31 - Confessare

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Continuavo a guardarmi le dita.
Trevor ci aveva riaccompagnati nelle nostre stanze, avevo letto ancora quel numero: 1669592. Il mio numero di matricola, la mia nuova identità.
Ero seduta sul letto ed avevo rimesso la lampada al suo posto, ancora dovevo capire come facesse ad accendersi. L'avevo vivisezionata, ma, se non fosse stato per quel minuscolo dettaglio dell'assenza elettrica, sarebbe sembrata normale.

La mia mano. Non riuscivo a distogliere l'attenzione da lei: le dita continuavano ad essere storte. Non si muovevano, erano rotte. Ma perché non sentivo alcun dolore?
Perché non avevo sete? Perché non avevo fame? Perché non avevo il sacrosanto stimolo di far pipì? No, okay, tutto bello e travolgente: mi trovavo in una specie di palazzo dell'orrore, erano ore che non vedevo un solo raggio di sole, forzata a stare sotto una continua luce fioca, resa ancor più pallida dalle pareti scure. Nathan era il sovrano dell'Inferno, era uno psicotico aizzatore di mostri, capace di guardare decine di ragazzi sventrati davanti ad i suoi occhi, mantenendo perfettamente la calma. Io ero morta e la pace eterna che mi ero aspettata, non era arrivata.
Ed allora qual'era il lato positivo della morte? Dov'era il sollievo che cercavano i suicidi? Si limitava alla possibilità di diventare un soldato di Satana e/o finire all'Inferno? Quali erano gli altri gradini della scala gerarchica di questi regni?

Ricordai la conversazione tra Nathan e quella che cominciai ad elaborare come la personificazione della Morte, quando, dopo lo scontro con Zeno, non ce l'avevo fatta più.
Lei avrebbe voluto mandarmi nel Purgatorio, cosa accadeva lì? Era un posto migliore di questo?

Alzai lo sguardo e guardai le due porte che c'erano nella stanza: una portava all'uscita, ma l'altra? Mi alzai e mi ci avvicinai. Mi metteva paura e soggezione, a tal punto che mi sembrò che la maniglia stesse respirando. Vi posai sopra la mano, mi morsi le labbra agitata e l'abbassai: <<Okay, tanto sono già morta>>. L'aprii.
Mi trovai a guardare un corridoio talmente buio da non riuscire ad intravederne la fine. La richiusi di colpo: <<D'accordo, no, di paura posso ancora morirci>>.
Rimasi a fissare la maniglia ancora per un po', poi mi decisi. Presi la lampada e, senza permettermi di ripensarci, spalancai la porta. Mi addentrai nel corridoio.

Il buio mi spaventava, cercai di concentrarmi sulla luce fioca che portavo tra le mani, mi focalizzai solamente su quella nel tentativo di distrarmi.
Mi schiantai contro una parete liscia. Ero stata così attenta a non guardare il buio da non aver visto neppure d'essere arrivata alla fine: non avevo camminato molto. Abbassai la lampada per analizzare l'ostacolo, era un'altra porta. Deglutii ed abbassai anche questa maniglia.

Si aprì silenziosamente e mi affacciai. Oltre questa c'erano delle ampie stanze arredate in nero ed oro, ancora nessuna finestra, poltrone ovunque, un letto matrimoniale. I mobili erano spugnati di una tonalità inferiore di quel colore scurissimo, mi si intrecciarono gli occhi in mezzo a quelle pozze di inchiostro. Entrai e controllai che non ci fosse nessuno, posai delicatamente la lampada. Cambiai stanza e trovai altre porte che non osai aprire. Un divano, un acquario, un'alta libreria.
Mi avvicinai all'acquario ed indietreggiai repentinamente: al suo interno galleggiavano sottili lische di pesci, si muovevano, nuotavano, il loro piccolo cranio fragile boccheggiava. Mi portai una mano alle labbra: normalmente mi sarebbe venuto da vomitare, ma non sembravo poter essere preda di alcuno stimolo fisico.

<<Ti ho detto di no>>.
Delle voci. Mi guardai attorno impaurita.
<<Ma Ryan continua a mandare dei messaggi, sembra urgente>>.
<<Non ho alcuna intenzione di rivederlo, non così presto>>.
Non sapevo dove andare, dove nascondermi: cominciai a sentire dei passi, ma ero così confusa e terrorizzata da non riuscirne a capire la provenienza.
Il primo istinto fu quello di tornare da dove ero venuta, ma ero andata a bighellonare troppo in là.
<<L'ultima volta che ci siamo incontrati mi ha spedito col muso spiaccicato su un tetto>>.
<<Avete litigato?>>.
<<Leo, quando imparerai a farti gli affaracci tuoi?>>.
Guardai il letto matrimoniale, mi tuffai e ci rotolai sotto. Mezzo secondo dopo sentii una porta aprirsi. Pensai che normalmente per fare una cosa del genere mi sarei sfondata un fianco e mi sarei fatta venire un crampo ad un polpaccio, ma non riuscivo più a percepire alcun tipo di dolore.
<<Nathan, cerca di ragionare un istante>>.
<<Ti ho detto di no!>>.
I passi si avvicinavano, mi strinsi verso il centro del materasso e vidi un paio di anfibi neri passare ad un soffio da lì.
<<Ed ora, per cortesia, vattene, sono stanco>>.
Si sentì un sospiro: <<Come vuoi, sei tu il capo>>.
Silenzio. Gli anfibi rimasero fermo lì.
<<Che stai aspettando? Vattene>>.
<<Che devo rispondere a Ryan?>>. <<Che può andare all'Inferno>>.
Che stupido gioco di parole.
<<D'accordo, ho capito. Ci penso io. A dopo>>.

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora