44 - Giustificare

2.6K 309 141
                                    

Ciondolavo sulle scale, con la canottiera infilata male sulla testa. Sentivo il viso tirato in quell'espressione uguale a tante altre e mi piaceva, mi piaceva davvero tanto.
Il mio cuore si era fermato del tutto, ma il ricordo di quel rumore mi aveva infuso nuova linfa.
Il muscoli mi facevano male, sì, sentivo ancora uno strascico di dolore. Era una sensazione meravigliosa.

Gli scalini sembravano non finire mai, ma rimasi a guardarli impassibile, ipnotizzata dal loro continuo ripetersi all'infinito. Forse il Tartaro non era un posto così disgustoso, non se c'era quel defibrillatore. Forse sarei potuta rimanere ancora un po'.

Sorrisi ancora, mentre raggiungevo con fatica la fine di quell'ennesima rampa di scale. Avevo raggiunto il piano terra, dal quale mi ero allontanata dopo aver finito gli allenamenti. Alzai lo sguardo e mi stralunai di fronte agli altri gradini che mi avrebbero portata nella mia stanza.
Ero stanca, non dormivo da troppe ore, avevo raggiunto il limite.

Provai a salirne un paio, ma sbuffai distrutta e mi sedetti su uno di essi. Posai la testa sulla balaustra di marmo e socchiusi leggermente le palpebre.
Un breve pisolino, questione di cinque minuti...

Ero totalmente rintontita, stremata dall'adrenalina, da quel bellissimo dolore, dall'allenamento, dal sonno, dalla perversione che quella stanza aveva provato ad iniettarmi sotto la pelle.
Non riuscivo a prendere sonno, non in quella posizione, non ancora preda del ricordo di un'euforia che andava via via svanendo.
Vidi alcune anime scavalcarmi, passarmi di fronte, lanciarmi occhiate oblique e tremendamente gelide. Non tutti però, altri mi dedicarono sorrisi perversi. Riconobbi quest'ultimi come frequentatori di quel luogo dal quale ero tornata.
Il loro sguardo era uguale a quello di tanti altri che avevo visto lì, il loro sorriso complice, viscido. Provai un pizzico di disgusto, ma stavolta verso me stessa. Volevo tornare, volevo provare ancora quella sensazione.
Cercai di non pensarci, ora volevo dormire. Chiusi gli occhi, concentrandomi su quella stanchezza che continuava a bruciarmi le membra.

<<Brava, seriamente, molto brava>>.
Una voce familiare. Aprii una palpebra scocciata: <<Eh?>>.
In piedi, in fondo alle scale sulle quali mi ero appollaiata, c'era Trevor. Aveva le braccia strette al petto e sembrava arrabbiato.
Affari suoi.

Tornai a contemplare il buio del mio sguardo serrato e borbottai: <<Che c'è? Ho finito prima l'allenamento>>.
<<Oh, lo so che hai finito prima>>.
Non capivo dove volesse andare a parare, ma ero troppo stanca per dargli retta. Decisi di non rispondere.
<<Aurora>>.
Mugolai continuando a tenere la testa sulla balaustra: <<Che vuoi, Trevor? Dammi un solo motivo per il quale non dovrei ignorarti e tornare a cercare di dormire>>.
<<Perché sono il tuo tutor>>.
<<Motivazione non valida. Buonanotte>>.

E certo. Ci mancava.
Lo sentii salire con foga i gradini fino a raggiungere la mia posizione, non gli diedi importanza.
Mi tirò uno schiaffo.

Rimasi ad occhi serrati, cercando di calmarmi, inspirando un'aria che non mi dava più soddisfazione, controllando la voglia di saltargli addosso per strangolarlo.

Ci misi un istante, ma quando ci riuscii decisi di guardarlo. Era ancora arrabbiato, ma era riuscito a portarmi al suo stesso livello.
Mi alzai dal gradino e lo guardai dall'alto: <<Ma che cazzo vuoi da me?>>.
<<Tenerti d'occhio!>>.
<<Ma fatti gli affaracci tuoi!>>.

Stavamo attirando l'attenzione dei pochi passanti, ma me ne curai relativamente. Avevo sonno, avevo un sonno angosciante e quel tizio stava anche allontanando la poca beatitudine che mi era rimasta addosso.
<<Magari potessi>>.
Spalancai le braccia e replicai con un'espressione ironicamente sconvolta: <<E fallo. Ignorami! Te lo sto chiedendo per piacere. Non ho visto altre matricole andare in giro con un baby sitter>>.
Strinse gli occhi a fessura: <<Dovevi proprio andare nella zona svago? Per forza? Dovevi ignorare il mio avvertimento a tutti i costi?>>.
Provai a mentire, tornando a percepire quel disgusto. Imbarazzata da me stessa, al pensarmi in quel luogo: <<Io non sono andata da nessuna parte. Ho finito l'allenamento prima e poi sono rimasta qui>>.
Trevor rise con cattiveria: <<Ma sei totalmente idiota? Lo so che non eri qui. Ci sono passato un'ora fa per venire a cercarti, visto che sembravi sparita nel nulla>>.
Un pensiero mi prese ulteriormente a sberle, rilassai le spalle: <<Sei andato all'appuntamento?>>.
<<E poi fammi il sacrosanto piacere di non negare l'evidenza in questo modo. Si vede lontano un miglio che sei stata laggiù, anche da arrabbiata non riesci a toglierti quel sorrisetto di merda dalla faccia>>.
Mi indicò il seno: <<E sistemati quella canottiera, neanche avessi qualcosa di interessante da mostrare>>.
Abbassai lo sguardo ed imbarazzata mi coprii.
Ripetei piagnucolando: <<Trevor, sei andato all'appuntamento?>>.
Aveva la mano stretta a pugno e la mascella digrignata: <<No! E vuoi sapere il motivo? Perché ho perso troppo tempo a cercarti!>>.
Ecco, i sensi di colpa che temevo avrei provato arrivarono come una stilettata, ma li meritavo. Balbettai: <<Non potevi andare ugualmente? Sono quasi certa di non essere stata via troppo temp->>.
Mi interruppe ridendo: <<Certo, quando ti droghi perdi la concezione delle ore che passano>>.
Rimasi in silenzio un attimo, paralizzata: <<Io non... io non mi sono...>>.
<<Che stai blaterando? Non ti sei drogata? Cosa pensi che sia quel defibrillatore?>>.
Non riuscii a replicare.
Insistette: <<Hai mai sentito parlare delle droghe in periodo di guerra? Del ruolo che svolgevano? Servivano a far sentire i soldati ancora vivi e non grigi fantocci destinati a morire. Secondo te perché c'è un cazzo di defibrillatore nel Tartaro? Lo ha donato Nathan al suo esercito per svagarsi, trastullarsi, per tenere tutti un po' più impegnati, mentre ci mandava a morire una seconda volta!>>.

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora