48 - Trattare

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Esattamente dal nulla, apparve una mano. La sua pelle era talmente pallida da risultare abbagliante in quell'oscurità.

Mi afferrò per un polso e venni tirata in avanti. I miei piedi persero la presa dal terreno ed io svenni.

Sarebbe prevedibile dire che "divenne tutto nero", vorrei poterlo descrivere così, quel salto nell'incoscienza, ma in realtà precipitai nel bianco.

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Le palpebre chiuse tremolavano, infastidite da qualcosa.
Arricciai il naso e mossi le dita. Sentivo qualcosa di incredibilmente soffice sotto di me.
Aprii gli occhi con cautela. Troppa luce, c'era troppa luce.
Mi ritrovai a fissare le cime di alcuni alberi, fischi di uccellini risuonavano in giro: non c'era spazio per il Silenzio. Mi chiesi se ce ne sarebbe stato per me. 

Le fronde delle piante frusciavano ed io provai un'immensa sensazione di benessere, sebbene fosse ancora faticoso sopportare la luce.

Avevo passato troppo tempo nel buio del Tartaro.
Sorrisi.

Quei colori così brillanti mi avevano talmente distratta, da avermi portata a dimenticare tutto il resto.

Scattai a sedere: ero sdraiata a terra, accanto avevo un ingombrante letto a baldacchino.

Non mi trovavo su un prato, ma su una distesa di moquette bianca, soffice e spumosa. Ero chiusa in una stanza spaziosa, brillante nel suo unico colore, quel folgorante bianco. Il soffitto era fatto di vetro, per questo vedevo gli alberi; ed una finestra aperta su una delle candide pareti mi permetteva di sentire il canto degli uccelli.

Poteva essere tranquillamente il Paradiso.

Accarezzai ancora la moquette e mi rotolai sul pavimento ridendo. Morbidezza, come mi era mancato un tocco gentile sulla pelle.

Mi fermai quando mi resi conto che la stavo macchiando.

Avevo le mani e gli abiti neri sporchi di sangue. Alla vista di quel cremisi rabbrividii, venni strappata via da quello stato di euforia e calma nella quale mi stavo impantanando. 

<<Puoi anche riposarti sul letto, il pavimento serve per camminarci>>.

Mi voltai di scatto e sobbalzai. Al centro della stanza, dove prima non c'era nulla e nessuno, ora presenziava Ryan.
I suoi occhi violacei mi scrutavano, sorrideva appena ed era impeccabile nella sua tenuta immacolata.

Mi ritrovai imbarazzata, iniziavo a sentire già i sensi di colpa nell'aver ceduto, nell'aver desiderato lasciare il Tartaro.

Ma dopotutto non ci si era mai aspettato nulla di più da me, anche Ryan lo aveva detto: sarei stata io a cercarlo. Probabilmente neppure la Morte ne sarebbe rimasta sorpresa: tutto si era impegnato a farmi fallire. Un uno contro tutti era troppo per me.

Mi alzai con impaccio, staccandomi a malincuore dalla moquette e provai ad avvicinarmi a lui. Al ricordo della sua presa su di me e della sua lingua serpentina, però, titubai.

Era stata davvero una buona idea, la mia?

Tossicchiai, pensando a cosa dire. Era ancora lì impalato, rilassato, consapevole d'averla avuta vinta. Ma si sbagliava.

Ripensai al corpo contorto di Trevor, allo scricchiolio del suo collo ed ai miei pensieri zeppi di pece. Non potevo restare nel Tartaro, sarei solamente peggiorata, avrei fatto del male a molte altre persone.

Il mio tutor non lo aveva meritato, Hideki probabilmente sì, ma non era quello il punto.

<<Benvenuta nel Purgatorio, Aurora>>: sviolinò languido.

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora