68 - Molestare

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Scossa dai tremori e dalla forte nostalgia, strinsi con forza il peluche al petto.
Gaeli mi diede il tempo di calmarmi, sorridendo e compiacendosi senza nasconderlo.
Aveva fatto centro.

Fu in quell'istante che azzardai un gesto che non accadde mai più: in maniera surrogata, parlai. Semplicemente mimai con le labbra un "Grazie", senza però dare a quei movimenti una voce.
Mi sembrò quasi di star facendo delle movenze profondamente sbagliate, muovere i giusti muscoli per delineare una parola mi fece rendere conto di come tenessi sempre troppo spesso la bocca totalmente sigillata.

Federico si irrigidì e il sorriso bonario scomparve, lasciandogli sul viso soltanto un'espressione stupita.
Arrossii appena e chiusi definitivamente la zip che avevo cucita sulle labbra.
Probabilmente il mio gesto lo inquietò, ma ero certa che apprezzò il mio -non proprio piccolo- sforzo.

Scosse le spalle per riprendersi dalla sorpresa e schiuse le labbra in un'espressione felice: <<Wo, che brivido>>.
Arrossii e mi grattai un piccolo spazio di pelle sopra alla clavicola.
Scattò rimanendo immobile al proprio posto: <<Il collo! Quei segni! Ero troppo concentrato su tutto il resto per tornare sul discorso>>.
Distolsi lo sguardo e strinsi con più forza il peluche.
Poggiò i gomiti sulla scrivania e si sporse leggermente in avanti: <<C'entra qualcosa con il motivo per il quale mi hanno fatto venire con tutta quell'urgenza? Volevi dirmi solo delle allucinazioni?>>.
Scossi la testa, ma non feci alcun segno di voler prendere carta e penna.
Cercò d'abbassare il tono della voce e si diede una pettinata ai capelli ingestibili con la mano: <<L'infermiera prima ha provato a spiegarmi qualcosa, ma l'ho interrotta, volevo farmi dire tutto da te. Quindi, Aurora, per favore, rispondimi. Cos'è successo?>>.
Indecisa, posai il gatto nero sul mio fianco, avevo bisogno di tutte le dita libere.

Scrissi più veloce che potevo, cercando d'essere riassuntiva e saltando particolari che necessitavano di censura. Spiegai allo psichiatra gli avvenimenti di quella sera e ci mise poco a collegare le due cose con il trattamento che la dottoressa Zanetti aveva prescritto a Serena in quei giorni.

Scosse la testa: <<Una mossa avventata, Serena non era affatto pronta>>.
Un pizzico di fastidio mi punse la nuca, ricordandomi di come anche lui avesse e stesse rischiando molto, con me.
Lesse i miei pensieri con facilità, probabilmente perché arrivarono a pungere anche lui. Alzò lo sguardo: <<No, tu non fallirai>>.
Detto questo provò a fare ordine nel caos sulla scrivania: <<Penso sia necessario un trasferimento>>.
Mi drizzai appena.

<<Tu e Serena siete state messe in stanza assieme per aiutarvi a vicenda, ma ormai i vostri percorsi sono diventati troppo diversi, rischieresti solamente di scontrarvi tra di voi, come d'altronde è successo stanotte. Non va più bene, per nessuna delle due>>.
Si alzò e prese un mazzo di chiavi che aveva lasciato in un cassetto.

Passò rapidamente una mano sulla felpa sgualcita, per sistemarla, ma il suo sguardo si perse per un istante: <<Ma cos'è questo? Una macchia?>>.
Rimase concentrato sul tessuto e tentò di grattarlo con un'unghia corta. A me scappò un sorriso.
Mi piaceva averlo di fronte senza camice bianco, così trascurato e naturale, senza quel colore fastidioso a ricordarmi la costante presenza di Ryan nella mia vita.

Perse presto interesse per l'alone di succo di frutta che aveva sul petto e si diresse verso la porta: <<Andiamo a cercare una nuova stanza, almeno puoi riprendere a dormire più tranquilla già da ora. Ci penserò domani a comunicare il cambiamento ai dirigenti. Sono certo non avranno nulla da ridire, non dopo che avrò spiegato loro il mio punto di vista>>.
Mi fece segno d'uscire, mi alzai e sgattaiolai fuori, tenendo tra le mani il peluche.

Mi fece sistemare in una stanza doppia, identica in tutto e per tutto a quella che avevo diviso con la ninfomane fino a quel momento. Aveva chiesto ad un'infermiera di sistemare uno dei due letti ed io, nel mentre, mi ero fermata a guardare quell'abitacolo. Sembrava così vuoto. Sapevo perfettamente come quella fosse la decisione migliore, non potevo pensare di dormire con un occhio aperto, depredandomi anche di quel poco sonno nel quale riuscivo a cadere. Ma insomma... Serena era stata la mia prima amica in una vita sgombera d'amicizia. Probabilmente, rinunciare a rilassarmi durante la notte, sarebbe stato un giusto prezzo da pagare per bearmi della sua compagnia.

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora