1 - Guardare

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Erano le otto e qualche minuto.
Strinsi la borsa a me e scossi i capelli che si erano incastrati nella sciarpa leggera.
Okay, non si liberavano. Sospirai e con un braccio li tirai. Faceva caldo, quindi ne approfittai per allentarla leggermente.
Sentii in lontananza il boato spaventoso dell'aria che si spostava, il vento cominciò a colpirmi il viso. Socchiusi gli occhi, il mio cuore cominciò a battere veloce. Guardai le porte sfrecciarmi davanti.
Secondo vagone. 

Mi feci spazio tra la calca della gente ed entrai.

La metro in quel fine agosto era sempre caotica: le persone erano rientrate dalle vacanze, avevano il viso scavato dal sonno e dalla noia, gli occhi velati dai ricordi di un bel mare limpido o il verde di una collina. Milano non era una città particolarmente felice, in genere, ma era una bella metropoli. Lo pensavo io che in realtà non avevo mai visto altro.

Giocherellai con il mio orologio e mi appiattii in un angolo cercando di non farmi travolgere dalle altre persone.
Mi guardai attorno speranzosa. Non ci misi molto, ma lo trovai.
Accarezzai sovrappensiero l'angolo rigido del mio taccuino che sporgeva dalla borsa. Oggi indossava una maglia bianca ed un gilet nero. Si stava lasciando crescere la barba sui lati del viso.
Scrutai le sue occhiaie, che avrà combinato la sera prima? Qualcosa si mosse in me, all'altezza dello stomaco. Il mio cervello tradusse immediatamente l'evento: gelosia. Cosa? No, che gran idiozia. Questa insistette. Allora cercai di giustificarlo: avrà lavorato fino a tardi, mi dissi. Il gorgoglio smise. Mi parve una cosa sensata, era un uomo impegnato, non era come me, che non ero che una semplice cameriera.
Lui si accarezzò il collo. Quando spostò la mano mostrò il segno violaceo di quello che mi parve un succhiotto. Avvampai di rossore.
Alzò lo sguardo, simultaneamente lo abbassai. Il mio cuore batteva forte, il respiro era diventato irregolare.

Ce la faccio, ce la faccio. Aurora, respira. Uno, due, tre. Sì, così, prendi il ritmo. 

Mi tranquillizzai, non mi aveva vista.
Nel corso degli anni ero diventata brava a sospettare il momento in cui, sentendosi osservato, avrebbe indirizzato lo sguardo verso di me.

Mi incastrai una ciocca di capelli neri dietro l'orecchio. Non avevo avuto tempo di lavarli quella mattina, la sera prima il capo mi aveva trattenuta per sistemare i tavoli.
Erano più lisci del solito, appesantiti. Rabbrividii, che mi stesse continuando a guardare? Avrebbe visto in che stato pietoso mi trovavo. Con le guance rosse lo controllai di traverso. No, per fortuna era tornato a fissare il telefono. Tirai un sospiro di sollievo.

Mancava poco e sarebbe sceso alla sua fermata. Strinsi un lembo della sciarpa con ansia e trepidazione. Era il momento della giornata che preferivo.
Lo guardai alzarsi, stiracchiarsi e sbadigliare come ogni mattina. Fare qualche passo verso la porta ed uscire con tranquillità, come sempre.

"Ti amo": mimai con le labbra senza parlare, non appena fu abbastanza lontano ed i vagoni ripresero a muoversi. Lo feci di nuovo, come ogni mattina, come sempre da circa una vita.


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Nota autrice: La storia che segue entra spesso in collisione con i pregiudizi.

Per chi dovesse interessarsene per qualche oscuro motivo (D:), sappiate che mai nulla è come sembra, questo è un avvertimento, oh stolti!
Okay, basta cavolate!
Chiunque è il ben accetto, critiche costruttive, insulti e sassi sono apprezzati dalla protagonista.

Se i capitoli vi piacciono, potete sempre lasciarmi una stellina! Le apprezzo molto e sono un modo come un altro per farmi un piacere grande grande.

Non abbiatene alcun timore, ma ricordate: occhio ai dettagli!

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora