Era molto alta, molto più di me. Mi sentii insignificante a guardarla dal basso: <<Ehi>>. Non parve sentirmi. Alzai un braccio e gli feci un gesto di fronte al viso: <<Ehi>>.
Si riscosse e mi vide: <<Cosa? Che c'è?>>.
Il suo sguardo sembrò focalizzarmi, ma, dopo un istante di silenzio, un istante in cui mi sentii smembrata, tornò ad essere vacuo e ripeté: <<Mi sono persa>>.
Non capivo, ma provai a farlo. Non c'era condizionale nella sua affermazione, non c'erano incertezze o dubbi: lei si era persa.
<<Sei nel Tartaro>>: dissi con un filo di voce, mentre un lungo brivido mi percorreva la schiena. Scosse la testa: <<Non dovrei essere qui>>.
Non riuscivo a chiudere le palpebre, non riuscivo ad interrompere il contatto visivo con lei.
<<E dove altrimenti?>>: chiesi, ma non fui del tutto certa di voler sapere la risposta.
I suoi occhi azzurri tornarono a posarsi su di me, mi guardarono a lungo, a fondo, dentro, mi sembrò che mi stessero strappando il cuore, quell'organo molliccio divenuto carcassa polverosa. Erano terribilmente chiari, inquietanti, spalancati, la sclera era venata di rosso.
Li chiuse e quando li riaprì vidi la pupilla rimpicciolirsi: <<Oh, ciao. E tu chi sei?>>.
Mi riscossi assieme a lei e tentennai: <<Io sono Aurora>>.
Si distaccò da me con velocità: <<Oh, Aurora, che bel nome. Ora scusa, ma devo tornare alle mie faccende>>.
Non seppi cosa fare, se richiamarla o meno. Mi ricordai il motivo per il quale avevo deciso di avvicinarla e mi decisi: tentai di frenarla, le presi la tunica e la tirai, non potevo allontanarmi troppo, o il tutor avrebbe ricominciato a sbraitare. <<Aspetta, aspetta, devo chiederti una cosa>>.
Sospirò e si voltò: <<Che c'è? Non lo sai che la Morte va sempre di fretta?>>.
Mi indicai: <<Ti ricordi di me?>>. Sembrò interessarsi all'argomento per un attimo, interruppe la fuga e mi fissò, poi fece un gesto con la mano: <<Come potrei? Hai idea di quante persone io faccia trapassare ogni giorno? Ogni ora? Ogni secondo?>>. Era proprio la domanda che mi ero fatta poco fa.
<<Mi hai trovata in una pozza di sangue, ieri; hai preso il mio orologio; avevo ucciso un ragazzo, Zeno, lo hai definito uno stupratore>>. Scosse la testa e riprese a camminare: <<Troppe persone che muoiono in questo modo. E poi io ho un feticismo per gli orologi, è normale che vada in giro a->>.
La interruppi bruscamente: <<Tu volevi mandarmi nel Purgatorio>>. Si immobilizzò: <<Ah>>.
Si voltò leggermente: <<Sì, Aurora. Dimmi, cosa c'è? Fai in fretta però, la mia passione per il tempo non è solo metaforica>>.
Mi accarezzai le mani: <<Volevo... volevo chiederti notizie del mio gatto>>. Si accigliò, ma terminai di parlare tutto d'un fiato: <<Si chiama Giotto, è nero, con un cerchio grigio sulla pancia. È morto qualche giorno fa>>.
Era confusa, aggrottò la fronte. Mi rendevo conto di quanto ridicola potesse sembrare la mia domanda, ma insistetti: <<Non lo so quanti gatti muoiono ogni secondo, quindi non me lo chiedere, però ti prego, voglio sapere come sta>>.La mia richiesta non mi sembrò infondata, non mi sembrò pazza. Ciò che volevo sapere era come stava il mio gatto, non si era meritato quel destino, non quanto me. Era un innocente, il suo unico peccato fu starmi accanto.
La Morte sembrò sorridere, ma non lo fece: <<Senti, cara, io non ho idea di come stia il tuo gatto, probabilmente morto. Tu che dici?>>.Una lacrima mi salì sull'occhio sinistro: <<Capisco>>, riuscii a sussurrare.
Capivo davvero tutto, oppure no: capivo come fosse impossibile tutto questo; capivo come io avessi cessato d'esistere, di come stessi parlando con una rappresentazione fisica dell'idea della Morte, ma capivo anche come non sarei riuscita ad arrendermi all'idea di non sapere come stesse Giotto. Dov'era?
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Aurora - Silenzio e Voce [Completa]
FantasyAurora ha perso la sua voce. Qualcuno, un volto che fa fatica sia a ricordare che dimenticare, le ha strappato per sempre la capacità di parlare. Mutismo selettivo: un blocco psicologico che le impedisce di esprimersi. La sua vita si accartoccia su...