55 - Vincere

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Mi guardai attorno agitata, non vedevo alcuno sprazzo di bianco: <<Dove? Che devo fare?>>.
Poggiò una mano sulla mia schiena e mi spinse leggermente in avanti: <<Vagli incontro, con lui troverai Nathan. Cammina, prosegui. Vai avanti, io mi fermo qui>>.

Tremavo leggermente, consapevole di starmi avvicinando a quell'addio rimandato solo per poco: <<Non puoi accompagnarmi?>>.
Scosse la testa: <<Scendi le scale, segui la folla, troverai il resto>>.

<<Io...>>: avevo paura, avevo ancora tante cose da chiederle. Avevo i pezzi del puzzle, ma il processo per metterli assieme era difficile.
<<Vai, non c'è più tempo per le chiacchiere>>.

Scesi il primo gradino, evitando il caos e i dannati che sgomitavano per andare ad ammazzarsi.

Daffodil sorrideva, una lacrima dorata era in bilico sui suoi occhi: <<Non avere paura>>.
Le risposi con una smorfia: <<Stai chiedendo troppo>>.

Guardai un'ultima volta il corridoio dei dormitori, dal quale continuavano ad essere fagocitati soldati, fantocci fatti di illusioni e stoffa senza colori. Lentamente anche quello scenario si andava sgretolando, divorato dal buio, dalla consapevolezza della sua irrealtà.
Quel mondo si stava distruggendo ed io dovevo scendere le scale.

Ancora un ultimo sguardo a Daffodil e tornai concentrata sui gradini.

Mi voltai, pronta a non farlo mai più e, come Orfeo che usciva dall'Inferno, iniziai a camminare verso la mia fine, verso il mio inizio, verso l'uscita. Non mi sarei voltata per la mia Euridice, non era alle mie spalle, Nathan era da qualche parte dritto davanti a me: non avrei mai più distolto lo sguardo dalla mia stella polare.

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Mentre proseguivo pensavo e mentre pensavo cercavo di estromettere il frastuono attorno a me. Mi sentivo invisibile tra quella folla scalmanata ed allarmata. Mi ignoravano, per la prima volta quella realtà sembrava non toccarmi, non colpirmi, non prendermi a pugni, darmi per un attimo pace.
La stavo abbandonando per tornare in un mondo a suo modo gemello: quell'istante di calma era il suo regalo di "A mai più rivederci".
Quello scenario era stato solo un promemoria, un post-it all'angolo della mia mente che mi aveva detto: "Fuori dai sogni, fuori dal coma, fuori dalle difese di Nathan, la vita è così, sopravvivere è così".

La normalità è una sfida continua, un susseguirsi di prove, di test, alcuni tanto difficili da arrivare a deviarti.
Quante anime realmente spezzate avevo incontrato senza accorgermene, distrutte da quella cappa soffocante che è e sarà sempre la vita vera. Una dimensione dove piangere è l'unica consolazione concessa, non come la pazzia, non come quel sorriso ambiguo e falso che nasce all'uscita dalla sanità mentale, che nasconde il pianto con una maschera.
La Follia mente sempre. È in grado di nascondere il dolore, le ferite, arrivando a cancellarle, eliminarle dai ricordi. Non come la Ragione, non come il Tartaro, dove ogni graffio resta e marcisce, dove il tempo non ripara, ma lascia cicatrici, rattoppi su una pelle già di per sé martoriata.

Un singolo errore non viene perdonato, la meritocrazia non esiste, una società fatta di soprusi e pugni, dove nessuno ti avverte prima di colpirti: chi resta indietro è perduto, sempre.

A riflettere, in apparenza, nessuno riuscirebbe a sopportare una simile realtà, chi non avrebbe ceduto come ero stata vicina a fare io? Chi non avrebbe accettato il patto con Ryan? Di fronte a quel mondo che stavo lasciando e a quello nel quale stavo tornando, a quel dolore senza morfina, a tali ferite costantemente aperte, chi non avrebbe voluto mollare tutto?

A parlarne ora, a distanza di anni, mi viene spontaneo affermare come la forza delle persone stia proprio nel non fermarsi a riflettere, nel continuare a camminare, a scendere le scale, verso il basso o verso l'alto.
Si diventa degni della normalità quando l'eccezionalità e l'impossibilità diventa abitudine, quando tutti convivono con quella realtà dalla quale avevo provato io stessa a scappare.
Per i più deboli, per quelli come me, per chi non riesce a resistere, ci sono le vie di fuga, quelle che in apparenza sembrano innocue, ma che in realtà ci avvicinano poco a poco alla Follia: quel defibrillatore, la dipendenza che mi diede, fu il primo passo verso la mano bianca di Ryan che mi prese e tirò via.

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora