66 - Violare

1.9K 234 249
                                    

Feci un rapido giro della struttura, cercando nei bagni, nella nostra stanza e nel cortile, in qualche stanza adibita ai passanti, nella mensa, ma di Serena nessuna traccia.

Ero pronta a rinunciare –cosa che feci immediatamente dopo- mentre passavo di fronte allo studio della dottoressa Zanetti, l'ancora principale medico curante della ninfomane.
La porta era leggermente aperta e vidi la donna coperta di lentiggini trafficare con il cellulare. Non mi notò, quindi mi avvicinai appena, tenendo in mano la lavagnetta bianca.
Bussai con stizza e, senza aspettare una sua risposta, mi feci avanti. Mostrai chiaramente l'unica cosa che mi interessava sapere da quella spiacevole donna: "Serena è passata di qui?".

Alzò lo sguardo con curiosità dal piccolo schermo e sembrò interessarsi molto più a me, che alla mia domanda.
Posò il telefono su un angolo della scrivania ed intrecciò le dita sotto al mento.
<<Aurora, quanto tempo che non ci vediamo>>.
Tamburellai sulla lavagnetta, provando ad esternare la mia urgenza.
Aggrottò le sopracciglia: <<No, ma avevamo segnato un appuntamento per questo pomeriggio>>.
Dubitavo si sarebbe presentata.
Senza aggiungere altro le voltai le spalle per andarmene.

<<Come sta andando la tua fobia per gli orologi?>>.
Sospirai nervosa e tornai a guardarla.
Scrissi tanto velocemente che probabilmente la mia calligrafia si rese illeggibile: "Lei non è il mio medico".
Ci pensai un istante e mi fermai per aggiungere: "Per fortuna", dopo di questo mi eclissai sentendo un suo sospiro.

Serena non riuscii a trovarla, evidentemente si stava seriamente impegnando per renderlo impossibile.
Rimasi in una delle sale ricreative dotate di libreria per il resto del pomeriggio, aspettando la cena e il momento di tornare a cercare la ragazza in camera.
Una volta giunto l'orario ideale per consumare il pasto in mensa, mi ingozzai con foga nella fretta d'andarmene, ma, prima di farlo, mi fermai accanto al bancone del cibo.

Oggi, come dessert, avevano servito dei piccoli piattini di ciambelline zuccherate.
Scrutai i pochi inservienti nella cucina, intenti a sistemare le ultime stoviglie, e l'infermiere poggiato al muro accanto all'entrata.
Mi posizionai in modo che quest'ultimo non potesse vedere cosa stessi combinando con lei mani e, il più rapidamente possibile, mi infilai un paio di biscotti nella tasca della felpa nera.
Rimasi immobile per un istante, in attesa di probabili richiami, ma nessuno sembrò avermi notata.
Silenziosamente scivolai verso la mia stanza, sperando di trovarci Serena.

Aprii adagio la porta, pronta ad andare incontro a qualsiasi cosa, dalla donna in un mare di sangue -magari suicidatasi come solo Seneca avrebbe fatto- ad un'orgia organizzata su due piedi.

Incontrai solamente il suo letto occupato e i suoi capelli ramati sbucare fuori dal lenzuolo.
Rimasi a fissarla per un istante ancora, prima di dirigermi verso la scrivania per poggiare la lavagnetta e svuotare le tasche della felpa dai biscotti, prima che le briciole diventassero tante da prendere vita.

Non russava, quindi non dormiva, ma non si muoveva, mantenendo, tra l'altro, il respiro molto regolare.
Decisi di non infastidirla, sperando si stesse finalmente riprendendo.

Mi tolsi con lentezza i vestiti e li lasciai scivolare a terra. Si udì il fruscio dei panni e niente di più. Mi passai sopra alla testa la larga maglietta che utilizzavo come pigiama e mi infilai tra le mie lenzuola.

Rimasi voltata un ultimo istante verso Serena, prima di chiudere gli occhi e provare rapidamente a dormire.

Mi era sembrato di sentirla leggermente russare.

I miei sogni erano silenziosi come sempre, ma continuavano a mantenere quel fruscio lontano ed appannato che mi ricordava come i farmaci non stessero funzionando come avrebbero dovuto.

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora