12 - Perdere

4.4K 436 108
                                    

Aurora continuò a barcollare per i vicoli, aveva sempre più sonno. Senza chiedersi se fosse sicuro o meno, si sedette a terra tra cocci di bottiglia e sigarette spente, e si addormentò.

---

Sentivo freddo. Rabbrividii e mi accarezzai le braccia, dov'era la coperta? La cercai ad occhi chiusi inutilmente. Ero scomoda, mi faceva male la schiena.
Spalancai le palpebre e, se avessi avuto una voce, probabilmente avrei gridato a squarciagola. Ero seduta in mezzo ad un vicolo maleodorante, era buio, sebbene intravedessi dei raggi di sole da dietro i palazzi scuri.
Scattai in piedi e trattenni il respiro: mi si era posato addosso un uomo ubriaco e privo di sensi. La sua mano si era poggiata sulle mie gambe nude. Perché erano nude? Perché non indossavo le mie calze?
Mi guardai attorno sconvolta, col cuore pronto a tirare le cuoia e a dirmi addio.
Avevo un vago ricordo, ma era troppo offuscato. Ormai in iperventilazione provai a riorganizzare i pensieri: ero a lavoro, stavo servendo i clienti, c'era Zeno, mi stava dando un bigliettino, e poi? Dov'era finito quel biglietto?
Quante domande, quante poche risposte.
Cominciai ad aggirarmi tra le vie nel tentativo di orientarmi. Come sarei tornata a casa?

Come se il buio di quella stradicciola mi stesse rallentando, non appena intravidi lo sbocco verso l'uscita mi misi a correre. Dovevo scrollarmi di dosso quella brutta sensazione, respirare aria diversa, schiarirmi una gola che mi doleva. Avevo la nausea, avevo sulle labbra un amaro sapore di alcool. Mi trattenni dal vomitare, sarebbe stato troppo imbarazzante farlo in pubblico.
Mi guardai attorno e capii dov'ero, all'incirca. Riuscii a ritrovare la strada di casa.

---

Camminavo sulla via prossima al mio appartamento. Mi dolevano i piedi, tra i capelli avevo legato un pezzo di stoffa scura, me lo tolsi con disgusto. Indossavo ancora la gonna nera della tavola calda e la camicia bianca abbinata, solo che era sporca di rossetto e di macchie che puzzavano di alcool. Sembravo appena uscita da una baruffa.
Non avevo ritrovato la mia borsa e con questa le chiavi di casa, poco male, avrei usato quelle nascoste nel vaso. Mi chinai ed infilai le mani nel terriccio. Rovistai per qualche istante ed al limite del disgusto tirai fuori il metallo tintinnante.
«Aurora!». Mi immobilizzai, ero appena all'entrata nel condominio. No, ti prego. «Aurora, sei tu?». Mi voltai, il cuore mi si era piantato nella gola.
Era Zeno che, con un cane al guinzaglio, un grosso golden retriever dorato, mi veniva incontro: «Che ti è successo? Ieri alla tavola calda ti ho vista correre via. Ti hanno picchiata? Perché hai il viso gonfio?». Immobilizzata dal terrore, senza sapere come e cosa rispondere, scossi la testa con isteria. Si accigliò: «Io... non volevo farmi gli affari tuoi. Cioè... passavo di qui. Ti ho riconosciuta, non sapevo abitassi qui». Certo che non lo sapeva. Ero stata attenta a nascondermi durante tutti quegli anni, come avevo potuto farmi scoprire proprio ora?
Fece una pausa, forse in attesa di una mia reazione che non arrivò.
«Posso aiutarti?»: aggiunse quando ebbe definitivamente perso le speranze.

Continuai a scuotere la testa, aprii la porta con foga e corsi per le scale senza voltarmi indietro. Le lacrime mi salirono agli occhi e cercai la mia catenina. Quando ero agitata solevo stringere il ciondolo con l'orologio, il contatto con il metallo e la presa su qualcosa mi calmava.

Tastai a lungo sul mio petto, attonita, ma non la trovai. Abbassai lo sguardo sconvolta: non c'era più. L'orologio di mia madre non c'era più. Mi poggiai alla porta perennemente incastrata del mio monolocale, mi lasciai scivolare a terra e scoppiai a piangere.

Cosa era successo?

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora