Chapter 73

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Un eco assordante seguito da un tonfo quasi ovattato si diffuse tra le spesse ed umide mura di questo corridoio all'apparenza dimenticato, la pistola mi scivolò dalle mani cadendo a terra.

Sentii come una mano fredda lungo il mio corpo scosso, una sensazione mai provata, la testa mi pulsava violentemente e temetti volesse scoppiare da un momento all'altro. Sentii quasi la vita scivolarmi fuori dal corpo, nonostante la vita appena strappata non fosse la mia.

«Hai fatto ciò che dovevi.» Una voce fredda ma con una nota di compassione si fece spazio tra i miei pensieri. Avevo ucciso un uomo, ancora.

Non avevo desiderato altro da quando avevo messo piede la prima volta nella tenuta, eppure perchè non ne ero felice? Perchè mi sentivo colpevole e sporca?

«Gwendalyn.» Harry si alzò da terra, pulendosi velocemente i jeans neri impolverati, e si avvicinò cautamente a me.

«Gwen,» fece passare le dita lentamente lungo le mie braccia, poi accostò delicatamente le mani sulle mie guance arrossate e bagnate da piccole gocce salate che non mi ero accorta di aver versato, seppure fosse davanti a me, il mio sguardo era fisso sul corpo immerso in una pozza di sangue scarlatto. «Gwen, non è colpa tua, non sei un'assassina.» Alzai di scatto gli occhi, intrappolati ora nei suoi. Le sue parole così simili a quelle che mi destinò per rassicurarmi quando sparai al nostro inseguitore, e sapevo l'avesse detto appositamente per ricordarmi di tale episodio. Riportati lo sguardo assente su Peter, riverso a terra, inerme e privo di vita, quasi esangue.

«Non guardarlo,» si frappose fra l'immagine macabra e la mia visuale, impedendomi di distogliere lo sguardo da lui. «non farlo, per favore.» Mi accarezzava dolcemente il viso quasi avesse paura potessi rompermi in mille pezzi solo con il suo tocco vellutato e premuroso; lo apprezzai, apprezzai tanta delicatezza.

«Andiamo? Non abbiamo molto tempo,» cercò di ricomporsi, ma senza abbandonare la dolcezza che in questo momento lo caratterizzava; cercai di imprimerlo nella mente. Annuii distrattamente, fissando i miei occhi da cerbiatto nei suoi preoccupati; incrociò le sue dita affusolate nelle mie piccole e tremanti per poi cominciare a correre lungo il corridoio scarsamente illuminato. Sentivo l'adrenalina pomparmi il cuore e distribuirsi in tutto il corpo palpitante; stringevo forte la sua mano come una bambina timorosa di perdere la presa con sua mamma.

Arrivammo ad una porta metallica incastonata nel muro grigio, appoggiò il pollice su un piccolo schermo digitale destinato alla lettura delle impronte digitali. Non appena un forte rumore metallico si propagò nel sotterraneo, indicante l'apertura della nostra via d'uscita, ci immergemmo in un corridoio ancora più buio e scarno del precedente, rimasi colpita da tale disattenzione, ricordando con quanto gusto e riguardo fosse stata arredata la mansione ai piani superiori. Molto probabilmente il seminterrato era un reparto destinato alle torture dei loro ostaggi e questi supposi non fossero degni della sfarzosità e del lusso caratterizzante le stanze principali.

«Da questa parte, siamo quasi arrivati.» Mi riscossi dai miei pensieri quando riprese a trascinarmi, i piedi mi dolevano e non mi stupii se, una volta al sicuro, ci avessi trovato dei tagli sulla pianta nuda e ormai sporca. «E' un'uscita di emergenza, quasi mai controllata dato che solo noi ne siamo a conoscenza, ma per precauzione,» in una frazione di secondo mi afferrò per le braccia portandomele dietro alla schiena, un fitta di dolore mi elettrizzò tutto il corpo quando sentii un bracciale metallico avvolgermi i polsi lacerati e infiammati. Mi calò un sacco nero sopra alla testa mandandomi completamente nel panico. «sta' ferma,» sibilò a denti stretti immobilizzandomi tra le sue braccia muscolose. «non mi importa se non ti fidi, ma se non vuoi tornare là dentro, ti conviene stare zitta per non attirare l'attenzione degli uomini di Tom.» Mi sussurrò contro l'orecchio coperto dal tessuto nero asfissiante; mi immobilizzai contro il suo petto a quelle parole, nonostante il mio cuore stesse correndo all'impazzata contro il mio sterno.

Non appena notò il mio cambiamento mi afferrò per il braccio trascinandomi rudemente fino all'uscita, dove si fermò.

«Styles, come mai da queste parti?» Una voce roca e graffiante, probabilmente di un fumatore, mi fece agitare, ma ogni singolo movimento venne stroncato sul nascere quando Harry, consapevole di cosa stessi cercando di fare, mi strinse con più forza il braccio, conficcando le dita lunghe nella pelle.

«Devo disfarmi di questo, sai,» una risata cinica e divertita fece vibrare il corpo del riccio prima di proseguire con il suo monologo. «non è più utile per i nostri scopi.» L'uomo, che supposi più vecchio del ragazzo, scoppiò a ridere a causa della risposta di Harry, il quale fece per andarsene e proseguire per la nostra scappatoia. Sperai si trattasse davvero di quello.

«Ragazzo,» dei passi scattanti e veloci si avvicinarono nuovamente alle nostre figure impazienti e mi immaginai il solito cipiglio imbronciato sul viso del giovane. «prima di sbarazzarti di lei, potrei farmici un giro.» Una mano callosa si avvolse intorno al mio collo portandomi più vicino al volto dello sconosciuto, ma ciò mi permise di sentire la sua fetida puzza di alcool e tabacco; deglutii nervosamente impaurita da ciò che mi sarebbe successo se fossi capitata tra le sue luride mani.

«Mi dispiace Mark, ma è il mio turno.» L'uomo, che appurai si chiamasse Mark, rilasciò la mano e, quasi come avesse percepito una lieve minaccia nel tono del riccio, si allontanò salutandolo. Allora non solo a me faceva quest'effetto, pensai accostandomi al riccio cercando un conforto che non arrivò. Dopo una quindicina di minuti, in cui nessuno dei due proferì parola, giungemmo ad una macchina, e lo intuii dal click rumoroso che sbloccò l'apertura delle portiere della vettura.

«Mi dispiace.» Furono le uniche parole che sentii pronunciare a fior di labbra da Harry quando le sue braccia mi sollevarono di peso per mettermi in quello che supposi essere il bagagliaio della macchina. Mi tolse il sacco dalla testa obbligandomi a socchiudere gli occhi per abituarmi alla luce. Il panico prese possesso del mio corpo quando il portellone venne chiuso facendomi spaventare a causa della forza utilizzata, il cuore riprese a galoppare mentre goccioline di sudore scendevano dalle mie tempie fino ad infrangersi alla base di ciò che rimaneva del collo della camicetta. L'odore del ragazzo, cannella, invase i miei sensi e per questo intuii di trovarmi nel bagagliaio spazioso della sua Range Rover.

Mi dispiace? Cosa significava? Mi aveva tradita, di nuovo? Troppe domande si fecero spazio nella mia mente incasinata e confusa, ma si acquietarono non appena sentii le ruote cominciare a girare.

L'unico ricordo che balenò nei miei pensieri furono gli occhi del riccio, freddi e lampeggianti, che incrociai appena prima di sprofondare nuovamente nell'oscurità , non più provocata dal sacco nero, ma dal bagagliaio della sua macchina.

A|N

Ecco a voi un nuovo capitolo, spero vi piaccia! Fatemi sapere nei commenti e lasciatemi una stellina!

Buon pomeriggio a tutti!

all the love, Carolina.

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