28 - Uccidere

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Ero sola.
O forse no.

Mi guardai attorno, era tutto buio. Feci un passo e sentii il suono di questo rimbombare ovunque. Ne feci un altro e, come un sospiro spezzato, quel rumore continuò ad aleggiare attorno a me.
Cominciai a camminare con cautela, una fioca luce rischiarava un terreno grigio.

Tum, tum, tum.
All'eco dei miei passi se ne aggiunse un altro. Fui tentata di rallentare, ma sapevo verso cosa stavo andando incontro.
Una coltre spessa e buia mi impediva di vedere più in là dei miei piedi. Il suono si avvicinava. Trattenni il respiro e mi fermai ad un soffio da un volto. Fu come spuma bianca, che emerse da quella patina nera e ci ritrovammo a guardare negli occhi.

Inizialmente fu come guardarsi allo specchio, poi però lei batté le palpebre, quando io non lo feci. Mi specchiai nei miei stessi occhi grigi: non avevano nulla di metallico, nulla di netto e deciso. Erano due grandi occhi tristi, dello stesso colore delle nuvole che portano la pioggia. Forse era per quello che le mie lacrime non avevano mai smesso di scendere.

Ero di fronte al mio alter ego. Lo riconobbi perché aveva i capelli legati, perché ogni volta che mi lasciava libera e tornavo nel mio corpo me li ritrovavo così. Perché lei non voleva nascondersi dietro una pesante massa di sottili fili neri. Io sì.
<<Ciao>>: mi disse sospirando.
<<Ciao>>: le dissi io sorridendo appena.
Si accarezzò la nuca, spostò il peso del corpo da un piede all'altro e così infranse l'illusione d'essere il mio riflesso: <<E quindi... hai vinto tu>>. Aveva ragione, avevo vinto. Mi ero conquistata il diritto di possedere la mia persona, di non doverla più spartire con lei, di non avere più paura d'essere sostituita. Avevo dimostrato di potermelo meritare, di poter dare una vita dignitosa a quel corpo che avevo sempre maltrattato e che mi si era rivoltato contro.
Eppure stavo parlando. Non era un'illusione, ne ero certa. Io stavo parlando. Prima di svenire, quando avevo giurato a Giotto di vendicarlo, ero stata io a dirlo, con la mia voce, con il mio alter ego, ma senza che fosse lei a controllarmi.

<<Io parlo>>, le sussurrai. Mi guardò confusa, aveva le lacrime agli occhi e quelle nuvole opache sembrarono brontolare: <<Sì, brava. Complimenti, vuoi un applauso?>>. Teneva i pugni stretti.
Capii che in realtà nessuno aveva vinto e nessuno aveva perso. Semplicemente io l'avevo ripresa con me.
Le afferrai le mani, lei provò ad allontanarsi, ma io la strinsi. La costrinsi a guardarmi e sorrisi: <<Abbiamo vinto insieme>>. Iniziò a piangere: <<Non voglio tornare nel buio>>.
La tirai verso di me e l'abbracciai, scoppiò in singhiozzi: <<Non capisci? Nessuno tornerà lì dentro. Tu sei con me, siamo una cosa sola, non lo senti? Sto parlando, STO PARLANDO! Sto usando la mia voce!>>. Si staccò con forza e mi guardò incredula: <<Tu... tu mi vuoi ancora? Anche dopo tutto quello che ti ho fatto?>>.
Risi, risi sonoramente e mi riscoprii ad amare quel suono: <<Sì. Staremo assieme, te lo prometto. Silenzio e voce; sopravvivenza e vita; felicità e tristezza; tu ed io>>.
Fu lei questa volta a stringermi: <<Grazie>>, singhiozzò, <<Grazie!>>.
Affondai il viso sulla sua spalla e le sciolsi i capelli: <<Però questi non mi piacciono legati>>.
Brontolò: <<Possiamo almeno smetterla d'indossare le calze ad agosto?>>.
<<Prenderò in considerazione la cosa>>.
<<Andiamo a ballare e bere nelle discoteche?>>.
<<Ecco, questo decisamente no>>.
Sbuffò, ma la strinsi ancora: <<Grazie di essere la mia voce>>. Non le guardavo il viso, ma capii che stava sorridendo. Lo sentivo, perché lentamente i nostri due corpi stavano sprofondando l'uno verso l'altro, come due composti eterogenei che venivano forzatamente mescolati: <<Grazie d'esserti ricordata di me>>.

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<<Luca, presto, chiama un'ambulanza>>.

Quando aprii gli occhi mi resi conto d'essere rimasta priva di conoscenza per pochi minuti. Scostai la donna che cercava di aiutarmi: <<Stai meglio? Cos'è successo?>>. Stringevo ancora Giotto al petto, con delicatezza andai ad adagiarlo tra le mie coperte. Poi presi la scatola e l'aprii.
Afferai la pistola che mi aveva dato Nathan per difendermi. Più o meno sarebbe servita allo scopo, nel bene o nel male che fosse. Mi chiesi come funzionasse e se fosse carica, decisi che l'avrei scoperto dopo.

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora