34 - Copiare

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Ticchettai con la matita sul foglio, mugolai, mi tirai una ciocca di capelli e sospirai. Dovrebbe essere la B. Segnai la spunta sulla crocetta.
Mi sentivo molto ridicola in quella situazione, a fare un test a risposta multipla, con i tutor che giravano tra dei banchetti minuscoli attrezzati per l'occasione.
Ci trovavamo nella sala che, il giorno precedente, era stata scenario di quella strage. Il pavimento era pulito.
Guardai la domanda seguente, tornai a perplimermi: questa era complicata. Erano quesiti di cultura generale, tutto molto bello, se non fosse che io, oltre a non essere mai stata una studentessa modello, non avevo avuto una televisione in casa per degli interi anni. Non avevo idea di cosa fosse successo nel mondo in quel lasso di tempo, sapevo solamente cos'era successo a me e non ero neppure troppo sicura di un paio di passaggi salienti della mia esistenza.

Sollevai leggermente lo sguardo, magari sarei riuscita a sbirciare sul foglio della ragazza seduta davanti a me.
Una bacchetta di ferro si schiantò sul mio banco. Dovetti trattenere un grido, ma non controllai un sobbalzo. <<Non si copia!>>: mi gridò contro uno dei tutor. Gli lanciai un'occhiataccia e tornai al mio compito.

Nathan non c'era. Non avevo idea di dove fosse, ma non si era ancora presentato. Mi avrebbe lasciata a morire? Borbottai a bassa voce e ripresi a pensare.
Quell'ansia da test non l'avevo mai avuta, a scuola ero sempre rimasta in disparte ed indifferente a quello che accadeva nel contesto della classe. Non ricordavo neppure un volto od un nome di quelli che furono i miei compagni. Studiavo quel poco per passare, per non perdere l'anno o farmi rimandare con qualche debito, e tiravo avanti così. Quando terminai le superiori non presi in considerazione neppure per un secondo l'idea di proseguire gli studi in università: troppi soldi, troppo impegno, troppe persone, troppi problemi. Se già i professori del liceo non si erano sprecati a tollerare il mio mutismo, immaginavo quelli universitari.

In conclusione, non ero una persona particolarmente acculturata e non avevo una mente brillante in grado di compensare. L'unica attività celebrale che avevo svolto fin da piccola era stato leggere e pensare, ma la Metamorfosi di Kafka non mi era affatto utile in quella circostanza e Dante era buono solo a farmi pensare che forse non si era fumato una canna prima di scrivere la Divina Commedia, forse aveva avuto ragione.

La lettura aveva sempre simboleggiato una sorta di speranza mista ad invidia: immaginavo sempre che la voce degli scrittori fosse rinchiusa in quei testi, che, come io comunicavo con carta ed inchiostro, loro stessero parlando al mondo in quel modo. Essendo lo scrivere il mio unico modo di interagire e farmi capire, invidiavo la loro capacità di esprimersi ed urlare senza fiatare. Riuscivano a farsi comprendere con qualche semplice carattere inciso con il nero sul bianco, gridavano al mondo le loro storie, tutto senza neppure aprire la bocca, senza neppure mostrare un volto. Quella era magia.

B o C? B o C? Boh, mettiamo C.
Spuntai la risposta.

A.

Mi fermai. Fui tentata d'alzare lo sguardo, ma temetti che la prossima bacchetta di ferro sarebbe finita sulla mia testa e non sul banco. Cosa?

A.
Ripeté la voce nella mia testa.
Grugnii. No, non è A, è l'unica risposta che avevo escluso a prescindere.

A.
Insistette Nathan.
Provai ad ignorarlo.

Oh! Ascoltami, imbecille. Ti ho detto che la risposta giusta è la A, preferisci fidarti di quella tua testolina incasinata oppure di me, essere onnisciente e tremendamente potente?
Non mi diede il tempo di rispondergli che continuò.

E poi ho scritto io le domande del test, quindi zitta e metti la A.
Questo cambiava decisamente le cose, altro che essere onnisciente e tremendamente potente. Lui era il professore e per una volta era dalla mia parte.

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora