42 - Grugnire

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<<Davvero, Trevor, non startici ad incaponire. Non importa>>.
Si mordicchiò un labbro continuando a camminare. Avevo decisamente sbagliato a porgli quella domanda.
<<Trevor...>>.
Si fermò di fronte ad un portone di legno scuro semi aperto: <<Siamo arrivati>>. Il suo sguardo non sembrò tornare alla normalità. Attorno a noi c'erano altre anime, alcune entravano scostando appena l'entrata, altri erano fuori a parlottare tra di loro.

<<Non ci pensare, vai ad organizzare il tuo appuntamento>>. Annuì, ma non sembrò starmi ad ascoltare: <<Sì, hai ragione>>.
Finalmente mi guardò e smise di molestare il suo labbro. Si riscosse e mi diede una pacca sulla spalla: <<Non farti ammazzare, torno a prenderti tra cinque ore>>.
Mi strozzai: <<Tra quanto?!>>.
Si stava già allontanando, alzò un braccio in segno di saluto: <<A dopo>>.
<<Non mi ignorare!>>.
Non si voltò ed io borbottai. Le persone nei paraggi mi fissavano infastidite, cercai di darmi un contegno e superai il portone imbarazzata.

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<<Voi siete la feccia di questo esercito>>.
Che simpatico.
<<No, che stai facendo tu? Ridacchi? Non sto scherzando, voi siete davvero la parte più disgustosa tra tutti i soldati>>.
Aggrottai la fronte e inclinai la testa all'indietro. Ma che stava dicendo?
Scrutai il trainer perplessa e mi chiesi quale diamine di problema avesse.
Si mosse per la piccola stanza e prese dei pesetti: <<Quando vi è stato chiesto di uccidere, durante il test, voi siete stati gli sciocchi ad aver fatto la scelta peggiore. Avete afferrato i tirapugni>>.
Eravamo in sei, compreso lui, in quel cubicolo.

Dopo aver attraversato il portone mi ero ritrovata in un'ampia sala circolare, qui dei ragazzi dallo sguardo spento stavano facendo una sorta di appello. Richiamarono dei piccoli gruppi prestabiliti ed ognuno ne prese uno con sé. Io ero capitata con quella specie di istrice senza un braccio, affascinante. Si era presentato e con ben poche cerimonie ci aveva accompagnati in quella stanza.
Non utilizzò molto tempo per i convenevoli, iniziò ad insultarci. Noi eravamo impalati lì, di fronte a lui, che passeggiava irrequieto.

<<Siete stati dei veri idioti>>. Soppesò un manubrio e poi annuì, lo lanciò ad una delle altre matricole presenti: <<Tieni>>. Questa non si mosse e guardò il pesante oggetto rotolare a terra, scheggiando il marmo.

Il trainer alzò lo sguardo: <<Perché non lo hai afferrato?>>. L'interpellata era una ragazza con le guance invase da lentiggini: <<Perché mi sarei spezzata un polso a farlo>>. Aveva le braccia strette al petto e teneva su un broncio truce.
Hideki le si avvicinò, non era troppo alto ed era molto magro, la manica vuota della sua maglia penzolava come un fantasma: <<Come ti chiami?>>. La ragazza era più alta e di possente corporatura: <<Feona>>.
Il ragazzo asiatico si sistemò di fronte a lei ed alzò il mento: <<Bene Feona, vuoi sapere perché non hai afferrato il manubrio?>>.

Silenzio, neppure lei rispose. Quel tizio era inquietante e non solo per il braccio mancante, per i capelli dritti in testa, per la cicatrice in obliquo sul collo e per un orecchio maciullato... no, okay, forse il senso di macabro che incuteva si limitava a quei meritevoli dettagli.

Immaginavo facesse lo stesso effetto a tutti gli altri, Feona compresa.

Una domanda continuava a ronzarmi nella testa: sarei diventata un pezzo di carne rattoppato come lui?

<<Ve lo dico io perché la vostra amica ucraina non ha afferrato il peso>>.
<<Russa>>.
La ignorò.
Si distanziò da lei e prese un altro manubrio. <<Perché siete feccia>>.
Spiegazione tremendamente logica, certo.

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora