Chapter 68

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Harry's pov

«Tomlinson, ragazzo mio, sono questi i modi di trattare una bella signorina?» Mi irrigidii sul posto quando la voce di Tom risuonò nel pub ora silenzioso, mi chiesi per quale motivo si fosse presentato di persona ad un tale evento, non essendo solito a farsi vedere in pubblico, soprattutto a questo genere di manifestazioni notturne. Louis si paralizzò all'udire la voce del suo capo, intimorito da ciò che sarebbe potuto succedere.

Non seguii la loro conversazione, anzi, non mi importava per niente, troppo concentrato sull'abbigliamento striminzito della ragazza, che avevo appositamente ignorato, e su ciò che Tom avrebbe potuto farle. Non riuscivo a capire dove volesse arrivare, tanto meno perchè si comportasse così educatamente e gentilmente agli occhi di Gwen; strinsi la mascella infuriato e timoroso, per quanto mi dolesse ammetterlo.

Mi riscossi dai miei pensieri quando notai la figura minuta della ragazza allontanarsi, seguendo le tracce di colui che le aveva rovinata la vita, seppure lei non ne fosse consapevole.
Avevo sentito il sangue ribollirmi nelle vene quando Louis le aveva riservato quelle maniere prepotenti e maleducate, e mi sentii ancora più colpevole e avvilito quando giunsi alla conclusione di non poter fare nulla per impedirlo. Non avrei mai dovuto permettere che la portassero via, non sotto al mio naso, non senza lottare per impedirlo.

Mi agitavo sulla sedia attirando l'attenzione dei miei amici, ma questi, conoscendomi, non osarono pronunciare una parola per domandarmi cosa diavolo mi fosse preso, nonostante si leggesse sui loro volti quanto si stessero trattenendo.
Cosa le stava dicendo Tom? Le stava facendo del male?
Mi sentii inutile ed una pura nullità in confronto a lui, in questo momento; l'avrei portata fuori di qui, ad ogni costo, non potevo permettermi di lasciarla in questo luogo contaminato, non una creatura così pura ed innocente.
Non seppi dare un nome a cioè che provavo, ma non mi piaceva, mi doleva il petto tormentandomi la notte, lasciandomi senza fiato.
Mi sentivo uno schifo, ecco qual era la verità, mi sentivo debole, perché lei era diventata il mio tallone d'Achille e nessuno doveva saperlo o sarebbe stata la mia rovina.

***

Erano passati ben 18 minuti da quando Gwen aveva fatto la sua uscita di scena dal piccolo pub allestito in maniera del tutto clandestina all'interno della mansione dei Maverick.
Sì, li avevo contati, secondo dopo secondo.

«Senti Styles, che cazzo ti prende? Alle tue ore dieci c'è una figa da paura che sta facendo di tutto per attirare la tua attenzione e tu che fai?» Niall, il ragazzo biondo che mi aveva aiutato ad evadere di prigione si sedette al mio fianco, nel nostro tavolo riservato, e mi rimproverò noncurante della ragazza appollaiata sulle sue ginocchia. «Stai qui tutto solo rivolgendo il tuo sguardo misterioso soltanto al tuo telefonino, qual è il tuo problema diamine!» Nel frattempo la giovane, con più pelle scoperta che coperta, prese a massaggiargli il ginocchio, e l'avrei trovato addirittura un gesto dolce e delicato se non fosse appartenuto alla bionda finta, conosciuta da tutti per i suoi servizi poco innocenti.

«Molto probabilmente ciò che sta attirando quella ragazza è proprio il mio carattere misterioso, non credi, amico mio?» Alzai le sopracciglia mentre un'espressione ironica e sarcastica si allargava sul mio volto stirato dalla rabbia e dal nervosismo. L'alcol mi stava rendendo ancora più ingestibile di ciò che fossi realtà.
Il biondo alzò lo spalle, consapevole che qualsiasi altra cosa avesse detto, non mi avrebbe fatto cambiare idea, tantomeno non mi avrebbe fatto infilare nelle mutande di quella rossa.
Dopo aver sussurrato qualcosa di sporco all'orecchio della sua accompagnatrice, causando la sua risata isterica, sparirono lungo il corridoio in penombra, lasciandomi poco all'immaginazione, d'altronde come qualsiasi altra cosa riguardante Ginevra.
Mi stravaccai sulla sedia bianca, sorseggiai la mia birra artigianale, una delle mie preferite, e mi guardai intorno con sguardo circostanziale e finsi totale indifferenza, seppure avessi lo sguardo annebbiato dalla settima birra che stava scorrendo giù per la mia gola.

«Ehilà bel maschione.» Voltai lentamente lo sguardo e, se solitamente un tale nomignolo avesse instaurato dentro di me orgoglio e compiacimento, in questo frangente mi provocò solo gran fastidio e tanta scocciatura.

«Cosa vuoi?» Chiesi senza curarmi di trattarla con riguardo o gentilezza.
Mi soffermai a guardarla, senza un vero interesse, notando quanto in realtà questa ragazza fosse volgare e disinibita.
Un tubino corto, rosso, le fasciava a mala pena il fondoschiena, lasciando, invece, il seno fuoriuscire prosperosamente dallo scollo profondo, un trucco esagerato e a dir poco innaturale le rovinava il viso, carino, invecchiandola di molti anni.
Un solo messaggio emergeva a caratteri cubitali dal suo atteggiamento: scopami come se non ci fosse un domani; e diciamocelo apertamente, sarei stato lieto di accontentarla in passato, ma ora mi faceva schifo e ribrezzo solo a guardarla.

«Voglio te.» Rise, pensando che ciò che avesse detto fosse esilarante, lo trovai semplicemente di cattivo gusto.
Sbuffai divertito dalla sua arroganza, scossi il capo quasi esasperato ed infastidito dalla sua stessa presenza.

«Non sono dell'umore.» Cercai di liquidarla alzandomi per allontanarmi da lei, ma imperterrita colse l'occasione per seguirmi e trascinarmi nei bagni, impresa che, nonostante il mio stato, sembrò costarle parecchia fatica.

«Lascia, allora, che ti faccia rilassare.» Mi sbottonò i pantaloni, abbassandoli fino alle caviglie, fece la stessa cosa anche con il mio intimo, per poi inginocchiarsi davanti a me.

«Lasciati andare.» Prese a baciarmi lentamente il pube; improvvisamente il suo volto volgare venne sostituito da quello casto e pulito della mia Gwen. Immaginai la sua bocca rosea baciare delicatamente il mio inguine, per poi dedicarsi alla mia lunghezza pulsante su cui   la sua lingua scorreva sensualmente; inutile dire che tutto ciò mi fece diventare di marmo.

«Bravo, ti è bastato poco.» Sorrise fiera di ciò che pensava esserne la causa; odiai come il suono insopportabile della sua voce irruppe il filo logico dei miei pensieri sporchi e lussuriosi sulla piccola Gwendalyn, così, sperando di zittirla, entrai voracemente nella sua bocca, desideroso di qualcosa che non avrei potuto ottenere.
La ragazza sussultò per l'improvvisa azione da me compiuta ma, soddisfatta, cominciò a pompare a ritmo sostenuto, accompagnata dalla mia mano contro i suoi capelli stretti in pugno.
Probabilmente fu il peggior pompino della mia vita, ma l'immagine continua della Moore in ginocchio, torreggiata e sottomessa da me, bastò per mandarmi in estasi completa.

«Ingoialo tutto.» La spinsi più in profondità obbligandola a compiere ciò che le avevo imposto senza poterle dare una scelta, gemetti più volte il nome della ragazza da me immaginata, causando il suo completo dissenso una volta ritornata alla mia altezza.

«Non mi chiamo Gwendalyn.» Un piccolo broncio si increspò sulle sue labbra ormai sbavate di rossetto rosso fuoco e mi spinse leggermente contro il muro.

«Lo so.» Uscì dal bagno lasciandola da sola, mentre ancora mi stavo allacciando la cintura. Sapevo dove fossi diretto, e mi chiesi se questa mia sicurezza fosse dovuta dal leggero stato inebriante dell'alcol o da qualche altro strano sentimento a me ancora sconosciuto.
Non ci pensai una seconda volta e, nonostante fossi stato richiamato più volte dalla voce dei miei amici, consapevoli di cosa avessi appena fatto nei bagni, non mi fermai e intrapresi la strada del corridoio scarsamente illuminato.

A|N

Buon pomeriggio a todos, con oggi ho ufficialmente finito la sessione, finalmente direte voi, ed avete totalmente ragione.
Non ho riletto il capitolo e sono più che sicura che sia pieno di errori di battitura, ma prometto di correggerli in questi giorni.

Cosa avete da dire sul comportamento poco innocente del nostro Harry?
Lasciatemi una stellina e un commento come feedback, alla prossima!

all the love, Carolina

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