32 - Fischiare

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<<E sai, una volta mi fece una scenata tremenda perché non riusciva a capacitarsi di come potessero esistere le sette sataniche>>.
Aggrottai la fronte e continuai a guardarlo: <<In che senso? Questa non l'ho capita>>.
Roteò gli occhi e sbuffò: <<Non è difficile. Hai presente le sette sataniche, no? Quei gruppetti di schizzati che mi idolatrano per un qualche motivo a me oscuro? Ryan, quando iniziarono ad andare in voga, non riuscì a capire come potessero esistere. Venne da me a farmi una scenata insulsa, pensando che avessi combinato qualcosa di losco>>.
Annuii sovrappensiero.
Si mise una mano sul petto: <<Il problema è che non riesco a spiegarmelo bene neanche io. Come si può idolatrare il Male? È perché sono affascinante? Perché lo sono, vero? Non mi trovi tremendamente sexy?>>. Fece una smorfia orribile ed io scoppiai a ridere.
Eravamo stesi sul letto, entrambi poggiati su un fianco, rivolti l'uno verso l'altra.
<<Se n'è fatto una ragione poi?>> gli chiesi quando ripresi fiato <<Lui ha decine di chiese che pregano per lui, la differenza è sottile>>. Tentennai: <<Ma aspetta un attimo, non ho ancora capito una cosa, tuo fratello è Dio? Il Dio cristiano?>>.
Nathan fece come per scacciare qualcosa con una mano: <<No, non andiamo a puntualizzare troppo. Ryan è la personificazione del Bene, io quella del Male. Poi voi umanuncoli sembra dobbiate per forza entrare nel dettaglio, dare un volto, un nome, inventare. Siamo solamente le due forze che mandano avanti le cose, che con il loro scontrarsi generano la vita. Più chiaro?>>.

Sospirai: <<È complicato>>. Mi sorrise: <<Lo so>>.

Restò in silenzio per un attimo, una cosa curiosa, visto che non aveva fatto altro che parlare per le ultime... quanto? Una, due ore?

<<È bello poterti finalmente raccontare tutto>>. Non risposi, rimasi a riflettere. Notò il mio turbamento e si incupì: <<Che c'è? Delusa dall'aver scoperto chi sono?>>.

Scossi la testa: <<Non è questo. È che mi sento confusa, molto confusa. Non riesco a metabolizzare tutto, non così velocemente>>.

Spalancò gli occhi: <<Oh, certo, no, davvero. Hai ragione>>. Si guardò attorno: <<Non è facile, suppongo>>. Mugolai e strusciai il viso sul lenzuolo: <<Credo che tra poco mi sveglierò nella mia stanza, accanto troverò Giotto e vedrò uno spiraglio di sole dalla finestra>>. Strinsi la stoffa: <<Mi manca>>.

Nathan era a disagio: <<Io... mi dispiace, non ho potuto far nulla>>.

Scossi la testa: <<Non è stata colpa tua, lo sai, ma di quel verme...>>. Le lacrime mi salirono agli occhi, seguite dalla rabbia: <<Fallo soffrire all'inferno>>.

Tornai a guardare gli occhi scuri di quel ragazzo: <<Nessuna pietà, deve bruciare>>. Gocce trasparenti cominciarono a rotolarmi giù per il viso: <<Nessuna pietà. Nathan, promettimelo, nessuna pietà!>>.

Si intristì e mi accarezzò una guancia: <<Nessuna. Te lo prometto>>.

Rimasi a fissarlo e pensai che l'avrei voluto stringere, ma non lo feci. Mi sollevai leggermente e mi guardai attorno, intravedevo l'acquario con i pesci-scheletri: <<Non riesco a concepire tutto questo, non ce la faccio. Avevo sempre immaginato la morte come un sottile velo di sonno che ti prende con esasperante lentezza, si fa sempre più buio, tutto sempre più silenzioso e lentamente ti annulli. Io mi sento viva, se non fosse per il cuore che non batte, se non fosse che non sento alcun dolore>>. Gli mostrai la mano: <<Guarda! Ho tutte le dita rotte e non sento assolutamente niente!>>.
Aggrottò la fronte: <<Oh>>. Si scostò e guardò anche le ferite che mi aveva inferto il gargoyle sul braccio: <<Oh!>>.
Mugolò, lo ripresi: <<Che c'è?>>. Scosse la testa: <<Non stai messa benissimo. Aspetta>>.
Si alzò e si avvicinò ad una cassettiera: <<Essere morti ha i suoi vantaggi, ma non tutti sono estremamente positivi>>. Iniziò a frugare: <<Non provi alcun dolore fisico, alcun malessere, alcuno stimolo diverso dalle lacrime, ma se una ferita non viene curata, il tuo corpo non provvede a farlo. È bloccato>>.
Prese delle bende.
Io lo scrutavo in silenzio, mi soffermai sui suoi anfibi neri e poi sui miei piedi nudi: <<Cos'hanno le lacrime di diverso? E perché ho bisogno di respirare? È una bella scocciatura questa>>.
Tornò seduto sul letto e mi prese la mano: <<In realtà ti sbagli, non hai bisogno di respirare, è solo una brutta abitudine>>. Iniziò a fasciarla. Mi concentrai sull'aria che stavo inalando, provai a smettere. Inizialmente non mi sembrò possibile, il panico mi assalì immediatamente, ma poco a poco mi resi conto di non aver bisogno di ossigeno. Era una sensazione tremendamente strana, come quando da piccola ero andata al mare con mia madre. Avevo nuotato con il boccaio e la maschera, mi ero sentita fuori posto immersa in quel modo nell'acqua: un mondo al quale non appartenevo, un mondo a me totalmente estraneo ed avverso. Eppure riuscivo a rimanere interi minuti immersa, riuscendo a respirare, guardando il fondale sabbioso e morbido. Mi sentii sorella dei paguri e delle conchiglie, fino a che le onde non tentavano di affogarmi riempiendo il boccaio con la loro acqua.
Quella sensazione era simile, forse più del non sentire quel costante tamburellio nel mio petto, era tutto troppo silenzioso.
Ricominciai a respirare.

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora