Prologo

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Mi hanno chiesto di scrivere.

La richiesta mi ha lasciata piuttosto interdetta, immagino che dietro ci sia qualcosa che non hanno intenzione di dirmi, non ancora almeno.
La scrittura non è mai stata una mia prerogativa, non ho mai pensato di cimentarmici, perché tutt'ora dubito di poter sviluppare qualcosa di leggibile. Ma non starò qui a dilungarmi sui motivi per i quali continuo a non esserne convinta.

Hanno insistito molto e questo non ha fatto altro che aumentare i miei sospetti.
La loro prima richiesta è stata di farmi scrivere un diario, dicendo che sarebbe stato istruttivo, ma mi sono rifiutata. Non voglio saperne più nulla di diari, orologi ed equilibrio. Non voglio più tenere nulla sotto controllo, non voglio schematizzare le mie giornate e le mie ore. Mi sono lasciata andare ormai da tempo e certamente non farò un passo indietro. Non per loro.

Tornando a noi...
Mi è stato quindi proposto un memoir: una ricostruzione della propria vita, il tutto filtrato dalla visione opaca della memoria e delle sensazioni.
Non conoscevo questo genere letterario, ma, rispetto alla prima alternativa del diario, mi è sembrato un metodo nettamente migliore per svolgere questo obbligo.
Un obbligo sì, l'ho percepito a questa maniera. Non credo di aver mai potuto scegliere se iniziare a scrivere o meno. Un mio netto rifiuto non era stato sicuramente contemplato. Lo avevo letto nei loro occhi, non mi era stata posta una domanda, ma un ordine. 

Ricordare fa ancora male.
Perché non se ne rendono conto? Cosa vogliono ancora da me dopo tutto questo tempo? 
Io non so scrivere e soprattutto non voglio farlo. I miei ricordi sono preziosi, seppur storpiati e zoppicanti, sono miei. Condividerli con loro significa aprire il mio petto al pubblico, mi sentirei nuda.

Non l'ho fatto fino ad ora, non voglio farlo adesso, non posso.

Sono qui, la stanza puzza di disinfettante, la biro nera che ho in mano è scomoda. Potevano almeno darmi un laptop, un qualcosa per battere più velocemente i caratteri, ma la mia richiesta è stata declinata con predisposta eleganza: "La scrittura è lentezza, abbi la pazienza di elaborare i tuoi pensieri e comprenderli".
Cazzate.

Questo dovrebbe essere il prologo di questa ridicola storia, ma mi rendo conto di star solo cercando di guadagnare del tempo. In realtà non ho idea da dove iniziare, se dal mio primo ricordo o se da un punto indefinito della mia vita. Non sono pratica di queste cose, non sono in grado.

La mia mano è sudata attorno alla penna e non trovo il mio inizio, mi chiedo se riuscirò a rintracciare la mia fine.



1660035

Perché ho scritto questo numero?
Perché lui?

Come faccio ancora a ricordarlo?

Penso che il mio inconscio stia ricominciando a prendermi in giro, probabilmente  aspettava il momento giusto per farmi inciampare.
Mi sta ricordando che non smetterò mai d'essere una matricola. Perché l'ho scritto?
Perché?


Non so da dove iniziare. 
Continuo a guardare quelle cifre. Il 2 è già sbavato, la mano mi trema.


D'accordo, e sia, ho scelto. Inizierò questa stupida narrazione proprio da un numero.

Ricapitoliamo:
Sono Aurora Carava
Matricola 1669592

Ed i fogli che seguono conterranno il mio memoir.

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora