49 - Invidiare

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Scelse una delle due rampe di scale ed iniziammo a salirla.

Parlava poco, descriveva appena i dettagli, lasciando piuttosto a me il compito di osservare.
<<Questo luogo si spiega da sé>>: aveva elargito con immenso orgoglio. 

I miei occhi erano bruciati dalla troppa luce.

Facemmo delle soste sui vari piani, raggiungibili attraverso dei portoni posti sul lungo muro bianco.
Passammo per degli spaziosi salotti, ricolmi di librerie, tavoli da biliardo, lavagne per disegnare. A sprazzi mi sembrò un asilo, ma lo svago era importante, aveva sottolineato Ryan. Lo svago.
Ero stata abituata ad una sua rappresentazione un po' diversa.

Fissai con invidia una ragazza inginocchiata di fronte ad un piccolo tavolo, intenta a costruire un castello di carte. Si mordeva il labbro rimanendo concentrata, la musica era ovunque, iniziavo a non sopportarla: quel frinire di uccellini e violini era incessante.


<<È importante che le mie anime stiano bene, un ambiente positivo migliora i risultati>>. Riprendemmo a salire i gradini: <<Strano che nessuno abbia ancora dato di matto, a furia d'ascoltare questo incessante cinguettio>>.
Sembrò divertito: <<Ti abituerai>>.
<<Non dare per scontato che io decida di rimanere>>.
<<Figurati>>.
Ci fissammo per un istante, i suoi occhi viola erano rilassati.

Si riscosse: <<Eccoci, questo è interessante. Siamo arrivati in una delle sale adibite agli allenamenti>>. Mi indicò il portone che stavamo costeggiando, era aperto ed entrai.
Un ampio corridoio si stendeva di fronte a noi, la stanza aveva vetri e specchi come muri, potemmo osservare al suo interno senza disturbare.

Una schiera di ragazzi vestiti di bianco erano divisi in coppie, impugnavano un bastone lavorato e con lentezza provavano dei movimenti tra di loro.
Riconobbi l'istruttore, passeggiava tra di loro ed aggiustava piccoli errori nella loro postura. Nessuno parlava, erano tutti concentrati, ma i visi distesi in un'espressione pacifica.
Non c'era competizione tra di loro.

<<Non ne avrebbero alcun motivo. Sono compagni di una stessa fazione>>: mi freddò Ryan. Aveva ormai dimostrato più volte come anche lui fosse in grado di infilarsi nella mia testa. Avevo accettato la cosa con arrendevolezza.

Tornai a guardare quel drappello di ragazzi, i loro sguardi erano assottigliati dallo sforzo.
Uno di loro colpì troppo forte la sua compagna e lei barcollò all'indietro fino a cadere. Lui si allarmò e corse ad aiutarla: le allungò la mano, le sorrise e la sollevò.
Ripresero.

Sembrava tutto tremendamente finto.
Scrutai Ryan in cerca di una sua reazione, ma sembrava interessato quanto me ad osservarli. Che mi stesse prendendo in giro?

Riportai ai combattenti la mia attenzione, i loro gesti erano gentili.

Come avrei preferito una situazione del genere, ai pugni di Feona.

Mi scese una lacrima sulla guancia e sobbalzai, quando il ragazzo vestito di bianco la fermò con il dito: <<Oh, questo non è concesso qui>>.

Tirai su col naso e feci un passo indietro per allontanarmi, era troppo vicino: <<Cosa?>>.

Scrollò la mano con disgusto: <<Piangere. Il mio dono per le mie anime è stata la presenza dei soli sorrisi>>.

Lo fissai perplessa per qualche istante e ripensai a quando Nathan mi disse che invidiava la possibilità di versare lacrime. Mi chiesi se ora, con il suo cuore e la sua umanità, non ne fosse in grado.

Mi chiesi cosa stesse facendo, se si fosse reso conto della mia assenza.

Mi chiesi se stesse piangendo.

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora