24 - Rinchiudere

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Nathan mi sorrise, mi prese una ciocca di capelli e se la rigirò tra le dita. Poi rialzò lo sguardo verso di me ed inclinò il viso: <<Che shampoo usi?>>. Sollevai il labbro anteriore in un'espressione sconvolta. <<No, perché profumano proprio tanto. E fattelo dire, ma, tra il fatto che sembra tu stia usando un deodorante per ambienti all'essenza di cibo per gatti, e lo smog di Milano, quest'odore è l'unico che sto trovando piacevole>>. Si chinò leggermente e li annusò: <<Mi viene quasi fame>>.

Non cambiare discorso.

Rimase col viso immerso nei miei capelli, ma lo sentii mugolare: <<Io chi sono?>>. Fece una pausa, trattenni il respiro in attesa della risposta.

Senza preavviso fece qualche passo indietro ed andò a rialzare la sedia che avevo fatto cadere prima: <<Non te lo dico>>.

Sbuffai e mi allontanai dalla parete. Immaginavo che non lo avrebbe fatto, ma si era divertito a farmi credere il contrario.

Mi allontanai per andare a riporre la pistola in una scatola. Per fare questo gli voltai le spalle e mai errore fu più grande.

Quando mi rialzai lo sentii avvinghiarmi da dietro, stringermi, affondare il viso sul mio collo e sussurrarmi accanto all'orecchio: <<Ascoltami bene. Sarà una curiosità che dovrai tenerti, se vorrai rivedermi ancora. Non sono di certo autorizzato a familiarizzare e non ci tengo a passare guai perché un casino come te sembra avermi intenerito>>.
Cercai di stabilizzare il ritmo forsennato del mio cuore.

<<Chi sono sarà sempre qualcosa che non potrai sapere, sappilo. Prima smetterai di chiedertelo, prima io e te potremmo andare d'accordo>>.

Qualcosa all'altezza del mio cuore si spostò, temetti che il mio alter ego stesse per uscire. Ingoiai il boccone amaro e replicai.

Non per essere pignola, ma vorrei farti notare che io non ho mai desiderato la tua compagnia. Sei tu che sei entrato nella mia stanza la prima volta; sei tu che sei tornato qui ancora due volte. Mi pareva di averti detto di fotterti.

Mi complimentai da sola per la risposta leggermente azzardata, ma pur sempre veritiera.
Me lo ero sempre ritrovato tra i piedi e, sebbene fosse piacevole comunicare con qualcuno senza dover usare il taccuino, era lui ad essere tornato da me. Sicuramente non il contrario.

Infatti rimase interdetto.

<<Ah>>. La sua presa su di me si fece più lenta e poco a poco le mani gli scivolarono via. Mi voltai a guardarlo, era perplesso.
Chissà a cosa stava pensando, avrei voluto infilarmi nella sua testa come lui faceva con me.

<<D'accordo. Credo che tu abbia ragione>>. Fece qualche passo verso la finestra e ci si sedette sopra. Io incrociai le braccia al petto, soddisfatta.

Borbottò: <<Forse ti dovrei delle scuse. Ti ho spaventata?>>. Non mi fece rispondere, perché cambiò immediatamente umore. Sollevò il dito: <<Ma non ti dirò nulla! Non ti devo niente, sia chiaro, eh! Col cavolo che ti chiedo scusa. Ti ho spaventata? Ti sta bene>>.

Scossi piano la testa e mi sedetti di fronte a lui.

Sei schizofrenico.

Rimase a riflettere un istante. Poi mi fece un sorriso rilassato: <<Credo di essere anche io un po' incasinato>>. Mi piaceva quando il suo viso si apriva in quell'espressione spontanea di felicità, come passasse da un'espressione corrucciata e seria, a una distesa e solare.

Sentivo di non poterlo afferrare e capire, era sfuggente e bravo a svicolare via dalle mie mani. Era come una biglia di vetro che correva in giro per una piccola stanza, sbattendo sui muri e cambiando direzione senza preavviso.

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora