50 - Riprendere

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Immaginavo d'avere un'espressione tra l'allucinato e l'emozionato, quando raggiunsi Ryan.
Indossavo quella camiciola da notte bianca che mi aveva procurato, avevo la pelle liscia e i piedi nudi si posavano su pavimenti puliti.
Quando mi ero guardata di nuovo allo specchio, prima di uscire, una volta sistemata e vestita, avevo constato, con vanità, di sembrare graziosa.
Mi sentivo bella. Un pensiero che non avevo mai elaborato, sempre troppo occupata a far altro, a pensare a qualsiasi altra cosa, non avevo mai curato il mio aspetto.
Anche da viva, non avevo mai prestato eccessivi accorgimenti a me stessa, giusto quel poco affinché non andassi in giro puzzando. Ne veniva, di conseguenza, che mai mi ero guardata troppo, in casa non avevo neppure una superficie riflettente.
Non mi ero mai immaginata bella. Non pensavo di esserlo davvero, oggettivamente parlando, ma mi ci sentivo, mi sentivo bene con me stessa forse per la prima volta.

<<Sei uno splendore>>: sussurrò Ryan prima di posarmi una mano sulla testa per accarezzarmi.
Quel contatto fu dolce e mi intenerii, sospirai di piacere, ma mi resi conto presto dell'ambiguità della scena: non ero un cagnolino da coccolare.

Mi scostai bruscamente, cambiando repentinamente espressione: <<Non mi toccare>>.
Sollevò le braccia in segno di resa: <<Scusami, non ho saputo resistere>>.
Lo fulminai di sbieco e raggiunsi le scale: <<Finiscila e muoviamoci. Prima finiamo il tour e prima potrò prendermi una pausa dalla tua irritante presenza>>.
Lo sentii ridere piano e seguirmi: <<Me ne hanno dette tante, ma irritante mi è nuova>>.
Aveva ragione, non lo era. Nathan era quello irritante, il fratello logorroico ed iperattivo. Ryan era, semplicemente, ambiguo. Diplomatico di fronte alle sue anime, pazzo in solitudine.
Un grande attore.

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<<Qui c'è la biblioteca>>.
Mugolai.
Salimmo di un altro piano.
<<La serra>>.
Un altro.
<<Il teatro>>.
Le scale sembravano non finire mai.
Più andavamo verso l'alto e più incontravamo sempre meno anime. Neanche loro avevano tutta questa voglia di scalare l'Everest, ma non me ne lamentai: Ryan avrebbe smesso di sorridere a tutti con quel suo sorriso impeccabile, con quel tono affabile, con fastidiosa educazione. Era finto.

<<Qui ci sono dei dormitori in più, in caso ci trovassimo eccessivamente sovraffollati>>.
Mi fermai e guardai preoccupata le mie ginocchia: tremavano. I miei muscoli non ce la facevano più.
Sembrava passato molto e troppo tempo, ma poco fa stavo ancora sfondando il viso di Hideki con un pesetto rosa.
Ero stanca, provata dalla giornata e da quelle scale.
Seriamente: serviva un ascensore e un pisolino, magari più lungo del breve svenimento che aveva preceduto il mio risveglio nel Purgatorio.

Ryan proseguiva, probabile che non si fosse reso conto del mio cedimento.
Sussurrai: <<Oh>>.
Si fermò e voltò: <<Che stai facendo lì giù?>>.
Ero piegata su me stessa e cercavo di massaggiarmi le cosce: <<L'acqua della vasca mi ha rimessa in sesto, ma i muscoli non sembrano riposati>>.
Aggrottò la fronte: <<Mi pare ovvio, non sei stata mica a mollo nella caffeina. Il riposo non è facoltativo per nessuno>>.

Sospirai e mi lasciai scivolare sul gradino, mi sedetti e gli diedi le spalle. La visuale sul piano terreno era mozzafiato, forse troppo per le mie vertigini.
Lo sentii avvicinarsi e sobbalzai quando mi posò una mano sulla spalla: <<Vuoi riposarti? Un altro paio di piani e siamo arrivati alle mie stanze>>.
Senza guardarlo sibilai: <<Non toccarmi>>.
Interruppe immediatamente il contatto: <<Era un "no"?>>.
Scossi il viso soffocando l'acidità: <<Dopo. Voglio vedere dove finisce la scalinata>>.

Rimase in silenzio per un istante, poi sbottò: <<Non c'è nulla di particolare>>.
<<Voglio continuare a salire>>.
Non oppose resistenza: <<D'accordo>>.

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora