77 [I Parte] - Terminare

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Nota autrice: Ho dovuto dividere il capitolo 77 in due parti, perché era davvero obeso!
Pubblicherò la seconda parte tra due giorni. È già pronto, ma vorrei evitare di intasarvi di notifiche.

Da adesso si inizia a lavorare all'epilogo!

E dedico questo capitolo a giusyana86 perché so che lei è una grande romanticona <3 e anche per ringraziarla d'essere arrivata ad un passo dal finale, quando a leggere questa storia non ci doveva proprio stare! Per una storia che non vi sto a raccontare ha avuto una pazienza infinita nello starmi dietro D:
Grazie! :3

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Quando andai via dalla REMS, percepii il bivio nel quale mi stavo gettando.
Mi immobilizzai sul limite dell'uscita: da un lato avevo ancora il corridoio e le sue porte, dall'altro scorgevo Daniele intento ad aspettarmi, tra le mani stringeva un mazzo di rose bianche. Avevo rivalutato quel colore, nell'ultimo anno passato.

Gaeli era al mio fianco, distratto, mentre scriveva qualcosa sullo smartphone; un infermiere mi controllava con sguardo perplesso, mentre tentennavo nel fare un altro passo, l'ultimo, che mi avrebbe portata fuori di lì.

Mi voltai verso Lorenzo, rimasto nel corridoio. Sorrideva con garbo, tenendo le mani nelle tasche della felpa.
Lasciai cadere a terra lo zainetto che tenevo sulle spalle, mi chinai attirando l'attenzione di Gaeli e iniziai a frugarvici. Dentro c'erano pochi abiti, un paio di taccuini, piccoli oggetti senza valore materiale che avevo raccolto durante gli anni trascorsi nella struttura.

Ci impiegai qualche minuto, ma, in quella bolgia di memorie senza prezzo, trovai la clessidra azzurra, quella che mi aveva regalato il cleptomane il giorno del mio ventottesimo compleanno.
Avevo ormai superato i trenta, ma avevo atteso con angoscia il momento in cui gliel'avrei resa.

Sentivo il suo sguardo curioso su di me, mentre gliela porgevo e mi affrettavo a scribacchiare qualcosa sul taccuino.
"Tienila tu".

Rimase a fissarla, i suoi occhi si appannarono improvvisamente di un velo di tristezza, lo stesso che ormai persisteva sulle sue iridi cerulee, lo stesso che aveva iniziato a spadroneggiare quando c'eravamo resi conto entrambi di come Serena non sarebbe mai più tornata.

<<Era un regalo per te>>.

Eppure non accennò a rendermela, stringendola con forza, i muscoli nervosi e preda del loro più grande vizio, quello d'afferrare e non lasciare andare mai.

Sospirai e cercai di sorridere, mentre grosse lacrime minacciavano di gettarsi sul mio viso.
"È il tuo turno di tenere conto del tempo. Non sprecarne ancora".

Capì cosa stavo cercando di dirgli, perché roteò l'oggetto, dando modo alla sabbia di fluire limpida verso il basso.
Doveva terminare quell'attesa, doveva imparare a lasciare andar via.
Non disse nulla.

Ci fissammo in silenzio per qualche minuto, ancora aleggiava il lutto per quella promessa che la ninfomane non aveva mantenuto.
Le nostre speranze, durante tutto quel tempo, erano state di vederla tornare, di sentirci chiamare dalle infermiere nella sala degli incontri.
Io ero stata spesso condotta lì, Daniele mi aveva sempre aspettata fremendo seduto ad un tavolino circolare, ma nessuno era mai venuto per Lorenzo.

Serena era semplicemente scomparsa: gli aveva lasciato sulle labbra l'amarezza di quel bacio, lo aveva abbandonato nel limbo di quell'attesa infinita e lo aveva condannato a vivere del suo ricordo.

Doveva arrendersi, come avevo fatto io.

Gli voltai un'ultima volta le spalle e camminai via da lì, spingendomi con tristezza tra le braccia del mio schizofrenico, ignorando i fiori e il suo sorriso. Lo strinsi alla ricerca di un conforto che arrivò presto, singhiozzando in silenzio per la gioia, per il dolore, per un cambiamento destabilizzante.
Lasciai dietro di me quella clessidra, le mie stesse speranze.

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora