Chapter 19

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Silenzio.

L'unica parola che il mio cervello riusciva ad elaborare durante quei secondi interminabili.
Harry mi afferrò saldamente la vita avvicinandomi al suo corpo che irradiava un calore avvolgente e, quasi, tranquillizzante.

Alzai lo sguardo per incrociare, o almeno speravo, i suoi occhi freddi e impassibili, ma non fu così.
In quel momento capii quanto potesse essere seria la situazione, niente poteva preoccupare il giovane ragazzo dagli occhi smeraldo, per cui mi domandai cosa gli stessa attraversando nella mente.
Mi aggrappai alla sua maglia cercando un appiglio per potermi reggere, non riuscendoci più soltanto con la forza delle mie gambe.

Avevo paura, e come se non bastasse, la mia mente tesseva piccoli film per nulla rassicuranti, peggiorando maggiormente la situazione già critica in sé.

«Harry?» Sussurrai flebilmente, pentendomene subito dopo quando si voltò nella mia direzione con un'espressione omicida dipinta in faccia.
Mi sorpresi quando quel suono fuoriuscì dalle mie labbra leggermente gonfie a causa dei piccoli morsi provocati dal nervosismo e dalla paura.
Era la prima volta, da quando lo avevo conosciuto, che lo chiamavo con il suo nome proprio e lo notò anche lui, poiché sembrava stupito e leggermente spaesato.

«Stai qui.» Immediatamente la sua espressione confusa venne sostituita da una risoluta ed impassibile, facendomi riacquistare un briciolo di razionalità.

«No, ho paura, non puoi lasciarmi qui.» Piagnucolai stringendo con maggior forza la sua maglietta, fino ad allargarla di qualche centimetro.

Mi avrebbe ucciso se fossimo stati in un'altra situazione, pensai.

Sbuffò clamorosamente per poi trascinarmi con lui, molto lentamente, nella stanza accanto.
Le mie mani tremavano per la paura e pensavo che il cuore mi sarebbe esploso da un momento all'altro.
Appoggiò la mano sulla maniglia della porta bianca, ma quando notò il fremito delle mie mani si fermò sul posto.

Puntò i suoi occhi nei miei facendomi aumentare maggiormente l'ansia già esistente e circolante nel mio corpo scosso e mi scrutò attentamente.

Calmo.

Calmo era il primo aggettivo che, in questo momento, gli avrei affibbiato.

Non mi disse nulla, ma quello che fece dopo mi stupì talmente tanto da non permettermi di formulare una frase sintatticamente corretta.

La sua grande mano afferrò una delle mie, avvolgendoci dolcemente le sue dita.
Lo fece con una tale delicatezza da scaldarmi il cuore e calmare per quei secondi l'ansia che mi divorava.

Entrammo nella stanza, lui seguito da me, e ci recammo verso la finestra; quello che vidi mi fece accapponare la pelle.

Il vetro della finestra, come avevo ipotizzato, era frantumato e sparpagliato sul pavimento in legno, mentre un sasso con attaccato un bigliettino stropicciato era atterrato sul tappeto grigio.
Ci avvicinammo ed Harry sollevò il pezzo di carta per leggerne il contenuto.

«Cosa significa?» Mi guardò con espressione arrabbiata e seria.
Gli tolsi il biglietto dalle mani per vedere a cosa si riferissi.

Tornartene a casa non ti farà stare più al sicuro, dolcezza.

Sgranai gli occhi e mi portai entrambe le mani sulla bocca, liberandomi dalla stretta di Harry, il quale si accorse solo ora di essere ancora incatenato a me.

«Allora?» Continuò incrociando le braccia al petto e avvicinandosi al mio corpo scosso; avevo le lacrime agli occhi e stavo facendo qualsiasi cosa pur di riuscire a trattenermi dal piangere davanti a lui.

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