Alzai lo sguardo dal tavolo che stavo pulendo e vidi Zeno.
Era seduto al suo solito posto ed aspettava Deborah per ordinare.
Nelle ultime settimane non era più venuto a mangiare, avevo sperato che avrebbe continuato in questo modo, invece eccolo qui.
Ripresi il mio lavoro e sbuffai. Stupido porco.
Da quando avevo discusso con Deborah, lei, oltre a non salutarmi, mi aveva tolto del tutto la parola. In compenso non mi lanciava più occhiate per rimproverarmi di qualcosa che si era inventata lei, ma il suo sguardo era spaventato e si abbassava al mio passaggio.
Mi chiesi che cosa le avesse fatto il mio alter ego quando c'eravamo scambiate.
Ero invidiosa, ero tremendamente invidiosa di quella parte di me stessa. Riusciva in cose nelle quali io non sarei mai stata in grado, era molto più viva di me. Non si faceva abbindolare, non si faceva maltrattare; lei era in grado di farsi rispettare, lei dava a questo corpo una vita meritevole.
Certe volte mi immaginavo un futuro in cui da questa lotta, contro la mia voce, io ne uscivo perdente: immaginavo che lei sarebbe stata felice, che avrebbe vissuto come meritava, come meritavo anche io. Che avrebbe dato a questo corpo una vita meravigliosa, che io non ero in grado di dargli. Ero diversa, troppo. Non mi stavo amando abbastanza.
Mi appoggiai al piano bar e presi a scarabocchiare un gattino sul mio taccuino. Sembrava un po' storpio, mi fece ribrezzo.
Strappai il foglietto, lo appallottolai e me lo infilai nella tasca del grembiule.Le mie dita incontrarono qualcosa. Aggrottai la fronte e lo tirai fuori: mi portai davanti agli occhi un pezzetto di carta ripiegato. Ma che ca...
Quello era il foglietto che Zeno mi scrisse quel giorno lontano, la prima volta che ci parlammo. Il biglietto al quale avevo pensato giorni e giorni, curiosa di sapere quale messaggio contenesse.
Lo aprii con cautela e lo lessi.
Quando Zeno mi fece intendere che da me non aveva mai voluto nulla di diverso dal sesso, mandando all'aria ogni mia più infinitesimale illusione, il castello di carta, che mi ero creata, si era sbriciolato.
Era diventato come un pacchetto di crackers portati in un zaino. Tutti i libri ci vanno a sbattere sopra, ripetutamente. Tu tiri la cartella in giro per la classe, durante la ricreazione viene anche presa a calci, magari. E te, dopo esserti bellamente dimenticata di quello snack, vai alla sua ricerca al primo brontolio dello stomaco, già pregustando la merenda salata sulla quale metterai le zampe.
Al suo posto trovi un nuvolo di briciole, una via Lattea di crackers che guardi con aria disgustata, rimpiangendo di aver solo pensato d'aver fame.
In quel momento, quando lessi quel bigliettino, fu come se la bustina di plastica si fosse aperta improvvisamente. La polvere beige era finita ovunque e le persone attorno a me ci passarono sopra, continuando a calpestarla e facendola diventare sempre più sottile.
E, dulcis in fundo, fu come se in quel medesimo istante una bidella e la sua scopa, avessero fatto sparire anche solo il ricordo di quel lontano pacchetto di crackers che avevi pregustato con ansia.
"Sei così gnocca che sembri uscita da un sogno a luci rosse". Ma davvero?
Il ragazzo che ero stata sicura di conoscere, che avevo guardato, spiato, stalkerato, per più di dieci anni; il ragazzo al quale avevo ripetuto d'amarlo ogni mattina su quella metro, che avevo preso ogni giorno solamente per vedere lui; il ragazzo che mi aveva illusa fino alla mia più piccola molecola, della più piccola cellula, della più minuscola parte del mio cuore, aveva davvero scritto una cosa del genere?
STAI LEGGENDO
Aurora - Silenzio e Voce [Completa]
FantasyAurora ha perso la sua voce. Qualcuno, un volto che fa fatica sia a ricordare che dimenticare, le ha strappato per sempre la capacità di parlare. Mutismo selettivo: un blocco psicologico che le impedisce di esprimersi. La sua vita si accartoccia su...