67 - Festeggiare

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Rimasi immobile sperando di scomparire all'istante, ma desiderosa d'ascoltare la reazione dello psichiatra.
Fu un istante di stallo, durante il quale entrambi ci dimenticammo di respirare.
Un secondo dopo, osservai il viso di Gaeli aprirsi in un profondo e rilassato sorriso, i cerchi viola attorno ai suoi occhi parvero quasi rischiararsi, amalgamandosi e disperdendosi in quell'espressione felice.

Intrecciò le braccia dietro alla nuca e si lasciò cadere sullo schienale della poltrona.

Sussurrò appena, socchiudendo le palpebre e sospirando: <<Finalmente, temevo non me lo avresti mai detto>>.

La sua equivoca affermazione mi portò ad aggrottare la fronte, i rimasugli salati delle lacrime già asciutte sulle guance mi tiravano la pelle.

Afferrò una penna e la fece roteare tra le dita: <<E dimmi, come sta andando?>>.

Sentii la mia espressione scurirsi ancor di più.

"Ma che stai dicendo?".

Interruppe il moto vorticoso della biro tra le sue mani, mi fissò stralunato: <<Le allucinazioni, è un bene siano tornate. Iniziavo a pensare di aver sbagliato qualcosa con i dosaggi del nuovo farmaco, forse era ancora troppo forte>>.

Non riuscivo a seguirlo e non mi stava aiutando a farlo.

Abbassai la fronte inchiodando il mio sguardo nel suo, improvvisamente colta dalla rabbia. Era stato lui? Lo aveva fatto di sua spontanea volontà?

Provò a sorridere, intimorito dalla mia espressione buia: <<Non avrei voluto agire così, ma ho pensat->>.

Mi sollevai e sbattei il taccuino scritto sulla scrivania: "Che diamine hai combinato?".

Posò definitivamente la penna ed aspettò che mi rimettessi a sedere, cosa che non accadde.

Continuavo a fissarlo furente, doveva tagliar corto e spiegarmi spicciamente cosa aveva fatto, non volevo sentire giustificazioni, nulla di tutto questo. Ma farglielo capire, attraverso un taccuino scarabocchiato e gli occhi di nuovo pieni di lacrime, non si prospettava semplice.

Era tornato a non avere alcuna espressione, teneva le labbra screpolate leggermente arricciate, sembrava perplesso.

Si riscosse e si accarezzò i capelli castani puntellati di grigio: <<Non hai capito nulla?>>.

Sbuffai con forza e riafferrai la penna: "Cosa avrei dovuto capire? Mi hai cambiato i farmaci e subito dopo ho ripreso a vedere tutte...".

La mano mi tremò, cancellai l'ultima parola.

"... quasi tutte le vecchie allucinazioni".

Gli mostrai il messaggio con stizza, sempre più snervata da quel prendersi tempo.

Scosse la testa: <<Perché non me lo hai detto subito? Ti avevo chiesto di segnalarmi qualsiasi cambiamento, è passato tantissimo tempo d'allora>>.

Non avevo intenzione di rispondergli e l'imbarazzo per il mio silenzio mi punse nel vivo, la rabbia venne scacciata per un istante, dimentica di come a sua volta mi avesse nascosto qualcosa.

Tornai a sedermi, mantenendo uno sguardo infuriato che andava via via ad indebolirsi.

Spiegargli come avevo deciso di difendere ancora una volta Nathan, sperando di vederlo tornare, mascherando le allucinazioni e cercando di sopportarle, sarebbe equivalso a dover chiarire al mio psichiatra troppe cose.

Sembrò capire, per una volta, e si alzò. Fece scivolare la sua poltrona dotata di rotelle nella mia direzione: <<Immagino sia una delle tante che non posso sapere>>.

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora