che non mi si addicevano e per placare la sete di sangue di maniaci assassini.
Improvvisamente la porta metallizzata venne spalancata causando un rumore sordo, Peter fece capolino nella stanza seguito da due uomini a me sconosciuti, la corporatura robusta e il loro abbigliamento mi ricordarono delle guardie del corpo, ma non mi soffermai più di tanto nell'analizzarli poichè la testa cominciò a pulsarmi dolorosamente causandomi una forte emicrania. Ciò non mi impedì di colpire nuovamente la superficie intonacata di bianco con le nocche ormai con l'epitelio spaccato.
«Fermatela!» Peter urlò sovrastando i miei singhiozzi, gli uomini non si fecero ripetere una seconda volta l'incarico che si precipitarono verso il mio corpo barcollante e sporco, mi afferrarono per le braccia allontanandomi dall'arma da me utilizzata per ferirmi, mi sollevarono da terra per impedirmi di muovermi, nonostante i miei tentativi, e raggiunsero colui che aveva impartito l'ordine, portandomi ad una spanna dal suo viso calmo e rilassato.
«Non bruciamo le tappe,» si avvicinò accarezzandomi la gota sporca di sangue, dove ci lasciò un casto bacio quasi fraterno. «ci sarà tempo per questo.» Dopodiché iniettò nel mio collo quello che supposi essere il medesimo sedativo utilizzato su di me la volta precedente, cominciai a sentire le forze abbandonare il mio corpo mentre insulti strascicati scivolavano fuori dalle mie labbra, prima che i miei occhi si rigirassero determinando il completo effetto del farmaco circolante nelle mie vene, sentii l'ultimo ordine del mio aguzzino: legatela al letto.
***
Un soffio di vento fece percorrere un brivido lunga tutta la spina dorsale, arricciai le dita dei piedi e scoprii, per mia fortuna, di non avere le gambe legate al letto, al contrario delle braccia. Provai ad alzarmi a sedere ma un forte dolore alle mani e alla testa mi fece stringere i denti, soffocai un lamento e abbandonai la mia intenzione.
«C'è una visita per te.» Alzai di scatto la viso provocandomi un giramento di testa che mi obbligò a serrare gli occhi, sperando che smettesse; intuendo la mia difficoltà Peter si avvicinò cautamente per sollevarmi a sedere. I suoi occhi accarezzarono per qualche secondo le ferite non cicatrizzate e i lividi violacei che si stagliavano lungo la superficie perlacea e pallida, quasi trasparente, del mio corpo. Tale attenzione mi infastidì, ma mi chiesi comunque cosa fosse passato nella testa di quel ragazzo problematico e crudele.
«Vi lascio soli.» Con questa frase abbandonò la sua postazione sorridendo malignamente e lasciando che un altro ragazzo prendesse il suo posto. Non appena i suoi occhi incontrarono i miei, il mio cuore perse un battito e i miei occhi si fecero umidi di lacrime. Per la prima volta lo vidi per quello che era, vidi quale fosse il suo posto e quale il mio, lui apparteneva al mondo di Peter, lui era esattamente come Peter.
«Gwendy.» Sussurrò avvicinandosi al mio corpo tumefatto di tagli e ferite, ancora fresche; che godesse di tale visione? Mi squadrò per tutta la mia altezza, soffermandosi in quei punti sporchi di liquido scarlatto. Mi chiesi come, persino in questo momento, lo trovai bellissimo e mi odiai per questo; degli skinny jeans neri fasciavano perfettamente le sue magnifiche gambe lunghe, una camicia leggermente sbottonata sul petto permetteva a chiunque lo guardasse di scorgere l'inizio dei suoi tatuaggi, mentre la solita giacca di pelle nere gli copriva le spalle larghe e possenti.
«Mi chiamo Gwendalyn, non Gwendy.» Gracchiai quando mi feci coraggio, strinse la mascella probabilmente adirato dalla mia risposta, ma non me ne importò. Indossavo ancora la sua maglietta ormai rovinata e sporca di sangue, e, se avessi potuto, gliel'avrei lanciata addosso, non avrei mai più voluto avere qualcosa che avesse potuto, anche solo con il pensiero, ricondurmi a quel mostro senza cuore.
«Cosa sei venuto a fare?» Sputai acidamente non volendogli mostrare quanto in realtà la sua sola presenza riuscisse a destabilizzarmi e farmi provare molteplici emozioni contrastanti, rendendomi debole.
«Per vedere te.» Fece un passo nella mia direzione facendomi accovacciare, nonostante le fitte dolorose, contro la testata del letto, a cui le mie braccia erano costrette, un lamento soffocato lasciò però involontariamente le mie labbra, evidenziando quanto in realtà tale azione mi costasse.
«Non osare avvicinarti,» ringhiai quasi sull'orlo di una crisi di pianto, volevo che se ne andasse il più lontano possibile, non volevo vederlo più, non dopo ciò che mi aveva e mi stava tuttora facendo. Non era soddisfatto? Il suo incarico era stato portato a termine. «ora che mi hai vista, sparisci da qui.» Leggevo l'ira nei suoi occhi ogniqualvolta gli mancassi di rispetto, ma improvvisamente sembrò calmarsi, anzi un'espressione addolorata si dipinse sul suo viso candido. Colmò la distanza tra i nostri corpi con due falcate e mi accarezzò dolcemente la guancia sfregiata, mi ritrassi al suo tocco caldo a contatto con la mia pelle fredda, un lieve bruciore si diffuse sulla superficie.
«Chi ti ha ridotta così?» Sussurrò quasi timidamente, la voce colma di preoccupazione e ansia, un sorriso triste curvò le mie labbra secche che, a tale movimento, si spaccarono maggiormente, lasciando che un sapore ferreo e metallico si diffuse all'interno della mia bocca, delle lacrime salate e colme di dolore scivolarono fuori dai miei occhi spenti, si infransero sulla sua mano liscia, che in risposta, le catturò asciugandomi la pelle.
«Tu.» Risposi perforandolo con il mio sguardo accusatorio e deluso, tale risposta sembrò turbarlo, poichè si ritrasse dal mio viso e si allontanò con le mani fra i capelli, si tirò le punte mentre un verso gutturale colmo di frustrazione abbandonò le sue labbra rosee e carnose, raggiunse la porta dove, prima di uscire, mi rivolse uno sguardo compassionevole e pieno di rimorso.
A|N
Buonasera a tutti, mi sono dimenticata di chiedervi come sono state le vostre vacanza natalizie! Cosa avete fatto per l'anno nuovo? Io ero a Firenze!
Ecco a voi un nuovo capitolo, cosa ne pensate? Credete che Harry si sia pentito? Che stia iniziando a provare qualcosa per la piccola Gwen? Oppure che il suo solito freddo e distaccato disinteresse sia ancora intatto? Fatemi sapere!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, vi chiedo gentilmente la solita stellina come feedback nel caso la risposta fosse affermativa e vi mando tanti bacioni!
love you all, Carolina.
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Emerald Eyes
Fanfiction"Molti di noi sono angeli caduti, ma alcuni sono nati all'inferno." Pronunciò la sua voce profonda, un piccolo ghigno comparse sulle sue labbra; e io sapevo che lui proveniva dall'inferno. #1 in mistero/thriller on 23.12.2016 #4 in fanfiction on 18...