Troppo silenzio. C'era troppo silenzio.
Ero stesa sul materasso e fissavo il soffitto sfumato dall'oscurità.
Silenzio.
Nulla smuoveva quella cupola di aria rarefatta, non un battito di cuore, non un respiro, non uno scricchiolio. Non riuscivo a tollerare una simile situazione, una tale sensazione d'oppressione, era come se qualcosa mi spingesse instancabilmentesul petto.
Interruppi l'apnea e mi consolai con il suono vuoto di un sospiro privo di soddisfazione, privo di pienezza. Provai ad usarlo per scandire il tempo.Respira, inspira.
Respira, inspira.
Respira, inspira.Nulla avrebbe sostituito l'ultimo rumore che avevo sentito della mia vita, il ticchettio del mio orologio e poi il nulla.
Provai a chiudere gli occhi, non avevo sonno, avevo paura di non svegliarmi più.
Silenzio. Silenzio. Silenzio.
Gridai a squarciagola senza pensarci, volevo solo che quella sensazione di soffocamento terminasse. Quando terminai tornai a guardare il soffitto, nulla era cambiato.Dormi.
Sentii dire da Nathan nella mia testa. Gli risposi:
Non riesco, troppo silenzio.Apri la porta che porta alla mia stanza, buonanotte, riposati.
Svanì. Mi alzai e mi diressi verso il punto indicato. Afferrai la maniglia e la tirai.
Ai miei piedi trovai uno stereo. Lo sollevai e lo rimirai mentre tornavo nel letto, non aveva alcuna spina, che fosse come la lampada?
Lo posai accanto a me e mi stesi di nuovo. Una delicata melodia di pianoforte sfumò nella stanza, occupando tutto lo spazio consumato dal silenzio. Le note presero a danzare tra di loro, le mie palpebre ad abbassarsi; ritornai a respirare con tranquillità; mi dimenticai del vuoto nel mio petto; il mio cuore fermo non fu più un problema. Grazie Nathan.
Lentamente scivolai nel buio.Tic, toc.
Tic, toc.
Tic, toc.
Tic, toc.Sentivo qualcosa.
Tic, toc.
Era il mio orologio.
Tic, toc.
Era lì, da qualche parte, ma non vedevo nulla, non riuscivo a muovermi. Sentivo un intenso odore aspro riempirmi le narici, era sangue. Sentivo freddo.
Rumore di passi.Tic, toc.
<<Il ragazzo è andato>>. Qualche borbottio: <<Fai salire il medico legale per dichiarare il decesso. Non deve entrare nessun altro, mi raccomando>>.
Dei passi più vicini: <<E lei?>>. Una pausa: <<Lei credo stia ancora respirando>>. Qualcuno mi toccò, non capii dove, era un contatto tremendamente lontano. <<Ma insomma, questo medico? La ragazza dovrebbe essere ancora viva>>. Venni scossa: <<Presto, portatela sull'ambulanza>>.Tic, toc.
Spalancai gli occhi e mi sollevai. Mi guardai attorno cercando di mantenere la calma. Ancora viva, ancora viva, ancora viva. Mi trovavo nella mia camera, nel Tartaro. Solo un sogno, solo un sogno, solo un sogno.
Eppure quella frase continua a vorticarmi nella testa: "La ragazza dovrebbe essere ancora viva".
Lo stereo riproduceva ancora melodie di pianoforte, mi concentrai su queste, sperando che il loro ordine rimettessero in riga i miei pensieri caotici.Qualcuno bussò alla porta: <<Aurora, muoviti, è l'ora del test>>. Era Trevor, mi riscossi e mi guardai attorno ancora una volta. Scesi velocemente dal letto, sollevando leggermente la camicia da notte nera e corsi a piedi nudi verso l'uscita. La spalancai e cercai il contatto visivo dell'uomo, questo era perplesso: <<Hai fatto presto, sono sorpreso>>.
Dietro di lui c'erano di nuovo i superstiti della riunione del giorno precedente, sembravano stanchi: probabilmente non erano stati equipaggiati di uno speciale stereo anti silenzio opprimente. Buon per me.
<<Sono viva?>>: chiesi, stravolta e con le lacrime agli occhi.
Forse Trevor si intristì, ma fu molto bravo a non farlo notare: <<No, Aurora. Sei morta, siamo tutti morti>>.
"La ragazza dovrebbe essere ancora viva".
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Nota autrice: Perdonatemi il capitolo corto, ma era un pezzo importante che non poteva mescolarsi con altre cose.
Spero sia stato di vostro gradimento e ZA ZA ZAAAAAAAAN! Così, ci stava bene.
Un abbraccione :*
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Aurora - Silenzio e Voce [Completa]
FantasyAurora ha perso la sua voce. Qualcuno, un volto che fa fatica sia a ricordare che dimenticare, le ha strappato per sempre la capacità di parlare. Mutismo selettivo: un blocco psicologico che le impedisce di esprimersi. La sua vita si accartoccia su...