18 - Gridare

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Guardavo Giotto mangiare, sorrisi tra me e me. Io avevo preferito digiunare, piuttosto che togliermi il sapore di Zeno dalle labbra.
La notte aveva continuato a scorrere veloce, avevo ormai superato le tre, ma non avevo ancora sonno. Non dopo quel bacio di poche ore prima, non dopo aver rischiato di sentire il cuore stritolato. Sicuramente non dopo quella scarica di adrenalina.
Mi tremavano ancora le mani, ero scossa da fremiti ed avevo freddo, ma era tutto meraviglioso. Lui era meraviglioso, quel sapore che ancora saggiavo sulle labbra era meraviglioso.

Temevo di svegliarmi da un sogno e ritrovarmi a fare a pugni con una realtà diversa da quel bacio.

Feci qualche passo verso il mio diario, lo afferrai e mi lasciai cadere sul letto. Stappai la penna con i denti e scrissi a caratteri cubitali: "ZENO MI HA BACIATA". Ci aggiunsi un cuoricino su un lato e lo colorai con l'inchiostro.

Potevo reputarmi soddisfatta.

Sentii un tonfo, alzai un sopracciglio in direzione della finestra.
Ed ora che c'è?

Una testa coperta da fitti capelli neri si affacciò dal basso: «Ehilà!». Scattai indietro scalciando con i piedi e cadendo dal materasso. Era quel tipo, il tizio di quella notte, quello che mi era entrato dentro casa e si era messo a litigare con Giotto. 

Si aggrappò al danzale e si tirò su. Rimase appollaiato lì a guardarmi, Giotto era ancora accanto alla ciotola, ma non appena lo vide gli soffiò.
Il ragazzo sorrise: «Oh, eccoti, gattone. Vieni qui, fatti prendere». Balzò sul terreno e si fiondò sul felino, questo prese a correre in giro per la stanza.
 Volevo dirgli di lasciarlo stare, d'andarsene, imprecare, ma non trovavo la voce.
Ero terrorizzata, il cuore sembrava volermi uscire dal petto ed io ero preda dei tremori. 

Speravo che, l'episodio vissuto quella notte, non fosse stato altro che un sogno, frutto della mia immaginazione, confusione. Troppe cose impossibili mi stavano accadendo, avrei accettato un barbone come ospite per una notte.

Ma non ancora, non di nuovo.

«E fermati un attimo! Io e te abbiamo un conto in sospeso!». Non sapevo cosa fare. Giotto miagolava indignato, sapevo che non gli faceva bene agitarsi così tanto, era troppo vecchio per queste schermaglie.

Il ragazzo, per quanto la sua presenza scomoda ed estranea mi spaventasse, iniziava a sembrarmi vagamente ridicolo.
Aveva movenze disarticolate, un'espressione che rappresentava la sua foga, mescolata ad un sorriso ampio.

Non smisi di tremare, ma, l'assurdità del suo comportamento, mi diede un briciolo di coraggio in più. Forse, era affrontabile, forse, sarei potuta scendere a conti con il barbone psicotico che mi girava per la stanza come un ciclone.
Nel panico totale strinsi con più foga il mio diario e lo tirai addosso all'ospite indesiderato.
Ovviamente lo mancai, ma il gesto fu abbastanza avventato da attirare la sua attenzione. Si fermò e mi fulminò con lo sguardo: «Che vuoi?».
Che vuoi tu!

«Voglio strigliare questo stupido gatto. Andavo di fretta l'altra volta, ma nessuno mi tira una zampata! Non a me! Nonha idea del guaio in cui si è cacciato!».
Vattene!

Ero sul punto di scoppiare a piangere istericamente. 

Il coraggio che avevo trovato, iniziava a svanire.
«Me ne vado quando vorrò andarmene, d'accordo?!». 

Mi resi conto solo in quell'istante di come lui stesse rispondendo a delle affermazioni che non avevo mai posto, ma solamente pensato. Spalancai gli occhi ed indietreggiai ulteriormente. 
La paura fece spazio allo stupore.
Cosa?

«Senti, non fare quella faccia. Sei sbiancata di almeno due tonalità di fondotinta».

Qualcuno suonò al citofono. Un suono singhiozzante e che puzzava di disuso fece sobbalzare tutti i presenti, Giotto compreso.
Il ragazzo si zittì. Parve trapassare i muri con lo sguardo e poi aggrottò la fronte: «Male, male». Voltai la testa. Chi poteva essere? Era tardi anche per  gli scherzi.

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora