52 - Strappare

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Fare l'amore con Nathan fu tutto quello che mai mi sarei immaginata.
Passione, erotismo, foga, non ci fu nulla di tutto questo.
Dolcezza, quella sì, e lentezza quasi eccessiva, ma bellissima.
Eravamo due goffi con troppe poche mani per poterci stringere come avremmo voluto, con troppa poca forza per inchiodarci come avremmo desiderato.

Sentivo le sue mani sul mio corpo, impacciate nella loro eccessiva fretta. Fu in quell'istante che capì di non dover correre, ma di dover proseguire assieme, senza spinte, senza fretta.
"Piacer figlio d'affanno" diceva Giacomo Leopardi. E mentre con eleganza mi toglieva la camicia da notte, io cercavo di ricordare dove avessi letto quella frase.
Non era vera.
Nathan mi baciò il collo, poi i seni, poi affondò le mani sui miei fianchi e si stese su di me.
Dovevo averla letta in qualche libro, qualche romanzo rosa magari. Mi piaceva quel genere letterario, un po' finto, un po' ambiguo. Si raccontava delle storie d'amore e ci si ricamava sopra troppe cose per cercare quell'originalità che forse era impossibile trovare.
L'amore è sempre amore, uguale nella sua essenza, ma proprio per questo mai noioso.
Con lentezza mi accarezzò i capelli, poi con più decisione li afferrò. Gemetti inarcando la schiena nuda, la moquette nera del pavimento era ruvida, la pelle di Nathan morbida.

Il mio fiato si spezzò per un bacio a tradimento e con goffaggine provai a sfilargli la maglia. Fallii ed allora provai con i pantaloni. Le mie dita incontrarono una cinta.
Sussurrai tra un bacio ed un altro: <<Che diamine ci fai con una cinta?>>.
<<Lascia>>.
Mi scansò le mani e mi liberò da quell'impegno eccessivamente complicato per le mie capacità. Doveva ringraziare il caso che non avessi trovato un reggiseno, altrimenti sì che sarebbe stato divertente vederlo traccheggiare con quello.
Mi afferrò per la schiena e mi sollevò, mi ritrovai seduta su di lui, con la mente ancora piena di quella frase: "Piacer figlio d'affanno". Ma perché la fretta? Perché l'affanno? Perché la voglia di concludere?
"L'attesa del piacere è essa stessa il piacere". E questa? Questa da dove era spuntata?
<<Aurora>>: mi strinse ed io gustai quell'istante di stasi.
Quella frase era più vera, più banale, più conosciuta. Di chi era non riuscivo proprio a ricordarlo, ma era tremendamente ovvia. Pensai che il suo successo fosse dovuto proprio alla sua quasi palese prevedibilità: l'ascolti, la leggi e ti ci riconosci. È così immediata e vera da non poter non sfociare nell'apprezzamento totale.
La banalità nasce da questo, da una verità assoluta condensata in pochi ed eleganti termini, da un concetto universale riassunto nel migliore dei modi.

<<I tuoi pensieri sulla letteratura mi faranno morire la libido>>.
Sorrisi e, senza aprire gli occhi, lasciando scivolare le mie dita tra i suoi capelli, avvicinando il mio petto nudo al suo, sbuffai: <<Non mi sembra che sia morto nulla>>.
<<Zitta, impertinente>>: mi baciò.

Nel silenzio sentivo il suo cuore premere forte appena sotto la sua pelle, così attaccata alla mia da portarmi alla confusione.
Mi piacerebbe poter dire che i nostri battiti arrivarono a coordinarsi, riassumendo in quel piccolo miracolo un amore che a distanza di anni brucia ancora sulle mie labbra come fuoco e sangue; vorrei poter scrivere che sembrò come se un metronomo fosse riuscito ad organizzare i nostri sentimenti in un'orchestra di palpiti e gemiti, ma non accadde nulla di tutto questo. Il mio cuore era fermo, dimenticato, sepolto. Sentivo solamente l'eco del suo ancora neonato e goffo, di quell'incespicante prova d'amore e debolezza, di quel riassunto del disastro che avevamo combinato.
Lo amavo, lo volevo, lo desideravo. Non avevo bisogno di un palpito tutto mio, il suo cuore avrebbe battuto per entrambi, niente defibrillatore, niente risveglio, solo lui ed io, un tamburellare incostante per due sospiri.

Fare l'amore con Nathan non fu nulla di passionale, violento, preda di erotismo sfrenato e feticismi nascosti.
Fare l'amore con Nathan fu una lenta danza svolta da due che di ballo se ne intendevano davvero poco; fu piacere nell'attesa, fu piacere nel movimento, fu piacere nei nostri sguardi.
Mani intrecciate tra di loro, dita strette ad artigli che raspavano alla ricerca di qualche lembo di pelle ancora non toccato.
Fare l'amore con Nathan fu un lento dondolio che mi fece cadere per la prima volta verso l'alto.
Fu rispetto, carezze, baci. Fu rotolarsi sul terreno fino a perdere la concezione non solo del tempo, ma anche dello spazio.
Fare l'amore con Nathan fu ritrovarsi esausti, ma col sorriso sulle labbra, un sorriso che fu riso e singhiozzo, che fu un istante prolungato nel tempo.

Lo ricordo da sempre quel momento e, mentre imprimo qui le mie memorie sulle carte, mi ripeto di come l'amore per me debba essere ancora questo: sorriso e risata. Ho bisogno di qualcuno che nel dolore mi spinga verso il riso, qualcuno che mi conceda di piangere, ma che mi costringa a star meglio subito dopo.
Non si fugge dalla tristezza, si affronta e scalfisce, facendo nascere l'arcobaleno alla fine di quel diluvio di lacrime.
Nathan era quello, era l'ombrello durante la pioggia, lo era sempre stato. Non mi aveva mai nascosta dal tormento, mi aveva protetta, mi aveva rubato non il cuore, ma la risata.
Quiete e tempesta; amore e morte; scelta e rinuncia; il dono del pianto smorzato dal suo sorriso onnipresente.

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Tum.Tum.Tum.

No.

<<Sono in ritardo?>>.
<<Abbiamo già iniziato, aspettiamo qualche movimento da parte della paziente>>.
No!

<<Non appena sarà in grado di parlare ho bisogno di rimanere da solo con lei. Ho delle domande urgenti da farle, in centrale hanno bisogno di alcuni cavilli per iniziare il processo. Il padre della vittima ci sta col fiato sul collo>>.
No! Non voglio svegliarmi!

<<Agente, seriamente, potrebbe evitare di costringerla in pressioni eccessive, almeno per ora? Vorremmo evitare improvvise ricadute, è un soggetto instabile>>.
<<Dottore, forse lei non capisce la gravità della situazione>>.
Provavo a non ascoltare, a scavare senza mani in un buio che non volevo lasciare, ma qualcosa mi tirava, stavo ricominciando a sentire lentamente il mio corpo.
<<Io lo capisco benissimo invece, sotto i miei ferri sono passati centinaia di criminali, ma restano pazienti ed io non posso in alcun modo permetterle di nuocere alla sua salute. Non mi interessano le sue urgenze, ne ho ben altre>>.

Silenzio tra i due.
Rumore nel mio petto.

Il pensiero di Nathan mi richiamava altrove, la sua presa sul mio corpo ancora la sentivo, ma era lontana, stava scivolando via.
Esausti e finalmente soddisfatti ci eravamo definitivamente stesi a terra, stretti per paura di vederci separati, ma qualcuno sembrava star scegliendo per me, per noi: qualcosa mi stava tirando via dalle sue braccia.

<<D'accordo, aspetterò fuori>>.
<<La farò chiamare>>.
Aggiunse: <<Piuttosto, se vi ritrovate senza nulla da fare, potete accertarvi che sia arrivato anche lo zio? Manderò un'infermiera a breve ad aggiornarlo sulle prossime novità>>.
Non voglio! Non voglio!

Annaspavo e tiravo, opponevo resistenza con tutta la forza che riuscivo a trovare.
Come una bambina capricciosa che tira una coperta, io cercavo di ritirare a me quel lembo di lenzuolo, quella patina che mi teneva dall'altra parte, con Nathan, lontana da quei rumori, lontana anche dalla melodia del mio cuore vivo.

<<Dottore, qualcosa non va>>.
Il suono elettrico che scandiva i battiti sembrò aumentare per un attimo, per poi rilassarsi improvvisamente, per poi aumentare ancora.
Il rumore sordo del mio cuore sfarfallava instabile, come un uccellino ferito ad un'ala che prova a spiccare il volo inutilmente.

<<Che succede?>>.
<<Tachicardie irregolari e nessun movimento da parte del corpo>>.
<<C'è ancora tempo>>.
<<Non sta rispondendo alla procedura>>.
<<Aspettiamo ancora un po'>>.
<<Dovrebbe aver già mosso qualcosa>>.
<<Per cortesia, ho detto di aspettare>>.
Non tornerò! Non tornerò mai lì!

Qualcosa si strappò e mi sentii cadere in avanti.

Qualcosa si strappò e mi sentii cadere in avanti

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Nota autrice: Il mai una gioia sta tornando?

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora