53 - Litigare

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<<Nathan!>>: gridai spalancando gli occhi.
Allargai le braccia per cercarlo, per afferrarlo, per stringerlo a me e non lasciarlo mai più.
<<Nathan!>>. Le mie mani lo trovarono subito, toccai la sua pelle, la strinsi e sgranai gli occhi.
Boccheggiai ancora: <<Nathan>>.

Era lì, steso ad un soffio da me, vestito solo dalle coperte, come d'altronde lo ero io. Mi fissava cupo, le labbra distese in una smorfia triste: <<Ahi, mi fai male>>.
Non mollai la presa, lacrime di disperazione iniziarono a scavarmi sulle guance: <<Non voglio andare, non voglio! Tienimi con te, ti scongiuro. Mi vogliono portare via, non permetterglielo, ti prego. Nathan, ti prego!>>.

Scuotevo la testa e lo tiravo, tiravo quel braccio che fino a poco fa era incastrato attorno al mio corpo. Lui era impassibile, come cristallizzato in quell'espressione. Non rispondeva, non si muoveva, temetti di star di nuovo perdendo il contatto con quel luogo.
Singhiozzai e mi gettai su di lui stringendolo con tutta la forza che mi era rimasta: <<Ti prego!>>.

Lo scuotevo e colpivo nel tentativo di provocargli una qualche reazione.
Il suo tono di voce era piatto, tentava vanamente di tranquillizzarmi, ma qualcuno avrebbe dovuto farlo prima con lui. Sentivo il richiamo dei singhiozzi che avrebbero voluto scuoterlo al posto delle mie mani: <<Tranquilla, stai tranquilla>>.
Mi strinse a sé, mi accarezzò i capelli e mi sentii come un condannato a morte tra le braccia di un ultimo addio.

Ero confusa, totalmente nel panico.

<<Stai tranquilla, lascia fare ai medici, rilassati>>.
Gridai: <<No!>>.
Sollevai il viso per guardarlo, lui spostò la sua presa e mi afferrò con più decisione: <<Aurora, per favore, è già difficile così, perché non provi a collaborare? È l'unica scelta giusta, ti ho tenuta con me per tutto questo tempo nel tentativo di proteggerti in previsione di questo momento, non rendere i miei sforzi totalmente vani>>.
Lacrime dorate iniziarono a scendergli dagli occhi scuri, io gli conficcai le unghie nella carne: <<Devi svegliarti, non puoi opporre resistenza>>.
Urlai ancora a squarciagola: <<Ho detto di no!>>.

Non capivo cosa stesse accadendo, se non che stava provando a scacciarmi, di nuovo.
Continuavo a pregarlo di fermare tutto, di trattenermi, mentre sentivo ancora qualcosa tirarmi da qualche altra e troppo lontana parte: opponevo resistenza, con i denti, con i pugni, gridando e supplicando.

Lui provavo ad ignorarmi, mi stringeva e basta, non mi rispondeva se non a sprazzi.

Sembrava stesse aspettando che cedessi, che mi lasciassi portar via, non provava a far nulla di diverso dal guadagnare tempo guardandomi per brevi attimi e tornando poi concentrato sulla sua tappezzeria. 
Io gridavo disperata e terrorizzata.

<<Non devi avere paura, riuscirai a cavartela. Te lo prometto, ci riuscirai>>.
Non stava migliorando la situazione, ma era troppo impegnato a non farsi strascinare dalle mie suppliche per accorgersene.

Mi scostai tenendo gli occhi spalancati e mi alzai da terra, cercando di mettere quanto più terreno tra noi due.
Andai a sbattere contro una parete: <<No!>>.
Continuai a ripeterlo mentre lui si sollevava con fatica e mi seguiva: <<No! No! NO!>>.

Mi afferrò i polsi, provai a liberarmi, ma mi tenne ferma: <<Non c'è bisogno d'aver paura, lasciati andare>>.

Sembrava stessi davvero per morire e, per un certo verso, probabilmente era vero.

<<Dimmi che se mi sveglierò tu starai ugualmente con me, che mi verrai a trovare, che entrerai dalla mia finestra, litigherai con Giotto, mi porterai una pistola come regalo, ci metteremo a litigare per qualsiasi cosa. Dimmi questo, dimmi che non ti perderò, dimmi che resterai sempre con me>>.
Il suo sguardo si fece più tremolante.
<<Dimmi questo ed io mi risveglierò>>.

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora